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, , 21 Marzo 2022

Considerazioni sparse su "Licorice Pizza" di Paul T. Anderson


Licorice Pizza è un film fresco e divertente in cui la storia d’amore tra i due protagonisti è solo un pretesto per raccontare la dolcezza e la spensieratezza dell’adolescenza.


- In Licorice Pizza non c’è nulla da spoilerare perché non c’è nulla da raccontare. La storia si svolge in un sobborgo di Los Angeles all’inizio degli anni Settanta, comincia nel momento esatto in cui il 15enne Gary Valentine (Cooper Hoffman) e la 25enne Alana Kane (Alana Haim) si incontrano nel campus scolastico, dopodichè si mette alla finestra con lo sguardo trasognato a gustarsi il prosieguo degli eventi, ovvero la storia del rapporto platonico di continua attrazione e repulsione tra i due protagonisti. Il film grossomodo sta tutto qui, un plot che peraltro potevamo già intuire dal trailer. Cos’è allora che rende la visione di Licorice Pizza piacevole? In cosa consiste la sua esperienza?;

- L’intreccio narrativo dell'ultimo film di Paul Thomas Anderson è tanto scarno quanto insignificante. Lo sguardo della cinepresa, in verità, stringe su Gary e Alana solo per attraversarne i corpi e guardare altrove: alla California delle colline e dei tramonti formidabili, all’infanzia affollata da bambini in bicicletta, a un’epoca colorata dai neon delle sale giochi e da outfit oltremodo sgargianti. Licorice Pizza è per Anderson quello che Amarcord era per Fellini: un’antologia di ricordi dell’infanzia ampliati e romanzati, dove il vero protagonista non sono i personaggi ma il contesto storico-psicologico sullo sfondo. Come spesso accade nei film che muovono da questo presupposto, anche Licorice Pizza consiste in una giustapposizione di episodi isolati. Un carosello di scenette divertenti quanto irrilevanti attraverso cui il film scivola con assoluta leggerezza: ogni digressione, gag, bacio, giro in auto, buffonata e canzone in sottofondo è una gioia. Come in Magnolia, non è importante la sinossi ma il flusso; come ne Il petroliere, l’umore del film non è ispirato dai fatti ma dall’espressività delle immagini;

- Come film che guarda indietro nel tempo e nella California, Licorice Pizza ha una pellicola cugina ed è C’era una volta a Hollywood. Anche Anderson, come Tarantino, contrappunta il film di riferimenti allo star system californiano: c’è Gary che da bambino ha avuto piccoli ruoli in show per ragazzi, e Alana che a un certo punto del film tenta la carriera cinematografica partecipando a un casting; c’è una sequenza con un attore viscido e presuntuoso di nome Jack Holden (interpretato da Sean Penn e ispirato al reale William Holden), e un’altra ancora, forse in assoluto la più divertente del film, con protagonista uno schizzato Jon Peters (Bradley Cooper), all’epoca marito di Barbra Streisand. Rispetto alla mania citazionistica di Tarantino, però, le scenette meta-cinematografiche di Anderson sono puramente sarcastiche, funzionali a costruire il tono surreale ai limiti del lisergico del film. Molti elementi di Licorice Pizza rimandano poi al leggendario American Graffiti di George Lucas: la stessa ambientazione ai primi ’70, la stessa freschezza giovanile di fondo, una colonna sonora pazzesca (quella di Licorice è curata da Johnny Greenwood e contiene pezzi di Nina Simone, Doors, David Bowie). In Licorice Pizza la musica è un elemento centrale della messa in scena: a partire dal titolo, che era il nome di una catena di negozi di dischi nonché un nomignolo per indicare il vinile – che somigliava nella forma e nel colore a una pizza alla liquirizia;

- Licorice Pizza è un film nostalgico ma privo di retorica; la sua nostalgia non si commisera nel rimpianto e non puzza di muffa ma al contrario è astratta e universale: un sentimento che scuote le ossa anche di chi non ha conosciuto gli anni ’70 né la San Fernando Valley. A questo punto mi tocca contraddire quanto detto nei paragrafi precedenti perché in verità Licorice Pizza non è un film sul passato ma senza tempo. Per tutta la durata del film la sensazione è che il tempo della narrazione sia sospeso (in quanto tempo si svolgono i fatti? Alcuni mesi, alcuni anni, chi può dirlo) e la storia ambientata non in un luogo geografico e temporale specifico ma innanzitutto in un luogo dell’anima: l’adolescenza fatta di brufoli, prurigine sessuale e prepotenza dei corpi (in Licorice Pizza i protagonisti corrono, corrono tantissimo: forse un modo per sfogare l’energia sessuale repressa). In un film che è rinfrescante e spensierato a ogni fotogramma, altrettanto deliziose sono le interpretazioni di Hoffman e Haim, entrambi al debutto cinematografico. Attraverso di loro Licorice Pizza non è il racconto privato dell’infanzia di Anderson; è piuttosto una maglia di sentimenti dolce e confortevole che abbraccia ogni spettatore come un fresco giubbetto di mezza stagione;

- In Licorice Pizza non c’è evoluzione dei personaggi: la loro parabola e il loro tempo insieme restano sconclusionati come i loro mille tentativi di inventarsi un lavoro. Licorice Pizza non è un romanzo di formazione: questi vengono scritti a posteriori, col senso critico dell’età adulta, mentre il film di Anderson è uno spettacolo meravigliosamente superficiale e privo di sovrastrutture. Non solo: se il romanzo di formazione ha una direzione che va dall’infanzia alla maturità, Licorice Pizza segue esattamente il percorso opposto: lo fa attraverso il personaggio di Alana, che se inizialmente vorrebbe maturare e lasciarsi dietro le sciocchezze e l’infantilità di Gary, presto si accorge che la maturità è solo un’altra illusione dell’infanzia, un’idealizzazione utopistica. In fondo Licorice Pizza è anche un confronto generazionale dove gli adulti – coi loro vizi e soprusi, con le loro fissazioni (il padre di Alana che vuole per la figlia solo un fidanzato ebreo) e follie – non sono poi meno infantili dei bambini.


  • Salentino e studente di Architettura. È nato il 23 dicembre come Morgan, Carla Bruni e Vicente Del Bosque.

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