Diario della Coppa d'Africa, settimana 3
Il racconto dell'unica competizione più spettacolare della corsa al Quirinale.
Trézéguet stava per segnare come Trezeguet
Costa d’Avorio-Egitto si era trascinata sullo 0-0 per centoventi minuti stanchi e senza emozioni (strano, lo avreste mai detto?), prima dei rigori però c’era ancora tempo per l’ultimo possesso dell’Egitto. Il terzino sinistro Fotouh avanza per alcuni metri sulla trequarti, la palla arriva a Zizo vicino al vertice dell’area di rigore e poi a Salah che sta tagliando dentro. Salah arriva sul fondo e rimette il pallone in mezzo, uno di quei passaggi arretrati che ammazzano le difese, il destinatario del passaggio è Trézéguet che nel cuore dell’area si smarca e gira in porta il pallone di sinistro, senza riuscire però a segnare.
Se l'azione vi sembra familiare, avete ragione perché si tratta infatti di una replica perfetta del golden gol di David Trezeguet in finale a Euro 2000. Lo stesso sviluppo dell’azione sul lato sinistro dell’area, lo stesso assist arretrato verso il dischetto del rigore, dove evidentemente c’è sempre un Trezeguet pronto a fare un passo indietro e girare il pallone al volo. Anche lo spazio temporale dell’azione è simile: in Egitto-Costa d’Avorio un gol in quella circostanza avrebbe messo fine alla partita. Sarebbe stato un golden gol di fatto.
Tanti allineamenti possono essere solo frutto del caso? Per capirci qualcosa in più dobbiamo partire da quel nome, Trezeguet, che per il calciatore egiziano – ma questo immagino lo sapete già – è uno pseudonimo. Cosa c’è dietro quel nome? Di quale vissuto voleva appropriarsi l’egiziano mettendoselo sulla maglia? Su Wikipedia c’è scritto che Mahmoud Hassan – questo il suo vero nome – ha preso il soprannome da David Trezeguet “dopo che il suo allenatore delle giovanili ha notato somiglianze tra i due nello stile di gioco e nell’aspetto”. E se Trézéguet avesse consacrato l’intera sua vita come una performance di cosplay di Trezeguet? Tutta ad inseguire quella stessa girata di mancino al volo agli sgoccioli di una partita? Un giocatore che vuole ripetere all’identico i gesti del suo idolo, una storia che sembra uscire da una penna di finzione ma che purtroppo per Trézéguet non si è realizzata, lasciandolo prigioniero della propria ricerca utopistica.
Col suo destro Anguissa vi lubrifica anche le porte di casa che cigolano
Nel centrocampo del Camerun un uomo che non si chiama Wolf ma risolve ugualmente problemi. Ha le gambe lunghe da alano, le treccine che gli ricadono sulla fronte, l’aria scazzata di chi sembra giocare perché tanto di questi tempi stanno tutti chiusi a casa e che altro c’è da fare? Nonostante la sua sufficienza apparente, ogni tocco di palla di Zambo Anguissa dà una fluidità diversa al possesso del Camerun. I suoi cambi di campo e le sue finte di corpo decidono il dove e il quando delle azioni.
Nella partita contro le Comore ha mostrato tutta la sua preziosa capacità di influenzare il gioco. Niente di eclatante: nessun assist visionario o dribbling barocco. Al contrario, solo giocate sottili che non rientrano nemmeno negli highlights della partita: controlli orientati raffinatissimi, tocchi di esterno, passaggi tra le linee a cucire il gioco. Tutto con un’eleganza quasi offensiva, che potrebbe confondersi per manierismo.
Mega ranking delle squadre qualificate ai quarti
La 33esima edizione della Coppa, la seconda a 24 squadre dopo quella del 2019, non si è giocata certo nelle condizioni migliori. Intanto per la cornice ambientale drammatica, con una guerra in corso nel sud-ovest del Camerun e in più la tragedia occorsa lunedì quando otto persone sono morte fuori dallo stadio Olembe dove si giocava Camerun-Comore.
