Logo sportellate
, 9 Settembre 2022

Considerazioni sparse sul Mondiale della Ferrari


Un'analisi di metà campionato sulla stagione della Ferrari.


- Diciamo la verità: me compreso, ci eravamo illusi che il mondiale potesse tingersi di rosso in maniera alquanto determinante e entusiasmante. Due vittorie sonanti, piombate dal cielo dopo due anni di patimenti, snervanti delusioni sportive e da dubbi su regolarità tecniche mai chiariti del tutto. Si, forse un po' precocemente, in ogni ambito sportivo, tendiamo a proclamare vinti e sconfitti dopo poche battaglie, dopo pochi match che mascherano potenzialità e difetti ancora nascosti. Tendenzialmente si cerca e spesso si trova, il colpo a sensazione. Quel senso di inebriante scalpore che ci porta un irrefrenabile entusiasmo, sano ci mancherebbe, ma talvolta mal consigliere. Una sbornia durata, figuratamente, troppo poco, a tratti ed a intermittenza crescente e dirompentemente calante. Da appassionato, ammetto di essere caduto in tentazione, come da qualche anno non succedeva. Esattamente dall’anno solare 2018, quando "Bellopampino" Seb Vettel, apriva le danze nella stessa maniera di come ha cominciato Charles. Forse non distruggendo gli altri, ma mandando un segnale di freschezza, novità e presenza dopo anni di dominio unilaterale grigio/tedesco prima, blu/bibitaro austriaco poi. Peccato che è tutto durato poco ed è sembrato sempre meno consistente il connubio auto/squadra durante la stagione. Si son fatte quindi inquietanti le similitudini con stagioni e lotte passate, su tutte, l'anno Horribilis 1985;

- Una vettura senza dubbio nata bene - qualora fosse quello il vero problema da risolvere -, un'operazione andata a buon fine e con prospettive future di congelamento regolamentare assai favorevoli. Ma trovando poi, una sconcertante e lacunosa gestione di squadra non più abituata o quantomeno formata per lottare ai piani alti della classifica del mondiale. Scelte e direzioni che negli anni passati venivano giustificati dal trovarsi a centro gruppo, facendo di un quarto o quinto posto, un tranquillo e meritato rientro a Maranello il lunedi sera. Oggi, alla finestra del Gran Premio italiano di Monza, con il mondiale teoricamente aperto dal lato matematico ma chiuso su quello puramente gestionale, possiamo trarre alcune osservazioni e comparazioni con il passato, cercando di trovare una chiave di lettura a mente lucida e razionale;

- Detto dell’anno 1985 appunto, un mondiale perso per scelte tecniche prese (il cambio di fornitore di turbine per il turbo) e per questioni economiche, portano Michele Alboreto alla più grande delusione sportiva della sua vita ed è bene sottolinearlo, con Enzo Ferrari ancora vivo e vegeto. Non sempre quindi il grande Drake aveva la bacchetta o la pozione magica per ogni problema, come generalmente tendiamo oggi a proclamare o beatificare. Oggi trovare in Mattia Binotto il supremo capo espiatorio è tanto facile quanto indubbiamente sbagliato. Dietro di lui ci sono decine di collaboratori divisi in reparti da poco riformati, quindi probabilmente non ancora del tutto efficienti, non mancando di evidenziare come gli strateghi, gli addetti al reparto ”pianificazione di gara” siano in un momento delicato e soggetto a elevata pressione. Quindi soggetti a possibili ed umani errori, che si amplificano se le posizioni sono quelle di alta classifica e non più quelle di rincalzo di qualche anno fa. Fare solo critiche non è sicuramente costruttivo, soprattutto non essendo dentro direttamente alle dinamiche di gara, che comprendono moltissime variabili: dalle temperature, ai settaggi, alle condizioni generali delle Power Unit e ovviamente allo stato di performance generale del pacchetto;

- Un merito, sicuro, va dato alla Ges: quello del rispetto del Budget Cap. Organi di controllo al momento, contro ogni ragionevole dubbio, dovrebbero controllare il rispetto del tetto di spesa degli aggiornamenti a cui ogni team deve, o dovrebbe, attenersi. Ferrari ha sempre anteposto questo principio di correttezza a spese incontrollate e fuori dall’etica degli accordi, sempre da considerare, presi tra tutti i team, indistintamente da importanza e influenza politica, alla ricerca pura delle prestazioni. Nascono domande e perplessità davanti ai continui sviluppi Mercedes e soprattutto Red Bull, considerando il livello di preparazione e affidabilità che le due squadre avevano a inizio campionato. Si parla di tanti piccoli interventi, ma anche di considerevoli miglioramenti che provengono da prove, collaudi e anche crash test che impongono costi notevoli. Ecco, questo punto potrebbe essere una risposta molto credibile, al complessivo livellamento di competitività rispetto agli altri due team di prima fascia, partendo sempre dal presupposto che una macchina viene concepita, dal suo inizio, fino al suo ultimo km, sempre a inizio stagione. Ma come abbiamo visto, a volte, i team con maggiori risorse finanziarie, in passato, hanno saputo rivoltare come calzini, progetti inizialmente sbagliati o deficitari, casus belli Mercedes anno 2017, poi vincendo il campionato. È altresì vero, che il capitano deve mettere in primis la propria faccia e reputazione di fronte alla resa dei conti, avendo franchezza e chiarezza intellettuale di esporre aspettative e risposte alle domande alle varie situazioni. Mi sento di dire che sul primo punto, il target è stato raggiunto, ovvero il ritorno a una competitività accettabile agli standard del nome, anche a scapito, come poi stiamo assistendo, dell’affidabilità. Sul secondo aspetto, credo, ci siano logiche perplessità sulla gestione delle gare, ma come detto, esistono moltissimi parametri che le condizionano e solamente un gruppo forte, collaudato e affiatato, può saper fronteggiare. Tutte le critiche costruttive e non, che sfociano in attacchi personali, sono sicuramente sbagliate e fuori luogo;

