E ora che facciamo con Gazprom?
Nella mattinata di venerdì 25 febbraio, la UEFA ha confermato con un comunicato ufficiale il trasferimento della finale di Champions League prevista per il 28 maggio dalla Gazprom Arena di San Pietroburgo allo Stade de France di Parigi. Come annunciato giovedì da Associated Press e dal Times, l'organismo che governa il calcio europeo ha deciso di togliere alla Russia l’onore di ospitare la partita più importante dell’anno in risposta all'operazione militare lanciata in Ucraina giovedì scorso.
Martedì, il primo ministro britannico Boris Johnson ha parlato alla Camera dei Comuni mettendo in chiaro che non ci sarebbe stata «alcuna possibilità di mantenere eventi calcistici in un paese che invade Stati sovrani». Per la UEFA, prendere questa decisione è stato relativamente semplice: a causa della pandemia, da oltre due anni il trasferimento delle partite è diventato pressoché una routine e la Federazione potrebbe giustificare questa scelta con gli evidenti problemi di sicurezza che verrebbero a crearsi. Ma per quanto riguarda la sua partnership con Gazprom, la più grande ricca e importante azienda russa nonché main sponsor della Champions League e non solo, la UEFA è ancora in una situazione di stallo.
Dal 2012, il gigante russo del gas, in pratica parzialmente privata ma di fatto controllata dal regime moscovita, è il principale sponsor della UEFA. Nell’arco di dieci anni, Gazprom è diventata un player chiave nel calcio europeo: durante le partite di Champions League, il suo logo è ovunque e tutti gli appassionati di calcio ricorderanno molto bene le onnipresenti pubblicità di Gazprom inserite prima, durante e dopo le partite.
40 milioni di euro all'anno
In questi giorni, gli strettissimi legami tra i vertici del calcio europeo e l’azienda con sede a San Pietroburgo stanno mettendo in grave difficoltà il presidente Aleksander Ceferin: «La UEFA ha commesso gravissimi errori nel suo rapporto con Gazprom per oltre dieci anni. Non avrebbe mai dovuto mettersi in questa posizione di subalternità» rispetto a un’impresa controllata de facto da un dittatore senza scrupoli, dice Simon Chadwick dell’università di Leeds, professore di geopolitica ed economia dello sport e direttore del Centre for Eurasian Sport, che ha scritto molti articoli sulla collusione tra UEFA e Gazprom.
Continuando a ribadire la propria neutralità rispetto alla politica la UEFA ha finito per darsi la zappa sui piedi agendo «come un attore economico razionale, senza pensare alle conseguenze», spiega il professore di origine britannica. Va detto che la partnership con il gigante russo è stata senza dubbio redditizia. Molto, molto redditizia. Secondo le stime di SportBusiness Sponsorship, il contratto di sponsorizzazione per il periodo 2018-2021 ha portato nelle casse della UEFA circa 40 milioni di euro all'anno, abbastanza per incoraggiare la massima istituzione calcistica d’Europa a prolungare l’accordo nel maggio 2021. Oltre ad essere il principale sponsor della Champions League, da quest’anno Gazprom diventerà sponsor della Nations League, delle qualificazioni a Euro 2024 e dei prossimi due Campionati Europei. Una presenza costante che, nel suo comunicato stampa ufficiale dello scorso maggio, la UEFA ha motivato presentando Gazprom come «uno dei suoi partner più affidabili».
A quanto sembra, però, la UEFA ha dimenticato di prendere in considerazione i reali obiettivi di Gazprom. «Il primo è quello di dare legittimità alla propria azienda e soprattutto al governo di Putin. È una sorta di sponsorizzazione soft-power», spiega ancora Simon Chadwick, che è convinto che il colosso del gas sia riuscito a raggiungere il proprio scopo «dal momento che, finora, quasi nessuno ha posto attenzione su ciò che Gazprom stava facendo nel calcio europeo». L'altro obiettivo, invece, è più strategico, più legato al potere russo, alle intenzioni dell'uomo che guida il Cremlino e che da due giorni sta bombardando e invadendo l'Ucraina. «Gazprom usa il calcio come mezzo di diplomazia, per cercare di trovare acquirenti e quindi espandere l'influenza russa sul continente». Ancor più che i canali diplomatici tradizionali, i box di uno stadio non sono il posto migliore per concludere contratti? l'ex presidente François Hollande ha raccontato al Telegram che «Le partite durano novanta minuti, quindi lasciano il tempo di discutere di tutto in totale privacy», insomma, un terreno “neutrale” perfetto per la diplomazia.
Alexander Dyukov, il sotto copertura
Secondo molti, grazie a questa partnership con la UEFA i dirigenti di Gazprom hanno permesso alla Russia di costruire nuovi accordi e trovare nuovi sbocchi per il suo gas nel continente europeo. Oggi, il 40% del gas importato in Unione Europea proviene dalla Russia (80% Ungheria e Finlandia, 50% Germania, 39% Italia, 20% Francia). «Le scuole di Manchester sono alimentate a gas da Gazprom» dice ancora Simon Chadwick.
Inoltre, Alexander Dyukov, capo del ramo petrolifero di Gazprom è membro del comitato esecutivo UEFA. Questo strettissimo amico di Vladimir Putin avrebbe dovuto partecipare alla riunione UEFA di venerdì 25 e si pensava avrebbe fatto di tutto per far sentire il peso degli interessi russi russi. Tuttavia, non si è presentato a causa di impegni più impellenti al Cremlino. In ogni caso sembra ancora difficile che UEFA metta davvero in discussione i propri accordi. La cosa più semplice, più ovvia e quindi più probabile è che dichiarino che si tratta di un ente apolitico, che lo sport unisce e non divide e che c’è un contratto da rispettare. Infatti, rompere con Gazprom metterebbe la UEFA di fronte al rischio di dover pagare penali esorbitanti.
Nonostante i primi sconvolgimenti geopolitici in Donbass e Crimea nel 2014, la UEFA decise di estendere il contratto con Gazprom, rinnovando più volte questa partnership. Oggi si ritrova di nuovo spalle muro e, purtroppo, le aspettative per una reazione conseguente alle sanzioni imposte da USA e UE sono davvero basse.
Questo articolo è uscito in anteprima su Catenaccio, la newsletter di Sportellate.it.
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