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Copertina Haaland
, 6 Settembre 2022

Haaland sta già dominando la Premier League


Il norvegese ha già messo in chiaro le sue intenzioni.

Era l’11 maggio scorso e tutti gli appassionati di calcio apprendevano una notizia che avrebbe avuto un impatto enorme: il Manchester City aveva appena annunciato di aver raggiunto un accordo con il Borussia Dortmund per l’acquisto di Erling Haaland. Il più grosso affare di calciomercato era già concluso senza che la sessione fosse ufficialmente iniziata, scatenando fantasia e curiosità di cosa avrebbe potuto fare in quella squadra agli ordini di Pep Guardiola. Il campionato più affascinante del mondo aveva acquisito un indiscusso talento generazionale, un freak atletico, raro come un unicorno, destinato a diventare uno dei calciatori più influenti nel decennio appena iniziato, ma ci si chiedeva anche cosa sarebbe potuto andare storto.

Le prime domande, se non perplessità, erano riguardo al suo impatto da predestinato in contesti dove è sembrato in grado di fare quello che voleva con la media di un gol a partita – 29 gol in 27 partite col Red Bull Salisburgo, 85 in 88 partite col Borussia Dortmund, 15 in 17 partite con la Norvegia – e che in un contesto Premier League poteva incepparsi di fronte a difensori più ruvidi e tecnici di quelli affrontati fino a prima. Dubbi vi erano anche su come si sarebbe inserito in una squadra di campioni affermati rispetto al contesto, involuto, che è stato il Borussia Dortmund dalla partenza di Lewandowski. Ma, soprattutto, i dubbi principali erano legati al suo rapporto con Guardiola, più per il background dell’allenatore catalano, che aveva speso dichiarazioni come «non abbiamo un centravanti, perché il nostro centravanti è lo spazio», a difesa del fatto che il City non giocasse con una vera e propria prima punta. Un matrimonio con un allenatore che aveva addirittura rigettato Zlatan Ibrahimovic, altro membro della famiglia di unicorni calcistici, sembrava impensabile. Forse, però, si è dato troppo peso a quel precedente, ignorando il rapporto che Pep aveva instaurato con Lewandowski, per ricamarci un possibile storytelling disfattista, con i detrattori di Guardiola pronti davanti alla tastiera. Dopo appena quattro mesi, quei dubbi tattici li possiamo già rigettare in toto perché Haaland ha fatto vedere come riesce a piegare quello che succede in campo a suo piacimento, anche nel campionato, teoricamente, più equilibrato d’Europa.

Nelle sue prime 6 partite di Premier League, Erling Haaland ha segnato 10 gol e vincerà, salvo clamorose sorprese, il premio di giocatore del mese di agosto. Se non fossero abbastanza questi numeri, ancora piccoli per lui, aggiungiamo che ha impiegato solo 5 partite per entrare nel piccolo club dei giocatori in grado di segnare due triplette consecutive in Premier League, assieme a Sergio Agüero, Harry Kane, Ian Wright, Didier Drogba e Les Ferdinand. Viene quasi superfluo chiedersi se riuscirà a farne altre in questa singola stagione, con il record di Shearer – 5 nella stagione 1995/96 con il Blackburn – che sta già tremando. Il suo nome nelle statistiche e nei record è quindi già assieme a quelli dei grandi attaccanti che hanno sagomato la recente e incontrastata fama della Premier League. Così facendo ha dato manforte all’espressione “segna un gol a partita”: è arrivato in Inghilterra con la media di un gol a partita negli ultimi quattro anni e ha messo in chiaro che può mantenerla egregiamente avendone già segnati 10 in 6 partite. In un mese sembra aver già chiuso il discorso su chi sarà il capocannoniere, con grande dispiacere per chi stava salendo sul carro di Mitrovic.

I numeri basterebbero a spiegare l’impatto, simile ad un cataclisma, del cannoniere norvegese nella sua nuova vita condizionata dal cattivo meteo di Manchester. È, però, l’influenza che ha già ottenuto su compagni e avversari che rende il tutto ancora più fenomenale. La finalizzazione rapace, l’istintiva rapidità di esecuzione, la capacità di creare occasioni e convertirle in reti sono le principali qualità che ben conosciamo dai suoi esordi con il Salisburgo. C’è poi lo strapotere fisico che fa solo infrangere i difensori sul suo corpo di 88 chili per 194 centimetri, come fosse fatto di marmo, e la consapevolezza di saperlo usare efficientemente già a soli 22 anni. Inoltre, avere vicino alcuni degli specialisti mondiali nella rifinitura, come De Bruyne e Bernardo, fa apprezzare ancora di più la sua visione dinamica con la palla o senza e il suo istinto nelle giocate, semplici o difficili che siano. Tra i gol che ha segnato nella primissima parte del suo arrivo a Manchester ce ne sono alcuni dei più facili che gli vedremo segnare: quelli dove deve solo buttare il pallone oltre la riga di porta lontana un paio di passi a portiere già battuto. Allo stesso tempo, il suo istinto nella posizione e fiuto per il passaggio chiave sono inarrestabili. Non sta mai fermo in area, muove costantemente la linea difensiva rendendola incapace di prevedere quale movimento ha in mente. Che sia una transizione, un cross, un piazzato o una mischia lui ha una capacità predatoria di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto. Questa sua dote è stata la più magnetica delle sue prime gare giocate con il City