- Infine, cosa poter dire sui piloti? Abbiamo assistito a due scenari diametralmente opposti, dove Leclerc, inizialmente, era il leader indiscusso, capace di sfruttare pienamente la nuova vettura. Sainz, invece, stentava a trovare una quadra su come impostare il proprio stile di guida, inevitabilmente diverso dal tipo delle vecchie auto. Lo spagnolo, mentalmente ha saputo reagire, con calma e pazienza, riuscendo a ritrovare la propria consistenza che lo ha contraddistinto lo scorso anno, smentendo anche le voci di un possibile avvicendamento con un pilota della Driver Academy, Schumacher su tutti. Un pilota sul quale tutta la squadra fa un grande e doveroso affidamento. Davvero bravo quindi. Sul monegasco, nuovamente, dobbiamo riconoscere un talento eccelso, ma anche, una certa immaturità tecnica di fondo che ancora non gli permette di essere determinate e influente sulla condotta di gara, caos pit stop di Montecarlo su tutto. Una prerogativa questa, che nel tempo, Verstappen ha saputo affinare e migliorare, portandolo ad essere il miglior pilota del campionato. Dall’errore di Imola, sembra essere venuto allo scoperto un problema comune anche ai suoi più blasonati predecessori, Alonso e Vettel, che lo ha reso più vulnerabile e suscettibile all’errore: il fardello del predestinato, come ormai ci siamo abituati a sentirci ripetere. Su di lui, si è voluto scrivere il contratto più lungo della storia a Maranello, ovvero 5 anni, manco Kaiser Schumy ebbe questo onore. Ma proprio Michael impiegò un lustro per arrivare alla corona di alloro, supportato, anche questo è vero, da un gruppo da lui assemblato e plasmato. Cosa che al momento, sembra difficilmente ipotizzabile causa, appunto, inesperienza della prima guida designata. Nulla toglie che le sue vittorie e possibili tali, per errori propri o sfortune meccaniche, hanno saputo riaccendere entusiasmi sopiti. Cosi come ormai si è delineato il corso della storia 2022 inutile quindi rammaricarsi di ciò che poteva essere e cosi non è stato, anche se per dovere di cronaca, la parola fine verrà posta sulla linea di Abu Dabhi, ma non è nemmeno vietato gioire nel rivedere, dopo anni, una tinta rossa in alto nella ormai celebre scaletta sulla sinistra del teleschermo tv. Riconoscere i meriti di un pilota e una squadra vincente, come ormai pare Max-Red, credo sia il miglior modo di essere un vero appassionato e tifoso della F.1, cosi come quello di sostenere sempre, anche nei momenti di difficoltà, i propri beniamini, nell’automobilismo, nello sport e nella vita.

  • Nato il 3 agosto 1982 in un luogo sperduto ma bellissimo dell'Appennino Tosco Emiliano, Camugnano. Mi appassiono a 9 anni di quelle auto particolari chiamate Formula, guidate da quei caschi coloratissimi che mi folgorano l'esistenza. Imola e il suo Autodromo diventano la mia Mecca e le testate settimanali da corsa la mia Bibbia. Ogni veicolo da gara con 4 ruote mi contagia di interesse e mi cattura lo sguardo con il desiderio perpetuo di poterlo vedere dal vivo, ascoltare il suo urlo lacerante. Metto finalmente al servizio comune la mia passione.

Ti potrebbe interessare

Nel nome di Fernando Alonso 

Come sono andati i Mondiali di nuoto dell'Italia?

Carlos Sainz è salito di livello

Cosa aspettarsi dalla nuova stagione di Formula 1

1 2 3 7

Dallo stesso autore

Test F1 Bahrein - Considerazioni Sparse

Considerazioni sparse sul lavoro di Adrian Newey in Red Bull

Considerazioni sparse post prima gara stagionale di Fernando Alonso

Considerazioni sparse sulla nuova SF23

Considerazioni sparse sull’esperienza di Mattia Binotto in Ferrari

Verstappen l'ha fatto ancora

Ricordando Villeneuve

In memoria di Ayrton Senna e Roland Ratzenberger

Considerazioni sparse pre Gran Premio di Imola

Considerazioni sparse sull’inizio stagione Ferrari

Newsletter

pencilcrossmenu