"C'era una volta a Salerno..."
La storia dell'incredibile salvezza della Salernitana
La Salernitana disputerà il campionato di massima serie 2022/23, il quarto della sua storia e il secondo consecutivo. La certezza è arrivata la sera del 22 maggio scorso con un finale hollywoodiano assolutamente coerente con un’intera annata. Della salvezza della squadra campana si è praticamente scritto tutto e il contrario di tutto: per alcuni (pochi) un risultato macchiato dal trust di inizio anno, immeritevole di iscriversi al campionato a settembre, dalla quota salvezza irrisoria e dai demeriti altrui; per altri (molti) la realizzazione di un sogno iniziato pochi minuti prima del nuovo anno con l’acquisizione da parte di Danilo Iervolino della società e il legittimo coronamento di una cavalcata che da Pasqua (ad eccezione dell’ultima con l’Udinese) ha visto la Salernitana imbattuta.
Si è evocata la chiusura di un cerchio, che dalla sera del 23 maggio ‘99, giorno di Piacenza – Salernitana 1-1 e della successiva strage in treno, mancava di una degna conclusione.
Si è scritto (e visto) infine della rivincita di Sabatini, della sua capacità di fare calcio e del coinvolgimento emotivo che il direttore non ha mai celato; di Nicola e della sua capacità di trasmettere ad un’intera città il rifiuto della resa; della passione smisurata della tifoseria granata che ha coccolato la squadra anche e soprattutto nelle sconfitte e che obiettivamente non avrebbe meritato finale differente.
Si potrebbe scrivere tanto altro, a cominciare dalle storie dei calciatori, concreti artefici della salvezza: quelle dei redivivi Fazio, Sepe, Radovanovic, tanto prematuramente quanto erroneamente accantonati dal calcio che conta; quelle dei pilastri della promozione Gyomber, Coulibaly, Djuric; delle rivelazioni Ranieri, Bohinen, Mazzocchi o di chi, come Bonazzoli e Verdi, ha finalmente trovato nell’amore di un popolo la forza di rialzarsi e confermarsi.
Quello che è certo, però, è che nell’ultimo mese di campionato a Salerno si è venuta a creare una perfetta amalgama di vicende personali e dinamiche di gruppo che è stata il fulcro di quest’incredibile impresa.
La “liberazione”
Nel calendario salernitano il 31 dicembre è rosso, nonostante non ci sia nessun riferimento alla notte di San Silvestro. Il reale motivo è piuttosto la cessione della società granata da parte di Claudio Lotito, avvenuta qualche manciata di minuti prima della mezzanotte del nuovo anno. A torto o a ragione, da anni la tifoseria esprimeva il proprio dissenso nei confronti di uno dei personaggi più controversi del panorama calcistico nostrano.
Se è vero che il rapporto tra Lotito e Salerno era iniziato in maniera tutt’altro che negativa, grazie ad un paio di promozioni consecutive e la stabile permanenza nella serie cadetta; è altrettanto giusto ricordare che la comunicazione del patron della Lazio è stata spesso superficiale e spocchiosa. Non stupisce pertanto, come già accade da anni nella capitale, che l’imprenditore romano abbia dovuto far fronte ad un’aspra contestazione, probabilmente pagando oltre i propri demeriti un atteggiamento distaccato ed insofferente. Alla fine l’avventura di Lotito in Campania è terminata dopo un lungo iter giudiziario, prima attraverso il trust autunnale e poi, definitivamente, con l’acquisizione della società del già citato Iervolino.
A quest’ultimo sono invece bastate poche parole al miele nei confronti della città e una manciata di gesti concreti, tra cui l’ingente capitale investito nel mercato di riparazione e l’essersi circondato da personalità vincenti come quelle di Sabatini e Nicola, per riaccendere la passione sopita della tifoseria. A lui l’enorme merito di averci creduto dal primo istante e di essere stato in grado di innescare, con entusiasmo e trasporto emotivo, la scintilla all’origine dei recenti successi.
La rivoluzione tattica
Se è vero che nella nuova società e nella sua gestione attenta ma audace la città aveva già ritrovato ardore e speranze, è altrettanto vero che alla fine in campo vanno in giocatori e per tradurre un sogno in realtà occorre plasmare a dovere il mix di talento ed esperienza messo a disposizione da Sabatini.
Lungi dal volere muovere critiche ingenerose all’operato di Nicola o dal voler avvalorare la leggenda metropolitana che lo descrive esclusivamente come grande “motivatore”, va però osservato che nei primi mesi di gestione del tecnico piemontese la Salernitana esprimeva un calcio sì propositivo ed ambizioso, ma anche rischioso e sbilanciato. Lo testimoniano i tanti gol presi (la stagione è stata chiusa con soli due clean sheet all’attivo) e in generale una fase difensiva tutt’altro che solida. Né, complice anche le condizioni fisiche precarie tra febbraio e marzo dei “nuovi”, tali lacune erano compensate da una fase offensiva particolarmente produttiva.
La svolta è avvenuta dopo la fragorosa sconfitta interna col Torino, che sembrava aver definitivamente stroncato le speranze degli ultimi ottimisti. La domenica successiva nella trasferta dell’Olimpico contro la Roma, Nicola si affida ad un 3-5-2 equilibrato e razionale, promuovendo (finalmente) Bohinen in cabina di regia spalleggiato dagli straripanti Ederson e Coulibaly, che finisce indirettamente per esaltare anche le qualità di Fazio da braccetto, di Radovanovic, regista basso nel terzetto arretrato, e Mazzocchi, con più campo a disposizione e svincolato da compiti puramente difensivi. Non a caso la Salernitana gioca una delle migliori partite della stagione, trovando il gol con un terra-aria di Radovanovic e resistendo senza particolari patemi alla reazione romanista. La rimonta finale subita in una manciata di minuti non sarà abbastanza per scalfire le nuove certezze dei granata, con Nicola eccezionale a proseguire in questa direzione e caricare ulteriormente l’ambiente in vista del rush conclusivo.