Per esempio, nel bellissimo pareggio esterno finito 3-3 con il Newcastle sul risultato di 3-2 - un suo gol aveva appena riavvicinato il City nel risultato - fa vedere cosa può succedere se gli si lascia un po’ di campo con la porta di fronte. In una transizione che parte blandamente, De Bruyne riceve nel cerchio di centrocampo e Haaland è più avanti di qualche metro. Il belga non ha ancora il pallone sui piedi che lui già comincia ad aumentare i giri della sua corsa, attaccando lo spazio tra i due difensori centrali del Newcastle, Schar e Botman. De Bruyne gli serve, immancabilmente, una gran palla in quello spazio e Haaland è imprendibile per gli avversari, che affannano per stargli dietro. Botman riuscirebbe anche a prenderlo, salvo poi realizzare che neanche il suo fisico statuario può contrastare agilmente un corpo a corpo con Haaland senza rischiare di perdere l’equilibrio e cadere. Ed effettivamente è proprio questo che succede. In questa situazione Haaland mostra tutta la sua forza indiscutibile toccando a malapena il pallone, ma clamorosamente sbaglia il tiro, sparando la palla addosso a Pope in uscita.

Può sbagliare anche lui quindi, ma meglio non affidarsi a concedergli altre occasioni. La giornata successiva, nel 4-2 in rimonta con il Crystal Palace, segnerà la sua prima delle già citate triplette e il terzo gol lo segna in una situazione analoga a quella con il Newcastle, più vicina all’area questa volta. Di nuovo un passaggio filtrante, questa volta di Gundogan, a premiare la sua ricerca dello spazio nella tasca tra i due difensori. Di nuovo riceve al posto giusto e regge l’urto degli avversari, questa volta però il suo piatto è talmente veloce, potente e preciso che il portiere neanche prova a buttarsi per scena.

La sua capacità di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto è affascinante. Può capitare, durante una transizione, che lo spettatore si concentri di più a vedere come Haaland si sposti tra i difensori che dove sia il pallone. In quei movimenti alla ricerca della zolla ideale si vede tutto il suo istinto predatorio e la consapevolezza che difficilmente gli avversari riusciranno a fermarlo. Anche per uno spettatore neutrale, si fa fatica a non restare ammaliato e contagiato dall’estasi che prova nel sentire il boato seguente a un suo gol. Haaland sente l’odore del gol come nessuno in questo momento, e quando lo fa ne gusta il sapore in maniera orgasmica. Il suo body language nelle esultanze emana un’idea di goduria paonazza, un po’ grottesca ma allo stesso tempo bambinesca e esaltante. Una pagina che propone traduzioni troppo letterali dal norvegese ci offre un termine: "Målkåm", tradotto (male) in inglese come goal horny, ovvero "arrapato di gol".

Non si può ignorare come il suo talento stia ulteriormente plasmando il sistema di gioco di Guardiola, che sta cercando di mettere l’enorme battaglione di passatori di alto livello in rosa a disposizione del nuovo arrivato e anche l'altro nuovo arrivato, Julian Alvarez, è riuscito a trarne vantaggio. Se nelle stagioni precedenti, in seguito al calo di Agüero, tutti i giocatori offensivi si dividevano le responsabilità in finalizzazione, oggi si dividono le responsabilità in rifinitura per Haaland. Un meccanismo che ha già attecchito, nonostante qualche passaggio invitante verso il centravanti norvegese non sia arrivato, soprattutto da parte di Foden.

Queste, viste mesi dopo l’annuncio del suo acquisto, sembrano conseguenze logiche. Uno dei due migliori giovani talenti al mondo in mano ad uno dei migliori allenatori della storia del gioco. Cosa mai poteva andare storto in realtà? Davvero pensavamo che Guardiola fosse così poco pragmatico dal voler complicare l’inserimento di Haaland anziché renderlo subito un riferimento per gli altrettanto talentuosi compagni?

Proprio i suoi compagni non potranno che beneficiare da come le difese avversarie dovranno, mano a mano, adattarsi a questa nuova minaccia, che pare la peggiore delle calamità in cui potevano imbattersi. Un esempio è l'assist per Gundogan contro il Bournemouth, una triangolazione rapida dal limita dell'area con Erling che spalle alla porta premia il compagno sfruttando la grande preoccupazione che i difensori centrali sembrano avere nei suoi confronti.

A breve toccherà anche a quelli della Champions League, la competizione cruccio del City di Guardiola, forse il vero motivo per cui ha scelto di portarsi in casa Haaland. Intanto lui sembra davvero a casa: la maglia celeste attillata con l’insolito colletto bordeaux si sposa benissimo con il suo look vichingo. Lui è felice, divertito, carico a molla. Ogni volta che sente l’Etihad abbassare i decibel dopo un gol porta una mano all’orecchio e con l’altra chiede ai tifosi di alzare il volume. Sembra aver abbracciato completamente l’emotività dovuta dal fatto che anche suo padre abbia indossato quella maglia prima di lui.

Se qualcuno avesse mai pensato che Haaland sarebbe dovuto salire di livello per adattarsi ad un campionato e a una squadra più competitivi, lui, in sole 5 partite, ha ribaltato completamente questi dubbi. Forse è più la Premier League che deve salire di livello se vuole fermarlo.


  • Classe ’91, è nato a Milano e cresciuto a Torino. È il tipo di persona affascinato da tante cose culturali, forse troppe e guarda caso non sa mai scegliere la preferita. Ama sparire e riapparire tra le luci stroboscopiche e i suoni elettronici dei club. Si crogiola nel ridere e far ridere agli spettacoli di stand up, e resta sempre sorpreso dell’emozione che può regalare un uomo che calcia un pallone. Scrive di sport su Ultimo Uomo, Sportellate e qua e là. Conduce un podcast sul calcio inglese, Britannia. Scrive anche di musica, cinema e tanto altro. Collabora con Seeyousound International Film Festival.

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