E' il momento di Gabriel Jesus
"Ora abbiamo una nuova fiducia, una scintilla, quella mentalità vincente che ha lui. E' un leader naturale"
Mikel Arteta
Nel calcio come nella vita è tutta una questione di attimi, di trovarsi nel momento giusto, magari anche nel posto giusto. Basta un episodio, un gol, una semplice chiamata, e può cambiare una carriera. Può cambiare tutto. Se non ci credete, provate a chiedere a chi lo ha sperimentato sulla propria pelle, a chi, come Gabriel Fernando de Jesus, è diventato in poche settimane l'idolo di una delle tifoserie più esigenti al mondo, quella dei Gunners.
Un passo alla volta, come quelli che il piccolo Gabriel muoveva a Jardim Peri, un quartiere povero di São Paulo. Spesso sono proprio luoghi di questo genere che fanno da prologo alle storie migliori, forse perché qui le persone nascono con qualcosa di diverso, con la speranza impareggiabile di chi non ha nulla. In fondo, le parole favela e favola differiscono unicamente in una vocale, come fossero indissolubilmente legate, ma allo stesso tempo distanti anni luce.
Tutte le favole nascono da un incubo, ma quella di Gabriel Jesus è diversa dalle altre. Non inizia con un banale brutto sogno, comincia con il Mineirazo. Nel 2014 Tetinha, come lo chiamavano a Jardim Peri, aveva il compito di dipingere le strade di São Paulo con i colori verde e oro, in occasione dei mondiali ospitati dal Brasile. Gabriel vide con i propri occhi la tragica sconfitta della Seleção contro la Germania, uno dei momenti più bui della storia del calcio brasiliano. Aveva respirato a pieni polmoni la disperazione di un'intera nazione. Da quel momento per lui è esistita solo la rivalsa, la volontà di trascinare un popolo verso il riscatto.
Basta un anno perché il Palmeiras gli permetta di scendere in campo con la prima squadra e di segnare i primi gol. Gabriel Jesus è sin da giovanissimo il tipico calciatore che ogni allenatore vorrebbe in rosa: è un attaccante fantasioso, che può occupare senza alcun problema tutte le posizioni del pacchetto offensivo, costituendo un potente asso nella manica nelle partite più complicate. E poi c'é l'aspetto magico, quello difficile da spiegare a parole, quello da osservare per poterlo comprendere fino in fondo. Quando è in campo Gabriel sembra "galleggiare" con la palla al piede, come se non ne avesse il controllo, e al momento giusto la sposta con la naturalezza di chi non ragiona sul gesto tecnico, ma lascia semplicemente che accada, come un incantesimo.
28 gol, 1 Copa do Brasil, 1 campionato brasiliano e l'oro olimpico con la nazionale. Tutto questo in appena 2 anni, e il City di Guardiola se ne innamora.
Dal calcio brasiliano a quello europeo, Premier League in particolare, c'é una bella differenza: i ritmi sono più alti, i contrasti più ruvidi, i difensori più attenti. Tante potenziali stelle del calcio si sono spente proprio in questo salto. Di alcune nemmeno ci ricordiamo, di altre abbiamo solo una triste e malinconica memoria. Molti dicono sia importante partire con il piede giusto, in modo da non pensare alle aspettative e giocare spensierati, senza pressioni. Lo sa bene Pep Guardiola, che si preoccupa solo di accogliere il ragazzo calorosamente, e al resto ci pensa Tetinha. Nel suo secondo match con i citizens Gabriel Jesus mette a referto la prima rete, e da lì in poi ci prende gusto. Nella seconda metà di stagione colleziona 11 presenze e 7 gol, non male per un novellino.
Dalla stagione seguente, quella dei 100 punti e la vittoria della Premier League, inizia per gli skyblues uno straordinario ciclo di vittorie. Il Manchester City è probabilmente una delle squadre più forti del pianeta e gran parte del merito va al genio che siede in panchina, Pep Guardiola. Gabriel Jesus ha giocato 241 partite e segnato 96 gol, eppure qualcosa non è andato. L'attaccante brasiliano è sempre stato ad un passo da prendersi il City, da diventarne un leader, ma questo passo non lo ha mai compiuto.
Il rapporto con Pep è speciale, quasi un legame padre-figlio, ma il tecnico spagnolo aveva già trovato un equilibrio con Sterling e Mahrez sulle corsie esterne e De Bruyne in posizione centrale di "falso nueve". Una scelta tattica, fatta per il bene della squadra, che non concedeva a Gabriel Jesus lo spazio che avrebbe meritato. Come se non bastasse, in questa sessione di mercato il City ha fortemente rinforzato il reparto d'attacco con gli acquisti stellari di Erling Haaland e Julian Alvarez. Per Gabriel è tutto chiaro. Bisogna cambiare aria.
La squadra di Arteta gioca un calcio propositivo che coinvolge tutti gli undici in campo, in pieno stile Guardiola. I giocatori si divertono e hanno fiducia nell'allenatore. Sanno che se rimangono uniti potranno fare qualcosa di speciale, perché nel calcio la coesione è il primo passo verso la vittoria.
E' ancora troppo presto per dirlo, ma l'Arsenal può diventare la grande sorpresa della Premier League 22/23. I Gunners degli young boys hanno il potenziale per sovvertire il dualismo che negli ultimi anni sta dominando l'Inghilterra, quello di Liverpool e Manchester City.
Gabriel Jesus è tornato a sorridere e a galleggiare in mezzo al campo con una spensieratezza che non sentiva da tempo. Semplicemente, è tornato ad essere Tetinha, quel ragazzino di Jardim Peri che ogni tanto spariva e si ritrovava il cellulare tempestato di chiamate da parte di mamma Vera. E' soprattutto dedicata a lei l'iconica esultanza della telefonata, come per rispondere adesso a tutte quelle chiamate e dirle: "Grazie mamma, per esserci sempre stata".
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