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, 16 Luglio 2022

Zaniolo oltre la retorica


Perché non riusciamo a goderci il suo talento?

Dobbiamo parlare di Nicolò Zaniolo. E questa volta non c'entra la sua vita fuori dal campo messa al centro dell'opinione pubblica come un reality squallido, né la voce di mercato che da settimane riempie le prime pagine dei giornali e che lo vede già con la maglia della Juventus. Questa volta dobbiamo parlare - sì, lo so, è un rischio - della figura di Zaniolo in campo, e del suo talento con la palla tra i piedi. A 23 anni Zaniolo ha già vissuto molteplici vite: è stato un talento precoce convocato in Nazionale a 18 anni senza passare per l'esordio in Serie A, un calciatore troppo fragile per giocare a certi livelli durante l'anno e mezzo di inattività dovuto agli infortuni, e infine un personaggio da TV demenziale.

La figura di Zaniolo è così morbosamente al centro della cultura pop italiana che anche un comunicatore dal gusto per la polemica come José Mourinho ha dovuto arrendersi. «Sapevo che sarebbe stata la prima o la seconda domanda, avete un'ossessione per Zaniolo» aveva detto ai giornalisti a inizio aprile, prima di un Sampdoria-Roma in cui il centrocampista non era stato convocato. Zaniolo sembrava aver perso la titolarità dopo mesi difficili: aveva trovato il suo primo gol in Serie A solo il 18 dicembre contro l'Atalanta, ed escludendo quello nel 2-4 di Empoli del 23 gennaio, da allora non ha più segnato in campionato.

Zaniolo e il caos logico

A inizio stagione Mourinho schierava la Roma con un 4-2-3-1 sfrontato e verticale, con una trequarti tecnica formata da Zaniolo e Mkhytarian ai lati di Pellegrini. Ma se le aspettative sul suo rientro in campo avevano in un primo momento nascosto le difficoltà, vedendolo giocare con continuità da ala destra era impossibile non accorgersi del mutamento fisico di Zaniolo. Le sue corse da violente e prorompenti sono diventate semplicemente pesanti; il corpo ipertrofico con cui si è presentato al ritorno dai due infortuni alle ginocchia cozzava con la fragilità degli arti inferiori, come se le gambe non reggessero la potenza del busto. Zaniolo sembrava aver perso la fluidità nei movimenti del dribbling che lo rendevano così imprevedibile.

Se il suo stile di gioco era sempre stato al limite del caos logico, adesso il modo in cui si chiudeva in gabbia tra i difensori avversari era troppo per le sue possibilità fisiche e di pensiero. Le sue conduzioni di palla che conducevano a un tiro o a un assist sono ricordi: ora le azioni in solitaria di Zaniolo finiscono spesso nell'inconcludenza dello scontro perso con il difensore o, per paradosso, di un fallo commesso da lui. Certo qualcosa di quella parte di talento puramente atletico è rimasta, e dà il suo meglio in campo aperto. Prendiamo, ad esempio, il gol che segna al Bodo/Glimt nei quarti di Conference.

Per resistere a una pressione a centrocampo Cristante alza un campanile che finisce sulla traiettoria di corsa di Zaniolo. La palla però è troppo corta e Zaniolo deve inventarsi un controllo di testa per allungarla, spostandosi la palla sul sinistro quel tanto che basta per permettergli di sprintare e lasciare sul posto Holbraten, che finisce per entrare in area quando il tiro di Zaniolo si è già incastonato sotto l'incrocio della sua porta. In quella partita Zaniolo segna una tripletta decisiva per il passaggio della Roma in semifinale, ma soprattutto ci riconsegna la nuova statura del suo talento, simile ma in qualche modo diverso da quello che ci aspettavamo.

I problemi e la confusione che si generano quando punta i difensori nello stretto diventano la sua forza quando il campo si allunga. In contesti simili Zaniolo può far valere la forza che ha concentrato nei bicipiti e nelle spalle; i suoi dribbling sono un gesto di classe contraffatto dal contatto fisico impellente con il marcatore. Zaniolo ha bisogno di sentire il corpo dell'avversario, di aggrapparsi a lui e guadagnarne slancio di conseguenza. Non è un caso se ha chiuso la stagione con 81 falli subiti tra tutte le competizioni, risultando il giocatore della Roma che ne subisce di più.

