Considerazioni sparse post quarta serata di Sanremo 2022
Le pagelle della serata cover, tra la supponenza di un disastroso Sangiovanni nello scegliere un brano troppo grande per lui e il trionfo nazionalpopolare di Morandi e Jovanotti. P.S. Che brava Maria Chiara Giannetta!
- La serata scorre via piacevolmente anche senza ospiti di grido (ce ne erano già tanti nei duetti) e con un buon ritmo, senza troppi inutili riempitivi. Si prosegue con il crescendo delle co-conduttrici: Maria Chiara Giannetta (8) si dimostra ben più che una spalla, e si prende l’Ariston con una spigliatezza e una naturalezza disarmante. Presenta da veterana e si districa agilmente tra i momenti comici e quelli riflessivi;
- Senza grandi sorprese Gianni Morandi e Jovanotti vincono la classifica di serata (e quindi il premio per la miglior cover), del resto in quanto a nazionalpopolare forse solo la combo Tiziano Ferro - Laura Pausini avrebbe potuto qualcosa contro di loro. Attenzione al secondo posto nella classifica generale di Gianni, che ormai potrebbe avere scalzato Elisa come potenziale competitor dei favoritissimi Mahmood e Blanco. Gli vogliamo bene ma averlo come rappresentante all'Eurovision casalingo non sarebbe proprio il massimo. Ah, domani tocca al televoto e non sorprenderebbe vedere anche Irama nel terzetto di testa;
- Piccola annotazione: la serata cover/duetti ha da sempre il suo fascino ed è uno stacco piacevole e necessario nell'ottica complessiva del Festival, ma l’inclusione di brani esteri sembra un po’ fuori fuoco. Venendo alle pagelle dei 25 big, relative ai brani cantati oggi:
Noemi (5,5): potrei ma non voglio, osare un po’ di più.
Giovanni Truppi con Vinicio Capossela e Mauro Pagani (8): Fare De André è sempre affare delicato. Richiede conoscenza, originalità, delicatezza. Hanno tutti questi ingredienti e li mescolano bene.
Yuman con Rita Marcotulli (5,5): cantare “My Way” già è un bell’azzardo, farlo senza gli acuti di Sinatra ancora di più. Versione precisa ma da cover band, manca il tocco del cantante che avrebbe un palcoscenico per farsi conoscere.
Sangiovanni con Fiorella Mannoia (3): c’è una differenza nemmeno tanto sottile tra rivisitazione e devastazione, qui la bilancia pende drammaticamente verso la seconda. La supponenza di scegliere un brano così complesso senza né le basi né il vissuto per poterlo cantare, per il gusto di passare da artista impegnato, si rivela un harakiri. Nel ritornello Mannoia (ma perché si è prestata?) sovrasta Sangiovanni, per fortuna. A fine canzone, Sangiovanni si vendica parlando sopra a Mannoia di continuo. Inelegante.
Vibrazioni con Sophie and The Giant (6): sul palco si divertono e si vede, anche se la musica predomina sulle voci. Almeno è rock.
Emma con Francesca Michelin (6,5): nello sterminato universo delle scelte paracule, questa quantomeno intrattiene e non prova a darsi immotivatamente un tono. Apprezzabile la voglia di Emma di fare qualcosa di più leggero, il tandem con Francesca Michelin funziona (merito soprattutto della seconda) al netto di diverse imperfezioni. Per Emma, però, domani alle 9.30 cappuccino e lezione di inglese.
Gianni Morandi con Jovanotti (7,5): che dire, ci siamo divertiti, e a quanto pare pure loro. Non guasta che sia stato uno tra i migliori utilizzi dell’orchestra dell’Ariston, a volte sottovalutata nella serata cover.
Elisa con Elena D’Amario (8): una ballerina che ruba la scena a una cantante è merce rara, ma di Elisa basta la voce per dare spessore al brano. Dispiace giusto per il truccatore, il parrucchiere e lo stilista di Elisa, che si sono dati tanto da fare per poche inquadrature. L’omaggio di Moroder nel finale ripaga ampiamente degli sforzi.