Da un punto di vista strettamente calcistico non è andata meglio. Il Covid ha alterato artisticamente le rose delle squadre, le difficoltà organizzative si sono ripercosse anche nelle condizioni dei campi pessime, la ricollocazione nel vecchio slot di gennaio ha tolto tempo alle squadre per prepararsi per bene. Il risultato è stato un torneo livellato verso il basso, in cui anche le squadre e i giocatori di maggiore qualità non hanno fatto vedere un grosso gap rispetto agli altri, e tutti hanno dato l’idea di appartenere a una grigia e indistinguibile classe media. Arrivati ai quarti di finale l’equilibrio sembra ancora più stretto, ed è difficile trovare squadre davvero superiori alle altre. Però possiamo provaci, cercando di classificare le otto squadre rimaste in base alle possibilità di ciascuna di arrivare in fondo e, magari, di vincere il torneo.
Gambia
Probabilità di vincere: 0,4%
Stile: 2/5
Maglia da avere: #10 Barrow
In che modo la squadra col ranking più basso del torneo, che gioca la sua prima Coppa d’Africa della storia e che si è già spinta oltre ogni migliore aspettativa può ancora stupire tutti? Magari battendo i padroni di casa del Camerun nei quarti di finale? Difficile ma non impossibile, in una Coppa d’Africa in cui non esistono diritti acquisiti e dove l’organizzazione e l’affiatamento stanno pagando più del lignaggio. Il Gambia sta facendo quello che può coi pochi mezzi a disposizione, ma ha anche uno spirito coriaceo ben espresso da una statistica pazzesca: finora ha subito più tiri di tutte e 24 le squadre, 19.3 tiri a partita, da cui però ha preso un solo gol e per giunta su rigore. Gli “scorpioni” si sentono già appagati per quanto fatto o hanno ancora fame? Le loro possibilità dipendono da questo, ma a giudicare dalla cupidigia con cui il loro trascinatore Musa Barrow – un gol o assist ogni 90 minuti per lui fin qui – tenta di mangiarsi la porta ogni volta che può fa pensare più alla seconda ipotesi.
Guinea Equatoriale
Probabilità di vincere: 0,6%
Stile: 1/5
Maglia da avere: volete davvero comprarvi una maglia Errea?
Una squadra che non ha mezze misure: o non si qualifica affatto alla Coppa d’Africa, oppure raggiunge come minimo i quarti di finale. Prima di quest’anno era già accaduto due volte, nel 2012 e nel 2015, entrambe le volte però partecipava al torneo come squadra ospitante e aveva saltato le qualificazioni. Nel 2015 si è piazzata quarta dopo aver perso la finale terzo-quarto posto ai rigori. La Guinea Equatoriale è una squadra di influenza spagnola: la maggior parte dei giocatori milita nelle serie minori spagnole, il ct Bodipo, oltre 150 presenze in Liga, è stato attaccante al Deportivo La Coruna e al Racing Santander. Ha organizzato la squadra per controllare i tempi del gioco col pallone, anche se poi le qualità tecniche sono quelle che sono. Senza palla i momenti di maggiore aggressività si alternano ad altri più passivi. Le possibilità di andare avanti sono poche già dal prossimo turno, dove incontreranno il Senegal, ma tanto squadre troppo più brillanti alle altre non ce ne sono quindi può succedere di tutto.
Burkina Faso
Probabilità di vincere: 2%
Stile: 2/5
Maglia da avere: #28 Ouattara
Può sembrare una sorpresa vederla arrivata fin qui, ma per il Burkina Faso si tratta della terza partecipazione ai quarti nelle ultime quattro edizioni della coppa. Con uno stile di gioco essenziale e qualche individualità che sa giocare bene a calcio, il Burkina Faso è la creatura più underground delle otto rimaste. L’ossatura portante la formano Edmond Tapsoba del Leverkusen, il terzino Kaboré del Troyes ma di proprietà del Man City, Gustavo Sangaré del Rouen, Bertrand Traoré dell’Aston Villa. Tutti provenienti da un’Europa hipster e che dànno al Burkina Faso un’aura nichilista, accentuata anche da un gioco distruttivo, brutale, da una maglia fredda e anaffettiva. Sono nella parte di tabellone con meno qualità e questo potrebbe favorirli. A cominciare dal quarto contro la Tunisia, che già si preannuncia come la partita della fine del calcio come esercizio di costruzione e di creatività.