Il talento, le polemiche

Il rapporto con i falli subiti, che spesso in Italia non gli fischiano, rischia però di diventare un alibi. A novembre Mourinho gli aveva consigliato di non rimanere troppo in Serie A perché «per lui sta diventando impossibile giocare». E se è innegabile un certo pregiudizio da parte degli arbitri italiani verso Zaniolo, il suo atteggiamento riottoso nei loro confronti non migliora le cose. Con i mesi siamo arrivati al paradosso che il calciatore più polemico in Serie A, per finire le partite, non può più protestare: nell'ultimo campionato Zaniolo ha subito 10 cartellini gialli (tra cui un'espulsione per somma di ammonizioni) e un rosso diretto. Sono numeri imparagonabili con gli altri giocatori offensivi del campionato e che ci mostrano la dimensione più irascibile e mentalmente fragile di Zaniolo.

Proprio come succede nell'ultimo capolavoro di Ridley Scott, The Last Duel (2021), i punti di vista sono a dire poco inconciliabili. Ogni conduzione di palla che finisce in un contrasto duro per Zaniolo è un fallo non fischiato, per quasi tutti gli altri (arbitri, avversari, tifosi) l'ennesima provocazione di un coatto che fa di tutto per essere insopportabile. Le voci sulla sua vita privata, i gossip sulle volte in cui va in discoteca mentre i compagni sono in ritiro o il fatto che la sua ex abbia continuato una gravidanza sette mesi dopo un aborto non fanno altro che creare un tribunale fittizio su cui si erge la maggioranza dei tifosi. Per "proteggerlo", a inizio stagione Mourinho era stato costretto a fare un appello alla stampa: «Non scrivete bugie. Io sono qui per aiutare Zaniolo, non per pregiudicarlo».

Zaniolo è giovane, anzi giovanissimo, e ha già superato due infortuni gravi. In campo è arrogante e sfacciato, eppure la mia sensazione è che in fondo sta antipatico solo perché non distinguiamo la sua vita dal suo talento. Le proteste e la confusione rumorosa che genera in campo ci sembrano in continuità con i dettagli voyeuristici della sua sfera privata che i media ci consegnano ogni giorno. Insomma, probabilmente anche lui non fa nulla per tenere separate le cose, ma davvero c'era bisogno di far partire un coro sul figlio di Zaccagni durante la festa della Roma per la Conference, decisa da un suo gol? Non siamo anche noi a dare valore a ciò di cui vogliamo sentire parlare? Perché non riusciamo a goderci un talento, al momento discontinuo certo, ma pur sempre cristallino come quello di Zaniolo?

Intanto lui continua a cercare giocate raffinate in campo, e da quando Mourinho lo ha spostato come seconda punta in coppia con Abraham nel 3-5-2, il suo rendimento è migliorato. Nella scorsa stagione è stato il calciatore della Roma con più dribbling effettuati (70, in tutte le competizioni) e il secondo miglior assistman (5, dietro Veretout).

L'assist per il gol di Abraham contro l'Atalanta, che Zaniolo ha creato da un primo controllo pornografico, si inserisce bene in questo discorso. Una volta addomesticato il lancio sbilenco di Karsdorp, uno di quei palloni che la media degli attaccanti in Serie A avrebbe dato per perso senza neanche provare a rincorrerlo, Zaniolo ha un cono di luce dovuto al taglio di Abraham. A quel punto potrebbe calciare in porta, provare l'ennesima soluzione fumosa del suo anno, e invece – grazie alla visione di gioco maturata giocando da seconda punta – serve un pallone che Abraham deve solo controllare e appoggiare in porta.

A volte i tifosi della Roma o della Nazionale rimproverano a Zaniolo di essere innamorato del pallone, e di risultare perciò troppo individualista. Non va però sottovalutata la sua capacità di essere decisivo nei momenti importanti. A parte il gol di quest'anno in finale di Conference League, in cui è riuscito comunque a calciare con l'esterno a pochi centimetri da portiere e due difensori del Feyenoord, dobbiamo anche ricordarci la doppietta segnata al Porto negli ottavi di Champions nel 2019.

