Considerazioni sparse su "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" di Daniele Manusia (66thand2nd)
“Daniele De Rossi o dell’amore reciproco” di Daniele Manusia racconta i diciannove anni di Roma del centrocampista azzurro. Dalle giovanili giallorosse fino al saluto finale dell’Olimpico il 26 maggio 2019, passando per le delusioni di Manchester e per gli scudetti mancati.
- Daniele De Rossi è l’eterno secondo: non ha mai potuto vivere a pieno la gioia di aver vinto uno Scudetto con la Roma. Nel 2001, esordisce in prima squadra solo qualche mese dopo il titolo di Capello. Nasce nel luglio del 1983, alcuni mesi dopo lo Scudetto di Liedholm. Da giocatore, sfiora il tricolore in due occasioni. Prima nel 2008, quando solo una doppietta di Ibrahimović a Parma permette all’Inter di conquistarlo in extremis. Poi, nel 2010, quando Pazzini decreta la fine del sogno con una doppietta, consegnando sempre all’Inter il titolo di Campioni d’Italia. Le sue “rosicate”, quindi, sono davvero del tutto giustificate;
- Dal libro emerge bene un dato di fatto quasi innegabile: De Rossi ha segnato i suoi gol più belli nei momenti più difficili della Roma. Il gol del 7-1 nella trasferta di "Old Trafford" è da grande campione. Peccato che tutti i romanisti in quel momento pensassero più al risultato che alla prodezza balistica di “Capitan Futuro”. Tant’è che anche il suo caro amico Valerio Mastrandrea scrisse una poesia su quella partita, dal titolo “L’antiromanismo spiegato a mio figlio”;
- Chissà quali sono state le reali motivazioni di Zeman nel preferire Tachtsidīs a De Rossi. Se lo chiede Manusia e se lo chiedono da anni tutti i tifosi romanisti. Probabilmente mai troveremo però una risposta soddisfacente. Anche perché il duo De Rossi-Pizarro dava ampie garanzie alla squadra prima dell’arrivo del boemo. Evidentemente, o l’azzurro non stava bene fisicamente o nelle idee di Zeman De Rossi titolare avrebbe finito per oscurare il ruolo del greco. Peccato che quest'ultimo abbia poi deciso di oscurarsi da solo;
- L’idea di Prandelli di spostare De Rossi al centro della difesa avrebbe potuto allungargli la carriera. A ventinove anni con frequenti acciacchi, la leadership e la visione di gioco di De Rossi sarebbero rimaste intatte anche arretrando il suo raggio d’azione. Peccato che nessun allenatore abbia provato a dare continuità a tale ipotesi e che De Rossi non ci abbia mai pienamente creduto;
- Considerazione finale e personale che mi sorge spontanea dopo aver finito il libro: la Roma ha congedato le sue leggende in maniera poco professionale. Totti ha salutato l’Olimpico dopo un anno vissuto ai margini della squadra. A De Rossi la società ha imposto di diventare dirigente contro il suo reale interesse. Il centrocampista avrebbe voluto giocare un altro anno con i giallorossi, cosa che non ha potuto fare, dovendo così chiudere la carriera altrove.
Domenico Barbato
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