Tunisia
Probabilità di vincere: 10%
Stile: 3/5
Maglia da avere: #14 Mejbri
Se ci fosse un premio della critica alla “squadra più italiana” lo daremmo già alla Tunisia. Una squadra machiavellica, pragmatica, camaleontica, reattiva, cinica, arrivata ai quarti per un mix di coincidenze che a questo punto non sappiamo più se fortunate o sfortunate. Eppure le aspettative alla vigilia erano molto diverse: la Tunisia veniva dal secondo posto alla Arab Cup di dicembre, dove aveva mostrato uno spirito propositivo e messo in mostra un talento eccitante di 18 anni, Hannibal Mejbri, che ad oggi è uno dei più grandi misteri della Coppa d’Africa. Forse anche le circostanze hanno indurito lo spirito della Tunisia: prima il debutto storto contro il Mali, poi il focolaio di Covid che ha decimato la rosa nei giorni scorsi. La resilienza è un fattore per vincere le competizioni, ma la Tunisia resta comunque una squadra con pochi picchi di stile, se escludiamo la bella maglia Kappa e un allenatore, Mondher Kebaier, con il look di Onassis.
Senegal
Probabilità di vincere: 17%
Stile: 5/5
Maglia da avere: #10 Mané
Una squadra dal potenziale enorme ma che ha dato l’impressione di muoversi con una zavorra attaccata, come quei tizi superpalestrati che per allenamento si trascinano dei grossi pneumatici legati alla cintola. La qualità della rosa è molto alta, forse la migliore tra le otto squadre, e sinceramente è difficile comprendere le ragioni di tanto appannamento considerando che il Senegal di Aliou Cissé era stato una squadra eccitante in tutti i precedenti appuntamenti internazionali. Le ragioni oltre al Covid, naturalmente, che in effetti è una ragione grossa quanto una casa: il Senegal è stato una delle squadre più colpite finora. L’incapacità di tradurre la mole di possesso palla in vere occasioni da gol, ad ogni modo, è qualcosa che va risolto: stiamo parlando di una squadra che ha segnato solo tre gol fin qui, di cui due in un’unica partita agli ottavi di finale, anche se d’altra parte è pure vero che non ne ha subito nessuno. Chissà, in una coppa d’Africa giocata da tutti al ribasso potrebbe anche bastare per svoltare il torneo, ma che noia.
Egitto
Probabilità di vincere: 20%
Stile: 4/5
Maglia da avere: #7 Trezeguet
L’Egitto di Carlos Queiroz sembra la squadra perfetta per arrivare fino in fondo. Squadra prudente eppure talentuosa, quadrata, difensiva, addestrata a puntino per la guerra di logoramento che è diventata questa Coppa d’Africa. I giocatori di qualità ci sono – Salah può accendersi improvvisamente, Marmoush non ci ha proprio eccitati ma i suoi dribbling sono sempre un fattore – e anche un tocco di street style che ci sta sempre bene – le treccine di Elneny sono pazzesche e perfette per essere disegnate sui muri del Cairo. Col suo 4-1-4-1 di cemento armato l’Egitto può benissimo farsi strada nella parte di tabellone più difficile, dove al prossimo turno già affronterà, in uno degli incontri calcistici più archetipici, il Marocco che con un gioco fluido e iper tecnico è la sua nemesi.
Camerun
Probabilità di vincere: 23%
Stile: 3/5
Maglia da avere: #8 Anguissa
Per come si sono messe le cose i padroni di casa possono davvero vincere. Sono arrivati fin qui col pilota automatico, senza fare niente di trascendentale, ma in fondo si sa che le squadre che ospitano i grandi tornei si muovono come animate da un’energia segreta, che l’entusiasmo diffuso fa da carburante per vincere le partite e generare altro entusiasmo. Anche la fortuna di aver sorteggiato le due squadre debuttanti, Comore agli ottavi e il Gambia ai quarti, è forse il segno che le forze più imperscrutabili dell’universo remano a favore. La qualità della rosa non è altissima, tutto ruota attorno a Vincent Aboubakar, alla sua vena realizzativa (che al momento è in splendida forma: un altro segno del fato) e alla sua aura di capo popolo che gli aggiunge sul viso almeno dieci anni in più ai 30 che ha. Abbiamo un grosso dubbio però: il Camerun finora non ha giocato nemmeno un big match.
