Union Berlin: in direzione ostinata e contraria
Il percorso della squadra più anticonformista di Germania, dal quasi fallimento all’Europa. Senza mai dimenticare le proprie radici.
Quando Jurgen Sparwasser, detto Spari, 26enne attaccante della Nazionale della Repubblica Democratica Tedesca, riceve il pallone al limite dell’area, non sa che sta per entrare nella storia. Sul prato del Volksparkstadion di Amburgo, in una fresca sera di Giugno del 1974, si affrontano infatti, per la prima (e unica) volta in un incontro ufficiale, le Nazionali di Germania Est e Germania Ovest.
La partita ha poca utilità sportiva, (entrambe le squadre sono già qualificate alla fase successiva del torneo), ma ha un’evidente valenza simbolica. E’ un confronto tra due visioni del mondo, prima ancora che una semplice partita di pallone. E, ovviamente, la Germania Ovest è nettamente favorita.
La partita però si rivela tutto sommato equilibrata. Ad un palo colpito dalla Germania Ovest, risponde un clamoroso errore sotto porta di Kreische, il numero 10 della Germania Est. Gli orientali, invece di sciogliersi come neve al sole, resistono bene alla pressione dei “cugini”, provando anche timidamente ad affacciarsi nella metà campo avversarsia. La Germania Ovest sembra comunque decisa a portarsi a casa il risultato, quando al 77esimo entra in scena Spari.
Superata la metà campo, Erich Hamann, esterno del Viktoria Francoforte, gioca verso Sparwasser un campanile veramente difficile da addomesticare. Per superare i due centrali che ha di fronte, Vogts e Hottges, Spari decide per lo stop a seguire. Indirizza la palla con il petto verso la sinistra di Hottges, e, dopo averlo superato, anticipa l’uscita di Sepp Maier con destro secco sotto la traversa. Il resto, come si dice, è storia.
Nella Germania dell’Est la vittoria contro i cugini non è una semplice vittoria in un Campionato del Mondo. Il gol di Sparwasser diventa la sigla di tutti i telegiornali, viene raccontato dal premio Nobel per la letteratura Gunther Grass, e lo stesso Spari viene elevato al livello di eroe nazionale. In breve, è una vittoria per celebrare, anche solo per una notte, la superiorità orientale sul capitalismo occidentale.
Oltre la cortina di ferro
La vittoria contro i vicini dell’Ovest del ‘74, sarà allo stesso tempo sia il momento più alto del calcio Made in DDR sia il suo canto del cigno. Nella Germania dell’Est infatti il Fussball è ancora “roba per dilettanti”, e non per modo di dire. Il professionismo sportivo nella DDR infatti non esiste e non esisterà mai. I calciatori dei club dei vertice, sono allo stesso tempo operai, autisti, insegnanti e calciatori part-time.
Evaporata la cortina di ferro, il dislivello per preparazione e stabilità economica tra i club dell’Est e dell’Ovest è quindi enorme. Nel giro di qualche anno le ricche squadre Occidentali della neonata Bundesliga letteralmente saccheggiano le controparti orientali, potendo da subito offrire allettanti contratti da professionisti, a giocatori costretti al doppio lavoro fino a qualche mese prima. Il risultato è il collasso anche dei club più vincenti del Fussball della DDR.
Negli anni che seguono la riunificazione, sono appena quattro le squadre provenienti dall’Est (escludendo l’eccezione Red Bull Lipsia) che riescono a disputare la Bundesliga, peraltro mai con risultati eclatanti. Ad Hansa Rostock, Dynamo Dresda, Lokomotive Lipsia e Energie Cottbus, si aggiunge all’improvviso nella stagione 2019-2020 una squadra scomparsa per quasi trent’anni dai radar della Bundesliga.
L’Union Berlin, dopo dieci anni consecutivi in Zweite Liga, nel 2019 appunto, approfitta del Relegationsspiel (lo spareggio salvezza/promozione) per giocarsi la prima partecipazione della sua storia in Bundesliga. Dopo un pareggio per 2 a 2 in trasferta a Stoccarda, all’Union basta un pareggio a reti bianche in casa per diventare la quinta squadra dell’Est a partecipare al massimo campionato tedesco.