Da questo punto di vista la Salernitana ha giocato nelle ultime giornate un calcio senza dubbio migliore delle proprie dirette avversarie. La squadra intimorita ed incerta ha lasciato spazio in un amen ad una formazione consapevole dei propri punti di forza e dei propri limiti, capace di offendere con qualità e geometrie (soprattutto in casa) e soffrire quando necessario.
Naturalmente non nella sola tattica si nasconde il segreto della conquista di una salvezza così insperata; tuttavia è proprio in essa che si cela la capacità dell’allenatore di far prendere vita al sogno, traducendo sul rettangolo di gioco i sentimenti e le sensazioni di un’intera città.
La fortuna aiuta gli audaci
Quello che poteva essere un epilogo sportivamente tragico si è invece trasformato nel più dolce dei finali. La Salernitana scesa in campo per l’ultima giornata ha ricalcato sinistramente la versione trustiana: una squadra priva di spirito e convinzione, psicofisicamente prosciugata dalla tensione e dalle fatiche delle domeniche precedenti.
Non trascorre molto tempo prima che i tifosi granata distolgano il proprio sguardo dal prato dell’Arechi e si concentrino su ciò che nel frattempo sta accedendo in laguna. L’impressione è che il Cagliari possa riuscire in qualunque momento ad uscire indenne da una stagione così complicata e invece lo 0-0 finale del Penzo fa esplodere di gioia il popolo salernitano. La quota salvezza di 31 punti è obiettivamente bassa, ma sarebbe ingeneroso ricondurre tutto alla fortuna o agli harakiri altrui. Dopo l’anticipo del sabato pasquale che vedeva vittorioso il Cagliari sul Sassuolo, la Salernitana si ritrovava in fondo alla classifica a -12 dai sardi, non vinceva da mesi, né dava l’impressione di poterlo fare con continuità. Da quel sabato i granata hanno inanellato tre vittorie consecutive, di cui due fuori casa, e sono stati imbattuti fino alla 38a giornata, quando hanno riscosso il credito con la buona sorte che si erano precedentemente guadagnati.
Sognando con i piedi per terra
Per quanto a Salerno sia difficile mettere da parte la sbornia post salvezza nel giro di qualche settimana, è lecito e doveroso domandarsi quale futuro (prossimo e non) attenda la Salernitana. L’all-in della nuova presidenza ha pagato i dividendi sperati; una mossa coraggiosa ma necessaria per poter proseguire nella direzione che Iervolino auspicava e che prevede non pochi stravolgimenti nell’assetto societario.
Nei primi mesi della sua nuova avventura l’imprenditore napoletano ha dimostrato di sapersi muovere con passo deciso ma accorto. Neofita della giungla calcistica e bisognoso di ottenere risultati immediati, ha inizialmente soppresso la sua indole egocentrica, affidandosi completamente o quasi all’operato di maestri del settore come Sabatini e Nicola. E però, una volta che l’obiettivo nel breve termine è stato raggiunto, ha dimostrato anche di non avere né scrupoli né riserve nel salutare chi non sostiene le sue idee. Non stupisce in tal senso se il sodalizio tra due personalità così forti come quelle di Iervolino e Sabatini sia stato tanto intenso e fruttuoso quanto breve e fragile, come testimoniano i numerosi attriti della primavera che hanno preceduto il recente addio.
Di fronte ad un bivio il neo presidente ha scelto di virare verso la strada della rivoluzione, volendo mantenere un certo potere decisionale e circondandosi di personalità giovani ed ambiziose come quelle dell’amministratore delegato Milan e del nuovo direttore sportivo De Sanctis. Solo il futuro potrà svelare la bontà di questa decisione; per ora quello che è certo e che più importa ai tifosi granata è che non mancano né le motivazioni né le possibilità.
Se nei piani alti si è andati incontro ad una dolorosa scissione, sul piano tecnico-tattico la conferma di Nicola può garantire invece continuità ad un gruppo che ha tanto da offrire. Il primo obiettivo è quello di sfoltire una rosa che annovera diversi esuberi e solo in un secondo momento ci si potrà concentrare sul mercato in entrata, con l’obiettivo di scalare qualche posizione nella gerarchia della nuova Serie A ed ottenere una salvezza tranquilla.
Non mancano le certezze da cui ripartire: il centrocampo è il punto di forza di questa squadra e, con la sola eventuale eccezione di Éderson, sarà riconfermato in blocco. Davanti si sta già lavorando ai ritorni di Verdi e Bonazzoli, i quali gradirebbero volentieri un ritorno a Salerno.
In attacco si sogna un grande colpo (si continua a vagheggiare Cavani), sebbene ci sia soprattutto da risolvere la spinosa questione relativa al rinnovo di Djuric, corteggiato da Fiorentina e Bologna.
Insomma le premesse ci sono: la squadra scesa in campo nel girone di ritorno è una formazione di tutto rispetto che ha già dimostrato di essere pronta per la categoria e che con i giusti innesti può proseguire sulla falsariga della primavera. Al timone ci sono Nicola e Iervolino, gli uomini giusti al momento giusto, che con dedizione e sana sfrontatezza non hanno intenzione di porsi limiti. Sullo sfondo c’è una tifoseria che domenica dopo domenica è stata il vero cuore pulsante della Salernitana e che è già pronta a trainarla verso nuovi orizzonti.
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