Un grandioso atto incompiuto

Dopo quella partita c'era così tanto hype su Zaniolo che i paragoni con Totti, ovviamente, si erano sprecati. Repubblica scriveva: «anche se è ancora presto per dare giudizi definitivi, è evidente che i segnali ci indichino che siamo assistendo all'alba di un campione». Su Youtube iniziavano a circolare le compilation della sua doppietta (l'italiano più giovane a segnare due gol negli ottavi) raccontata dai vari telecronisti italiani, come Fabio Caressa: «È la serata del predestinato». Nei mesi successivi qualche sua esultanza sotto la Curva Sud aveva rievocato quelle storiche di Totti, e va detto che anche quest'anno il feeling tra Zaniolo e i romanisti è stato talmente alto da sbocciare in un abbraccio iconico dopo il gol al Genoa, poi annullato dal VAR. «Possono cancellare tutto, ma questo rimarrà per sempre impresso nella mia mente» aveva scritto su Instagram.

Alla fine per mettere a tacere le voci sul paragone con Totti era stato proprio l'ex capitano della Roma: «Per il suo bene, smettiamola». Poi c'era stato il ritorno contro il Porto e la Roma era stata eliminata dopo i tempi supplementari, l'esonero di Di Francesco e l'arrivo di Claudio Ranieri coincisero con il peggiore periodo di forma di Zaniolo. Allora fu una flessione considerata «normale», mentre oggi siamo abituati a considerare un suo periodo difficile la base su cui ragionare delle qualità di Zaniolo. Da mesi si parla di lui come un possibile rinforzo della Juventus, ma neanche l'interesse del club più importante d'Italia smuove i suoi critici.

Siamo entrati in una specie di loop argomentativo secondo cui la natura ha dotato Zaniolo di un talento superiore alla media, e quindi alle ambizioni attuali della Roma. Lui stesso una settimana fa ha pubblicato su Instagram la foto del gol al Feyenoord con una descrizione sibillina: «Per non dimenticare...». Eppure, dall'altro lato, ci sembrerebbe troppo anche vederlo titolare in una Juventus che vuole tornare a vincere lo Scudetto. Forse perché finora la vita calcistica di Nicolò Zaniolo è stata un grandioso atto incompiuto. Come gli scrittori che ritardano la concretizzazione del loro capolavoro, per poi fare anche in tempo a morire prima di completarne la scrittura, Zaniolo si è infortunato due volte ai crociati mentre ci dimostrava il suo bagaglio tecnico, per poi ritornare ogni volta più aggressivo verso il mondo esterno, più lamentoso in campo e rumoroso fuori. Più spocchioso e meno concreto.

A gennaio 2020, contro la Juventus, il movimento scomposto dei suoi arti inferiori ha avuto l'eco dello splatter. Dopo aver recuperato un pallone a Ramsey sulla trequarti della Roma, era riuscito a difenderlo dal rientro di Matuidi alle spalle e con una finta di corpo aveva saltato anche Pjanic. A quel punto Zaniolo aveva bruciato il centrocampo dell'Olimpico con una conduzione dal tono violento, lo stesso che oggi bagna le sue proteste per un fallo non fischiato e le sue esultanze sempre più riottose. Arrivato al limite dell'area la pressione di de Ligt e di Rabiot lo aveva costretto a deviare la traiettoria di corsa verso sinistra in modo innaturale, e lo scontro con l'olandese era stato il colpo di grazia al ginocchio.

Una dimostrazione sfrontata di sé e del proprio talento, a 19 anni, si era trasformata in un infortunio traumatico. Quando Zaniolo è tornato in campo con la Nazionale, nel settembre del 2021 contro la Svizzera, lo ha fatto un anno dopo l'altro infortunio ai legamenti, rimediato in una partita contro l'Olanda. Per ironia della sorte, Mancini lo ha schierato nel ruolo di falso nove che qualcuno non ha esitato a definire «alla Totti».

E anche se oggi non sembra esistere un paragone più avventato, adesso che proprio Totti gli ha consigliato di «rispettare i tifosi della Roma», è impossibile non notare anche in Zaniolo un talento primordiale, uno di quelli tormentati e istintivi, capaci di rendere una partita di calcio un'esperienza per cui vale la pena spendere novanta minuti in attesa di una sola giocata. Di trasformare un lancio casuale dalla difesa in un'occasione per mostrare a tutti chi è Nicolò Zaniolo.

  • Nato a Giugliano (NA) nel 2000. Appassionato di film, di tennis e delle cose più disparate. Scrive di calcio perché crede nella santità di Diego Maradona. Nel tempo libero studia per diventare ingegnere.

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