Marocco
Probabilità di vincere: 27%
Stile: 5/5
Maglia da avere: #17 Boufal
Il Marocco di Vahid Halilhodzic ha tutto per vincere, il problema è che questa Coppa d’Africa sta dimostrando di odiare le squadre con un gioco definito e basato sulle associazioni creative col pallone. Il Marocco con il suo 4-2-3-1 tutto fluidità e fantasia però sta crescendo partita dopo partita: Hakimi sembra entrato nella sua dimensione di onnipotenza, Amrabat potrebbe dirigere anche il traffico dell’ora di punta e i trequartisti, be’, sono trequartisti marocchini (due nomi: Sofiane Boufal, più barocco, ha servito più passaggi chiave di tutti nel torneo; Selim Amallah, più minimalista, è a 1 gol e 3 assist in 4 partite). Le note dolenti sono la punta En-Nesyri che non sta incidendo come potrebbe, e la delusione per non poter vedere in questa squadra Hakim Ziyech. Vedremo per la prima volta un Marocco bello e vincente dopo anni di formazioni fortissime e inconsistenti?
A quanti gol sta Aboubakar?
6 in 4 partite. Con il gol segnato agli ottavi contro le Comore, uno stanco doppio passo che ha mandato a terra il portiere-terzino avversario, ha superato il record camerunese di gol in una singola edizione della coppa, che apparteneva a Eto’o (5 gol). Nel mirino il record assoluto appartenente a Mulamba, 9 gol segnati per lo Zaire in Coppa d’Africa 1974.
L’ottima serata di Dango Ouattara
Nessuno conosceva Dango Ouattara fino al 28esimo minuto di Burkina Faso-Gabon. Vent’anni da compiere a febbraio, appena 17 partite da professionista alle spalle, Ouattara era alla prima presenza ufficiale da titolare con la nazionale del Burkina Faso, in un ottavo di finale di Coppa d’Africa. Aveva esordito in nazionale lo scorso 30 dicembre, in amichevole contro la Mauritania, poi in coppa d’Africa ha saltato per Covid le prime due partite dei gironi, e debuttato nella terza partita entrando a mezz’ora dalla fine. Ouattara indossa la maglia numero 28, l’ultimo numero selezionabile per l’ultimo giovane arrivato nel gruppo.
In Burkina Faso-Gabon Ouattara parte dalla casella di attaccante destro del 4-3-3 ma in verità finisce per agire prevalentemente al centro, come seconda punta accanto a Bertrand Traoré, assecondando il classico movimento “a piede invertito” di un esterno mancino schierato a destra. Al 28esimo minuto c’è un intercetto del Burkina Faso al limite della propria area: Sangaré e Tapsoba sono bravi a far partire il contropiede e a far arrivare la palla a Ouattara che si trova nel cuore della trequarti difensiva; quello la controlla con il destro, se la porta avanti con un altro tocco, poi con il terzo tocco mette un filtrante di esterno-collo sinistro che gira in mezzo a due difensori del Gabon e incrocia la corsa di Traoré nel punto e nel tempo esatto. Uno di quei palloni che sembrano calciati dopo aver calcolato al millesimo tutte le variabili fisiche in gioco.
Da quel momento Ouattara ha cominciato a regolare a suo piacimento la qualità tecnica della partita, con tocchi delicati della palla, resistenze alla pressione, ricami a cucire il gioco sulla trequarti. Finirà la partita con 34 tocchi (uno dei valori più bassi tra tutti i 22 in campo) e 6 falli subiti (il valore più alto). In un match in cui tutti intorno a lui si accapigliavano e sembravano sputare sangue anche solo per addomesticare la sfera (un match che finirà con 15 ammonizioni e una espulsione) Ouattara ha giocato con una discrezione e una pulizia aliene rispetto al contesto. Ogni volta che Ouattara entrava in possesso, l’intero sistema di gravità della partita si alleggeriva. La lotta grigia e faticosa lasciava spazio a un momento di tecnica dolcissima.
Dall’estate 2020 Ouattara è un calciatore del Lorient, in Francia. In Burkina Faso si era formato nella Foot Plus Academy, poi è passato al club senior collegato all’accademia, il Majestic SC. Su internet si trova un articolo del 2018, quindi mentre Ouattara era alla Foot Plus, dove si dice che l'accademia aveva una collaborazione con il Bordeaux. Ad ogni modo però è il Lorient a portare Ouattara in Francia. Nella prima stagione gioca solo con la squadra B, in terza divisione. La scorsa estate ha firmato il suo primo contratto professionistico e quest’anno dopo tre partite in squadra B si è unito alla squadra maggiore, con cui finora ha accumulato 11 presenze in Ligue 1 e 1 in coppa di Francia. Nell’ultima partita di dicembre, prima di partire per la Coppa d’Africa, ha giocato tutti i 90 minuti ed è stato uno dei migliori in campo nel pareggio contro il PSG.
