Il dettaglio che manca per giudicare l’Inter di Champions
La prestazione dell’Inter contro il Liverpool ha generato, quasi all’unanimità, giudizi molto positivi. Se abbiamo però un minimo coscienza di quella che è la squadra di Klopp, non possiamo che concordare che i nerazzurri l’altra sera ne avessero di fronte la copia sbiadita. Cosa ci ha detto quindi davvero questa partita?
Inter - Liverpool è stata una sfida bellissima che ci ha lasciato tanti spunti su cui riflettere. Accanto alle giuste celebrazioni della prestazione nerazzurra apparse in queste ore, ciò che manca però è un’analisi più approfondita di quella che è stata la versione del Liverpool che abbiamo visto a San Siro. È innegabile che ci aspettavamo di vedere una squadra diversa. Quasi lo speravamo, forse, perché sappiamo quanto gli uomini in rosso solitamente siano capaci di produrre calcio spettacolare. Questo però non è successo. Ma, a mio avviso, faceva tutto parte di un piano di “rischio ragionato” che Klopp ha calcolato nei minimi dettagli.
Personalmente, al fischio finale la prima sensazione è stata di aver visto un Liverpool presuntuoso e fortunato. Ritmo da squadra “normale”, errori tecnici e poca voglia di aggredire in avanti una volta persa palla. Insomma, tutte caratteristiche che non appartengono ai Reds che conosciamo, e che faceva quasi pensare ad una sorta di presunzione, appunto, che la qualificazione sarebbe in qualche modo comunque arrivata nel ritorno ad Anfield.
Poi però, come spesso succede, a mente fredda i ragionamenti si sono messi insieme uno vicino all’altro e la situazione mi è apparsa più chiara. Mi si è palesata una spiegazione che, se fondata, andrebbe un poco a ridimensionare la prestazione della squadra di Inzaghi e non farebbe nemmeno tanto onore al calcio italiano in generale. Quello infatti di cui oggi sono quasi sicuro è che Klopp sia venuto a San Siro considerando la partita come “one of a many”, cioè niente di più che una tappa del lungo percorso stagionale della squadra. E di questo ho anche le prove, che proverò dopo ad illustrarvi.
Ora però si pone una domanda importante: avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovato ad affrontare, ad esempio, il PSG o o il Real? Oppure ha razionalmente considerato la sfida negli Ottavi di Champions in casa della piu forte squadra italiana come un impegno che poteva essere affrontato senza spingere al massimo? Capite che dalla risposta a questo quesito ne va buona parte della reputazione e del valore che il nostro calcio ha agli occhi dell’Europa.
Scelte conservative e pochi rischi
Il Liverpool dovrà affrontare nei prossimi mesi un calendario di partite fittissimo. FA Cup, Campionato (con anche una gara da recuperare), Champions League e finale di Coppa di Lega contro il Chelsea. Questo per i Reds significa dover affrontare praticamente un match ogni tre giorni fino a fine stagione.
Da qui l’idea, direi quasi l’esigenza, di ricorrere per la gara di San Siro ad una turnazione delle risorse a disposizione. Solo così infatti si possono spiegare alcune scelte come, ad esempio, la rinuncia al fedele soldato Matip, che mai si sarebbe seduto in panchina se la sfida fosse stata ritenuta di vitale importanza. Stesso discorso lo si può fare per l’esclusione di Henderson e per la sostituzione di Fabinho. Il primo, sacrificato all’inizio per preservarne i piccoli guai fisici (anche se quando è entrato andava il doppio degli altri). Il secondo, misteriosamente richiamato in panchina al minuto 60 dopo una grande prestazione e con il risultato ancora bloccato sullo 0 a 0. Tutto programmato, con uno sguardo ai prossimi impegni.
A Manè poi, reduce dalla Coppa d’Africa, è stata risparmiata l’ultima mezz’ora evitandogli così un carico di fatica supplementare (anche perché in panchina le alternative, come abbiamo visto coi nostri occhi, non mancano) e anche la sostituzione di Diogo Jota all’intervallo per un lieve trauma alla caviglia va letta in chiave risparmio delle energie e gestione degli uomini a disposizione.
Quantomeno strana, infine, è stata la scelta di schierare dall’inizio il giovane Elliot nel ruolo di mezz’ala destra, ancor più se si pensa che il classe 2003 era reduce da un infortunio importante e si era riaggregato alla squadra solo da un paio di settimane. La sua prestazione non è stata disastrosa, ma sono sicuro che nella mente di Klopp il titolare in quel ruolo di un ipotetico “once di gala” sia un altro. Ma, ripeto, martedi sera forse bastava cosi.
Ritmo blando e poco pressing
Poi c'è stato quello che abbiamo visto sul campo. Il Liverpool per tutta la partita ha tenuto il baricentro più basso di almeno una decina di metri rispetto alle abitudini ed è sembrato quasi "scegliere" quando alzare il pressing (poche volte) e quando invece lavorare dietro alla linea della palla. Inoltre, quando la squadra recuperava il possesso, la transizione offensiva non era immediata ma anzi, spesso l'azione tornava volutamente verso i difensori se non addirittura verso Allisson.
Prova evidente del ritmo "rallentato" (o quanto meno non in stile Reds) è stata la prestazione dei due terzini: vero che di fronte avevano due giocatori che hanno sfoderato prestazioni maiuscole (Perisic in questo momento è il miglior "quinto" al mondo), ma una timidezza simile nel seguire l'azione offensiva non l'abbiamo mai vista, soprattutto quest'anno. Presunzione o scelta ponderata? Propendo verso la seconda opzione, spero si sia capito.
Un gap ancora molto ampio
Detto questo, il giudizio sulla prestazione nerazzurra rimane sicuramente buono. Ho letto da commentatori autorevoli che alla squadra di Inzaghi è mancato un po di coraggio. Non sono d’accordo. anzi, di coraggio ne ho visto tanto, con gli esterni sempre altissimi e i marcatori nerazzurri che non avevano paura di seguire a tutto campo gli attaccanti inglesi. E non si può neanche dire che all’Inter sia mancata la capacità di sviluppare le sue solite strategie, costruendo dal basso anche a dispetto di un avversario che sulla carta ti poneva venire a prendere altissimo. No, non è assolutamente il coraggio che è mancato l’altra sera. Semplicemente ora come ora l’Inter è questa qui, con alcuni dei giocatori che dovrebbero garantire qualità in fase offensiva un po a corto di idee e, non dimentichiamolo, priva di quel campione di imprevedibilità ed energia che è oggi Barella.
Quello che resta purtroppo è che nonostante la versione al 50% del suo potenziale, Il Liverpool sia riuscito a portare a casa una vittoria netta e a ipotecare di fatto la qualificazione. Ma se anche contro un avversario palesemente a velocità controllata la nostra migliore squadra non è riuscita a opporre resistenza, allora quanto ancora manca per colmare il gap che ci separa dalle squadre migliori d'Europa?
La critica sportiva italiana prova di continuo a riposizionare il calcio italiano al vertice della piramide, e ogni occasione è buona per portare avanti questa tesi. Anche una netta sconfitta casalinga se analizzata superficialmente può essere utile alla causa. E se non fosse proprio così?
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