Achille Lauro con Loredana Bertè (8): azzecca ogni scelta, dal brano alla sua partner in crime, fino alla lettera dedicata alla stessa. Riesce a non farsi sovrastare dall’energia e dalla vocalità della Bertè.
Irama con Gianluca Grignani (5,5): 2 per la resa complessiva del brano, 9 per averci restituito le vibes di Morgan e Bugo ai tempi di “Canzone per te”. Di media fa 5,5 e difficilmente si avvicina al numero di gin tonic ingurgitati da Grignani prima di salire sul palco. Il capolavoro giunge a compimento nel momento in cui fissa per qualche secondo Amadeus e poi lo gela “Hai paura a darmi i fiori, vero? Te lo leggo negli occhi”. Grazie. P.S. Salvate il Soldato Irama.
Ana Mena con Rocco Hunt (5,5): temevamo il peggio, ma alla fine Ana sorprende con una bella vocalità e un medley centrato, almeno fino a quando Rocco Hunt non fa il suo ingresso da sabotatore e tenta di trasformare l’Ariston in un grande villaggio turistico.
Matteo Romano con Malika Ayane (6,5): Malika trascina con lo sguardo della mamma premurosa e fa di tutto per non far sfigurare il suo giovane collega, che riesce a interpretare un masterpiece senza risultare ruffiano.
La Rappresentante di Lista con Cosmo, Margherita Vicario e Ginevra (6.5): prima di ascoltare la canzone ci chiedevamo se non fossero troppe tre voci femminili in un unico brano. E in effetti Margherita Vicario e Ginevra sono state relegate a coriste, esprimendosi meno di Cosmo. Peccato. L’arrangiamento per fortuna premia.
Massimo Ranieri con Nek (6): ma perché, oh Ranieri, che alla seconda sillaba ci avevi già convinto nel tuo elegante omaggio a Pino Daniele, hai dovuto riesumare Nek? Noi buontemponi abbiamo smesso di prenderlo sul serio da quando si struggeva per le “mani cucciole”.
Michele Bravi (6): voce celo. Intensità celo. Guizzo manca.
Mahmood e Blanco (7): scelta “piaciona” ma di non semplice realizzazione, riescono ad armonizzare bene le loro voci nonostante siano fuori dalle rispettive confort zone.
Rkomi con i Calibro 35 (5): loro sono garanzia di qualità, e infatti nella parte strumentale si sente, peccato per questa versione “parlata” di Vasco Rossi che dissipa tutto quello che c’era di buono.
Aka con Arisa (6,5): l’omaggio al Alex Baroni risulta riuscito. Aka piano e voce regge il palco, con Arisa che si cala bene nella parte.
Highsnob e Hu (5,5): un bellissimo arrangiamento viene sciupato dalla vocalità inadeguata di Highsnob. Peccato perché la parte rap di Mr. Rain poteva aggiungere qualcosa di interessante e Hu non sfigura affatto.
Dargen D’Amico (7): finalmente una ventata di orginalità! Porta un brano fuori dalle sue corde, lo destruttura e lo plasma a suo piacimento, senza risultare irrispettoso.
Giusy Ferreri con Andy dei Bluvertigo (5): mezzo punto in più per il sax di Andy (a proposito, ma perché non chiamarlo semplicemente con il nome d’arte, anziché farlo sembrare un ascoltatore de La Zanzara?), ma il resto è così basic da evaporare nel nulla già un secondo dopo l’ascolto.
Fabrizio Moro (5,5): evidenti difficoltà (troppe) sulla prima strofa, poi va in crescendo e anche qualche imperfezione non guasta.
Tananai con Rosa Chemical (4) si diverte ed è molto bello, ma non ha fatto nulla di più di quello che avrebbe fatto un vocalist un po’ svogliato in discoteca. Poveri orchestrali.
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