I migliori lanci di Troost-Ekong per Simon
Dice il saggio: la vera coppa inizia agli ottavi di finale. E infatti domenica scorsa la Nigeria, che negli episodi precedenti avevamo celebrato come la squadra migliore della fase a gironi, è uscita già al primo turno a eliminazione diretta contro la Tunisia, una squadra in piena emergenza Covid e che si era qualificata agli ottavi per un pelo. Una partita in cui la Tunisia ha teso una trappola semplice semplice alla Nigeria: raddoppiare (o anche triplicare) le marcature sugli esterni offensivi Chukwueze e Moses Simon, che con i loro dribbling erano stati fino a quel punto la principale arma offensiva delle “Super Eagles”.
Il fallimento contro la Tunisia, però, non cancella il buono fatto nella fase a gironi, dove la Nigeria aveva messo a punto una strategia ingiocabile per i suoi avversari: concentrare il possesso su un lato per poi aprire velocemente sul lato opposto, dove l’esterno di turno riceveva in isolamento e poteva puntare l’avversario davanti a sé. Un piano che ha funzionato anche grazie all’intesa clamorosa sviluppata tra William Troost-Ekong e Moses Simon: l’uno coi lanci in diagonale dalla casella di difensore centrale destro, l’altro coi controlli vellutati e i dribbling iper tecnici sulla sinistra. Abbiamo raccolto le migliori combinazioni tra i due lungo tutto il torneo, un modo per celebrare la Nigeria che nonostante l’eliminazione è stata una delle squadre più fiche della Coppa d’Africa.
4. Lancio morbido, controllo statico di collo, vs Egitto
Lancio: 7.9
Controllo: 9.4
Azione successiva: 5.0
Voto totale: 22.3
Una carriera molto “giocatore Udinese” – ha giocato in Olanda, Belgio, Norvegia e Turchia prima di approdare all’Udinese e poi al Watford – Troost-Ekong ha un amore non sempre ricambiato per i lanci lunghi. Ne gioca tanti nelle sue partite, ma non abbastanza per risultare nelle statistiche uno specialista. (Se volete approfondire, comunque, qui c’è un video intitolato “Troost-Ekong: The art of long passing”). Qui il lancio per Simon ha un coefficiente di difficoltà non troppo elevato: Simon non è pressato, e infatti tenta di stoppare il pallone con il collo del piede e tutto sommato ci riesce, anche se non pulitissimo. Poi nel prosieguo dell’azione si allunga troppo il pallone e non combina nulla.
3. Lancio morbido, controllo orientato di ginocchio, vs Egitto
Lancio: 7.4
Controllo: 8.9
Azione successiva: 8.9
Voto totale: 25.2
Qui il lancio di Troost-Ekong è preciso, ma anche molto morbido e lento. A valorizzarlo è però Simon: fa qualche passo all’indietro per riceverlo, poi già col primo tocco di coscia si prepara la mossa successiva: porta palla per diversi metri, ubriaca Trezeguet con un doppio passo e si prende il fondo, infine mette un cross di sinistro che però è troppo largo.
2. Lancio teso, controllo orientato di ginocchio, vs Tunisia
Lancio: 9.1
Controllo: 10
Azione successiva: 7.5
Voto totale: 26.6
Primo minuto di Nigeria-Tunisia e subito si capisce una cosa: la Tunisia, diveramente dall’Egitto, proverà a togliere a Simon un po’ d’aria, a farlo giocare in spazi più stretti. Qui il lancio di Troost-Ekong è un po’ più complesso per la vicinanza del terzino tunisino, più teso. Moses lo controlla divinamente in due tempi, prima col ginocchio e poi con il collo del piede destro, quindi viene chiuso da tre avversari e costretto sul piede debole, e il successivo cross di sinistro viene deviato in corner.
1. Lancio divinamente teso, controllo di pancia, vs Tunisia
Lancio: 10
Controllo: 7.1
Azione successiva: 9.6
Voto totale: 26.7
I due lanci più belli nella partita più fallimentare quindi. Forse un segno che troppa raffinatezza è incompatibile con l’efficacia. Che in Nigeria-Tunisia l’asse Troost-Moses era entrato già nel periodo manierista, nell’arte per l’arte. Il passaggio di Troost-Ekong qui è perfetto, passa vicinissimo al terzino tunisino che per un attimo pensa anche di arrivarci. Poi rimbalza a terra, e Moses lo controlla in modo poco elegante ma efficace, con il ventre. Poi Moses raggira il suo marcatore, trova un buco per servire Aribo che si è inserito in area, quello si apre lo spazio per tirare in porta ma viene murato in angolo.