Per la squadra bianco-rossa di Kopenick, quartiere della zona sud-est di Berlino, l’approdo in Bundesliga è una rivincita, simbolica e non, dopo decenni di soprusi. Nella DDR-Oberliga, il massimo campionato di calcio della Germania Est, l’Union Berlin è la principale rivale cittadina della Dynamo Berlino, il club di proprietà di Erich Mielke, per più di quarant’anni a capo della Stasi, la polizia segreta della DDR. Il club di Mielke, campione di Germania (Est) per 10 anni consecutivi, grazie all’influenza dello stesso Mielke ed innumerevoli irregolarità sportive, si attira in particolare l’odio dell’altra squadra cittadina.
I tifosi bianco-rossi, già da sempre un club a forte vocazione popolare, si identificano da subito come la squadra anti-sistema. “Non ogni tifoso dell’Union è nemico dello stato, ma ogni nemico dello stato è tifoso dell’Union”, così vengono definiti i supporters dell’Union Berlin nei primi anni ‘80. Se la Dynamo è la squadra dell’elite cittadina, l’Union è la squadra dei punk, degli studenti, dei dissidenti, che ogni weekend si trovano sulle gradinate dello stadio An der Alten Forsterei, al grido di “meglio essere un perdente che un maiale della Stasi”.
La caduta del muro trascina comunque anche l’Union nell’oblio a cui condanna moltissime realtà della vecchia DDR-Oberliga. Nel 1997 la società rischia il fallimento, e dal 2001 inizia un pellegrinaggio tra 3. Liga e Zweite Liga che durerà fino al 2019. Sempre e comunque sostenuta dai suoi tifosi “operai”.
Sangue e cemento
Parlare dell’Union Berlin ignorando il legame indissolubile tra i tifosi e la squadra è infatti praticamente impossibile. Se nella maggior parte dei casi gli spettatori sono supporters della squadra, nel caso del club Berlinese, è la squadra ad essere dei tifosi. Letteralmente. Questo perchè, andando anche oltre la famosa regola del “50+1”, comune a (quasi) tutti i club della Bundesliga, il 100% delle quote dell’Union è di proprietà degli stessi tifosi. Nella compagine sociale non ci sono conglomerati di grandi aziende e lo stesso presidente, Dirk Zingler, titolare di un’impresa di costruzioni, è da 40 anni un Unioner.
Lo stesso ragionamento si applica, caso unico al mondo, allo stadio. Lo Stadion An Der Alten Forsterei è infatti, in parte, di proprietà di quegli stessi spettatori che ne riempiono gli spalti ogni weekend.
Nel 2006 la Federcalcio tedesca, sulla spinta del Mondiale da ospitare in casa, incoraggia un’ondata di ammodernamento che investe l’intero Paese. Molti club decidono semplicemente di traslocare, abbandonando impianti storici (si veda il Bayern con l’Allianz Arena) in nome della modernità e della funzionalità. Per l’Union Berlin la questione nemmeno si pone: abbandonare l’An der Alten Forsterei è fuori discussione.
La società però non ha i fondi sufficienti per il riammodernamento delle 4 tribune, e il Comune di Berlino si rifiuta di mettere liquidità a disposizione per uno stadio rimasto fuori dalla rosa di quelli che ospiteranno il Mondiale. La dirigenza dell’Union quindi fa appello direttamente ai tifosi. Che rispondono in maniera più che entusiastica. Dal Giugno del 2008, fino alla riapertura nel Luglio 2009, oltre 2000 tifosi donano circa 3 milioni di Euro e 140mila ore di lavoro gratuito per il rinnovamento delle due curve, nei weekend o nei giorni feriali, dalle 17 alle 19.
Gli altrettanto costosi lavori di ristrutturazione della tribuna centrali sono stati anch’essi finanziati in maniera poco ortodossa, per usare un eufemismo. La proprietà del club infatti, dagli anni ‘60 proprietaria anche dello stadio (tramite la società Stadionbetriebs AG), decide di raccogliere i 2 milioni necessari ai lavori vendendo, a tifosi e sponsor, azioni sulla struttura stessa. Anche in questo caso, la risposta della base della tifoseria ha dell’incredibile. Nel 2011, In poco meno di due mesi, con l’iniziative Alte Forsterei Aktie vengono raccolti quasi 3 milioni di Euro, a fronte della vendita di azioni sullo stadio a più di 5000 tra soci, semplici tifosi e sponsor locali. I fondi vengono usati appunto per una nuova tribuna centrale, ma anche per aggiungere una tettoia alle curve, per il nuovo sistema di riscaldamento del campo e per riparare recinzioni e ringhiere.