Bonus: un’azione di Simon conclusa invece da Troost-Ekong, vs Guinea Bissau
Lo scambio di attenzioni tra Troost-Ekong e Simon è una forma d’amore? Cercarsi in campo con tanta insistenza equivale alla fase del corteggiamento in cui si fa tutto per farsi notare dall’altra persona? I movimenti, le finte, gli scatti in profondità diventano come quelle Instagram stories pubblicate apposta per avere la reazione dell’altro?
Nella seconda partita del girone, contro la Guinea-Bissau, Moses Simon costruisce la sua azione più psichedelica del torneo, la cartolina della sua Coppa d’Africa. Un cambio di direzione, poi un’altra sterzata, poi un doppio passo, infine si apre lo spazio per il tiro di sinistro ma prende la traversa. E tra tanti chi c’è pronto a raccogliere la respinta? Troost-Ekong.
Due numeri
Il collage sulla maglia delle Comore
La storia è ormai arcinota. Le Comore, alla prima presenza assoluta in coppa d’Africa e dopo la miracolosa qualificazione agli ottavi, hanno dovuto affrontare i padroni di casa del Camerun con due portieri positivi al Covid e l’altro portiere, Ben Boina, infortunato. In porta ci ha giocato (facendo una figura onestissima) il terzino Chaker Alhadhur, che ha indossato una maglia con il numero 16 del terzo portiere Ousseini su cui sopra ha appiccicato il suo numero 3 fatto con lo scotch. Ma la domanda è: se hanno potuto scrivere il nome di Alhadhur sulla maglia perché non hanno stampato anche il suo numero? Oppure, Alhadhur non poteva indossare una delle sue magliette, magari la seconda o la terza per distinguersi comunque dagli altri giocatori in campo?
I numeri enormi del Malawi
Dei numeri sfacciatamente, esageratamente enormi, i numeri come li farebbe la Beghelli se facesse maglie da calcio (la Beghelli è l’azienda che fa i telefoni coi tasti grandi per le persone ipovedenti, se non lo sapete).
Aggiornamento sui tiri da fuori di Barrow
Che l’attaccante del Bologna ha un’ossessione per tirare sempre, da qualsiasi posizione, anche quando sarebbe meglio fare altro lo sappiamo da tempo. Bombe tese e angolate dal centro della trequarti, oppure parabole più sinuose a giro sul secondo palo, sono il suo pane quotidiano in Serie A. Tuttavia è in Coppa d’Africa che Musa Barrow ha deciso che vuole rompere il contatore dei tiri da lontano. Nell’ultima partita contro la Guinea – vinta dal Gambia proprio grazie a un bel gol di Barrow, da dentro l’area però – l’attaccante ha aggiunto altri 4 tiri da fuori alla sua galleria, raggiungendo quota 13 tiri da fuori in 4 partite. Nel torneo ha tirato complessivamente 19 volte: questo significa che quasi 7 tiri su 10 di Barrow sono da fuori area. Naturalmente nessuno ha fatto più di lui.
Finora però Barrow non è stato molto fortunato. Ha segnato in tutto due gol nella competizione e tutti da dentro l’area, di cui uno su rigore. È stato sfortunato perché in due occasioni, su punizione, è andato molto vicino a segnare il tipo di gol che brama quando si mette a letto la sera, ma entrambe le volte ha preso la traversa. Una volta contro la Tunisia, una partita in cui l’autostima incrollabile di Barrow ha prodotto 7 tiri totali (!) di cui 6 da fuori area (!). Questa qua sotto invece è la traversa presa contro il Mali: la botta è così forte che la palla dopo il rimbalzo ritorna dove è stata calciata, a trenta metri dalla porta.
Le squadre che dobbiamo salutare
Gabon
La divisa del Gabon come cosplay del Brasile
Costa d’Avorio
Giocatori diventati leggende esoteriche di periferia (due nomi: Gradel e Seri), altri che sono andati via dall’hipsteria ma non puoi portare via l’hipsteria dal loro cuore (Haller, Zaha, Pepé, Kessié). Salutiamo la Costa d’Avorio e l’illusione che questo collettivo di bohemien potesse davvero avere la vittoria come fine.
Guinea
Quanto ha dato la Guinea a questo torneo. Naby Keita che dirige le operazioni come un direttore d’orchestra; Naby Keita che si mette in proprio e segna con una bomba contro lo Zimbabwe; Naby Keita che manca negli ottavi di finale e la Guinea perde. In sostanza: Naby Keita e basta.
Comore
“Hanno ridefinito il concetto di uscire a testa alta” è stato detto delle Comore. Immagina: ti qualifichi alla Coppa d’Africa per la prima volta nella tua storia, butti fuori il Ghana ai gironi e agli ottavi ti toccano i lanciatissimi padroni di casa del Camerun. Ti dici che non hai nulla da perdere e che il tuo l’hai già fatto, però comunque devi rosicare perché hai tutti e tre i portieri out e anche l’allenatore col Covid, il che significa che la partita più importante della tua storia devi giocartela con un terzino in porta e il secondo allenatore in panchina. Comincia la partita e dopo sette minuti ti espellono il capitano, comunque te la giochi, resti sempre in partita, di tanto in tanto sei anche propositivo e pericoloso in attacco. Prendi solo due gol e all’81esimo segni pure un gol pazzesco su punizione. Insomma, alle Comore gli abbiamo voluto un gran bene e la loro Coppa d’Africa sembra uscita dalla penna di Zerocalcare.
Capo Verde
Alcuni giocatori coi capelli strani e poco altro.
Nigeria
Una squadra che ha dato molto al calcio, ma anche molto al concetto di swag.
Mali
Squadra un po’ così e maglia un po’ così, che poteva anche essere bella ma poi qualcosa è andato storto (vale per tutto, per la squadra e per la maglia).
Malawi
Un grande torneo per nazionali non è un grande torneo per nazionali se non c’è un giocatore sconosciuto che a un certo punto si intrufola onnipotente nella nostra percezione, e poi viene eliminato agli ottavi o ai quarti. Il feticcio di questa coppa si chiama Gabaldinho Mhango, indossa la maglia psichedelica del Malawi, gioca in Sudafrica, in un club di culto con un logo di culto come l’Orlando Pirates, ha segnato 3 gol in 3 partite nel torneo e questo lo ha fatto in faccia a Hakimi. Detto questo, in che senso si chiama “Gabaldinho”?
La coppa d’Africa per la balding positivity
La coppa delle bandiere della Coppa d’Africa
Non si ferma il nostro torneo dedicato alle bandiere della Coppa d’Africa. Negli scorsi episodi (trovate qui il primo e qui il secondo) eravamo arrivati alla fase a gironi, oggi quindi ripartiamo dagli ottavi di finale. Pronti per lo spettacolo delle sedici bandiere migliori?
Ottavi di finale
Capo Verde-Marocco
Neanche inizia la fase a eliminazione diretta, e subito uno scontro tra due super big. La bandiera di Capo Verde ha il dono della chiarezza, la guardi e capisci subito che rappresenta un arcipelago ai tropici: tanto blu (un punto bellissimo di blu), una linea d’orizzonte, un circolo di stelle che simula un agglomerato di isole paradisiache.
Il Marocco è invece il contrario: più ermetica e regale, affascinante come una passeggiata al tramonto sotto le mura di Marrakech – quindi ormai bruciata dal brand Marrakech (pensateci, potrebbe essere benissimo l’insegna di un bar chiamato “Marrakech cafe”, e questo non è buono).
Vincitore: Capo Verde
Gambia-Egitto
Una bandiera, come simbolo di un intero popolo, deve essere un’immagine sobria ed eterna. Ma anche l’occhio vuole la sua parte quindi deve essere pure un’immagine bella. Un’immagine versatile nella contemporaneità. Con la bandiera del Gambia puoi dipingerci la testiera del letto, oppure fartela dipingere sugli specchietti della Mini. Quella dell’Egitto sembra invece il segnale di un posto di blocco.
Vincitore: Gambia
Burkina Faso-Malawi
Preferite una spilla originale dell’Armata Rossa o un tatuaggio massonico sul petto? Rovesciare il governo con la guerriglia nella foresta o mettendo in giro teorie del complotto a mezzo stampa? Le bandiere di Burkina Faso e Malawi simboleggiano due approcci diversi alla sovversione politica. Alla fine vincono gli oscuri diplomatici con il sole nascente sui bottoni della giacca.
Vincitore: Malawi
Mauritania-Costa d’Avorio
Un ottavo a occhio molto sbilanciato, ma per scegliere il vincitore useremo comunque un criterio di valutazione razionale.