Non è quindi un caso che la tifoseria dell’Union Berlin consideri il proprio stadio come la propria casa. Alcuni di questi tifosi hanno letteralmente versato il proprio sangue per l’Alte Forsterei. Nel piazzale antistante allo stadio viene eretto, come monumento, un gigantesco e curioso casco da lavoro rosso, affiancato da una carriola e da un paio di guanti. Ai lati del casco vengono incisi i nomi e i cognomi dei 2000 volontari a cui è dedicata l’opera. Duemila tifosi in grado di trasformare uno stadio in una vera e propria casa.
Anticonformismo on the pitch
Dopo quasi tre decenni di anonimato, l’Union Berlin oggi è una realtà della Bundesliga. I biancorossi di Kopenick sono ancora guidati dallo svizzero Urs Fischer, l’artefice della promozione e di due salvezze tranquille in Bundesliga (soprattutto la seconda). Inutile dire come l’Union sia riuscito a costruire i propri successi degli ultimi due anni soprattutto grazie ad un ottimo rendimento tra le mura amiche. Nella stagione 2020/2021, chiusa con un sorprendente settimo posto, gli Eisern hanno registrato una sola sconfitta sul prato dell’ An der Alten Forsterei (peraltro contro il Bayern).
Urs Fischer non è un allenatore a cui piace cambiare. Il tecnico svizzero non rinuncia mai al 3-5-2 adottato dalla prima stagione in Bundesliga, con cui l’Union riesce a difendere bene sia in ampiezza che in profondità. I limiti in fase di difesa posizionale vengono poi mascherati da un approccio alla partita piuttosto difensivista, incentrato sulla figura di Robin Knoche, centrale ex Wolfsburg, con già quasi 300 presenze in Bundesliga a 29 anni.
Da una parte il quadro è quello di una squadra sempre attenta e precisa in difesa, come testimoniano i 43 gol subiti in 34 partite nella stagione 20/21 (quarta miglior difesa del campionato, meglio di Bayern e Borussia Dortmund). Dall’altra è evidente come l’Union sia una squadra molto limitata in fase realizzativa. La scorsa stagione il miglior realizzatore è stato una vecchia volpe della Bundesliga come Max Kruse, per altro ceduto al Wolfsburg appena un mese fa. In questa stagione è emerso invece il 24enne ex Liverpool Taiwo Awoniyi, centravanti molto più dinamico del tecnicissimo ed elegante Kruse, autore, per il momento, di 10 gol in 24 partite.
Statisticamente l’Union Berlin è al momento perfettamente in linea con la media di rendimento della Bundesliga. Si trova però drammaticamente sotto la media per i passaggi tentati e completati, e di molto sopra la media in statistiche prettamente difensive come i tackles (426 tentati a fronte di una media di 327) e il pressing. Il tutto ad ulteriore testimonianza di come l’Union Berlin sia una squadra anticonformista anche sul campo. Una squadra coriacea e difensiva, all’antica rispetto ai club “d’avanguardia” della Bundesliga. Opposta al sistema proprio come i suoi tifosi.
Il 19 Agosto 2021, l’Union Berlin è arrivato a giocare la prima partita europea della sua storia. Una vittoria per 4 a 0 in un anonimo preliminare di Conference League, contro i finlandesi del KuPS. Gli Unioner, peccando anche di inesperienza, sono poi stati eliminati al termine della fase a gironi da Feyenoord e Slavia Praga. Un’eliminazione che non può comunque oscurare il percorso che ha portato la squadra di Kopenick dal quasi fallimento di inizio millennio ad un posto in Europa.
Come detto, l’Union è ormai una presenza fissa della Bundesliga, grazie ad una pianificazione attenta e rafforzata dal legame unico tra società e tifosi. Un’incredibile mosca bianca, in un calcio Europeo sempre più globalizzato, in cui i club di vertice non esitano a distaccarsi dalle proprie radici, sacrificandole sugli altari della competitività e dei vincoli di bilancio. Del resto, per l’Union muoversi controcorrente è la normalità da tempo. Era così quando esisteva il muro di Berlino e i campionati venivano comprati dai vertici della politica. Ed è ancora così in una Bundesliga in cui una delle squadre di vertice è letteralmente la branca sportiva di una multinazionale. Per i tifosi Eisernen non è niente di strano, anzi, è la normalità. Perchè è questo il percorso dell’Union Berlin, almeno dagli anni ‘60. Come direbbe un grande artista, un viaggio da sempre in direzione ostinata e contraria.
Ti potrebbe interessare
Dallo stesso autore
Newsletter
Iscriviti e la riceverai ogni sabato mattina direttamente alla tua email.