In quali altre occasioni possiamo trovare la bandiera della Costa d’Avorio?
- insegna di un vivaio di piante esotiche;
- patch su una giacca di pelle in stile militare (tipo i giacconi Avirex o Alpha Industries);
- dove dovrebbe esserci una bandiera irlandese ma l’hanno montata al contrario.
Il problema è che la bandiera della Mauritania è così romantica da essere al di sopra di ogni uso venale. La bandiera della Mauritania ti invita a goderti il cielo stellato sorseggiando un tè alla menta.
Vincitore: Mauritania
Zimbabwe-Tunisia
Due bandiere che si sfidano troppo presto. Poteva essere almeno un quarto di finale questo. La bandiera dello Zimbabwe è bella da tenere appesa sul letto mentre scopi con in sottofondo Zimbabwe di Bob Marley. La bandiera della Tunisia era il simbolo del tuo collettivo studentesco durante le occupazioni al liceo, e la tieni ancora appesa in camera per ricordo.
Vincitore: Zimbabwe
Camerun-Gabon
Camerun e Gabon hanno due bandiere dalla struttura simile: tre fasce di colori diversi, anche se disposte con differente orientamento; hanno poi due colori in comune (verde e giallo) e uno diverso (rosso per il Camerun e azzurro per il Gabon). Va da sé, allora, che la qualità complessiva della bandiera si deciderà isolando per ciascuna bandiera il colore diverso, e vedendo come questo lega con gli altri due colori presi singolarmente. Per rendere ancora più complessa una cosa già molto complessa, per ogni coppia di colore cercheremo altre bandiere di tutto il mondo dagli stessi colori, e le useremo come termine di paragone. Sembra difficile, ma è più difficile a dirsi che a farsi.
Gabon
Colore da isolare: azzurro
Altre bandiere con associazione azzurro-giallo:
Ucraina, Svezia, Kazakhstan, Friuli-Venezia-Giulia.
Altre bandiere con associazione azzurro-verde:
Chattanooga (Tennessee), Elk (Polonia), Provincia di Sant’Elena (Ecuador)
Camerun
Colore da isolare: rosso.
Altre bandiere con associazione rosso-giallo:
Cina, Unione Sovietica, Nord Macedonia, Aragona (e tutte le derivate dal regno borbonico: Spagna, Catalogna, Napoli, Regno delle due Sicilie, Terra d’Otranto, Benevento Calcio).
Altre bandiere con associazione rosso-verde:
Bangladesh, La Paz (Bolivia), Portogallo, Transnistria.
A essere onesti, però, il Camerun ha anche una stella da considerare.
Altre bandiere bellissime con una stella:
Panama, Azerbaijan, Aruba, Venezuela, Turkmenistan (bandiera che probabilmente vincerebbe ogni contest di bandiere).
Vincitore: Camerun.
Algeria-Nigeria
In questo ottavo si sfidano due modi diversi di utilizzare le stesse materie prime. Uno scontro che non a caso la stampa ha definito con un po’ di sciatteria “derby bianco-verde”. Per capire chi passa bisogna porsi una domanda: quale significato assumono i due colori nelle diverse configurazioni?
La bandiera dell’Algeria custodisce una profonda spiritualità;
La bandiera della Nigeria ha rifiutato le metanarrazioni e non crede più a niente;
La bandiera dell’Algeria è incastonata nella ceramica delle scuole coraniche di Algeri;
La bandiera della Nigeria è il logo di un collettivo trap di Atlanta, Georgia;
La bandiera dell’Algeria ricorda un pezzo di Battiato o un salmo.
Vincitore: Algeria
Ghana-Guinea
Un'altra sfida tra due bandiere quasi uguali, ma il punto è che, proprio come nel calcio, tra Guinea e Ghana non possono mai vincere i primi. Le tonalità di rosso, giallo e verde della Guinea sono belle, ma nella bandiera del Ghana lo sono di più e poi sembra uscita da un fotogramma del Re Leone. Un’altra regola universale che possiamo trarre da questo ottavo è: quando una bandiera a strisce con un simbolo in mezzo incontra una bandiera a strisce senza simbolo, la bandiera senza simbolo è una bandiera infinitamente meno fica (per la stessa teoria la bandiera del Messico è cento volte meglio di quella dell’Italia).
Vincitore: Ghana.
Continua... ciao a tutti!
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