I Cavaliers sono tornati sul pezzo.
E stanno disputando una grande stagione.
Ad inizio stagione i dubbi sul roster dei Cleveland Cavaliers non solo erano consistenti, ma erano anche leciti: Darius Garland e Collin Sexton nel backcourt, due guardie a detta di quasi tutti incompatibili. Lauri Markkanen, Evan Mobley e Jarrett Allen nel frontcourt. Tre lunghi, di cui due (il rookie e Allen) veri e propri interior players, giocatori che danno il proprio meglio se giocano vicino canestro. Sia in attacco che in difesa. Sul finnico i dubbi erano e dal punto di vista fisico, e dal punto di vista di fit tattico con gli altri due. Ad uscire dalla panchina, Ricky Rubio e Kevin Love.
Siamo poco oltre la metà stagione e Cleveland ha 30 vittorie, 19 sconfitte ed è al momento davanti ai Brooklyn Nets ad Est. Tutto questo avendo perso per tutta la stagione oramai da tempo sia Sexton che Rubio, operati entrambi al ginocchio. Per la prima volta nel millennio, Cleveland è una squadra che ambisce ai playoff senza che a roster compaia il nativo di Akron, Ohio, Lebron James.
La posizione in classifica è meritata, e oggi i Cavs hanno tre giovani intrigantissimi, una eccellente chimica di squadra e possono dar fastidio a chiunque, come ben sanno anche i Brooklyn Nets, usciti con una sconfitta dalla Quicken Loans Arena una decina di giorni fa.
Darius Garland, a star in the making
Per capire tanto della stagione positiva dei Cavs, bisogna partire da Darius Garland, vincitore anche di un premio “giocatore della settimana” nella Eastern Conference, che sta giocando a livelli altissimi e crescendo partita dopo partita.
Nella settimana fra il 13 al 20 gennaio ha collezionato:
- 20 punti e 12 assist con il 50% al tiro
- 22 punti e 12 assist con il 52% al tiro
- 27 punti e 18 assist con il 55% al tiro
- 32 punti e 8 assist con il 44% al tiro
- 11 punti, 10 rimbalzi, 14 assist con il 27% al tiro, portando lo scalpo dei Jazz fuori casa.
Quattro vinte, una persa (con Chicago).
In tutto questo, in stagione sta tirando il 91% ai liberi e rischia di essere uno dei pochissimi a chiudere una stagione con oltre il 90% ai liberi e almeno 150 liberi tirati prima dei 22 anni. Prima di lui, Billups, Durant, Curry. Compagnia di lusso.
Darius è attaccante con eccellente ball handling, su cui è molto difficile difendere perché ha un modo di muoversi per il campo molto bouncy, saltellante, con uno stile fatto di fermate e ripartenze, senza mai chiudere il palleggio. Può attaccare il ferro, tirare dal midrange (47% in stagione), tirare da tre (37% in stagione con il 60% dei tiri che arrivano direttamente dal palleggio).
Quando va al ferro è pericoloso perché ha tante soluzioni, perché può passare e tirare indifferentemente, ma soprattutto perché ha una tendenza molto particolare: il suo floater, il tiro in corsa, lo effettua staccando con il piede destro (e tirando di destro, la sua mano forte). Solitamente si stacca con il sinistro per tirare di destro, questa sua particolarità manda in leggero fuori tempo il difensore, che non è abituato a difendere su quel tipo di movimento. È un giocatore non egoista, e gioca con Mobley e Allen che sono eccellenti giocatori di pick and roll. La difesa è spesso costretta a scegliere cosa lasciare, se un floater a Garland o una schiacciata di uno dei due lunghi.
In questo, la combinazione di Allen e Mobley risulta spesso letale per le squadre avversarie, in difficoltà nel difendere su due rollanti così atletici contemporaneamente in campo.
Vedendolo palleggiare nel traffico, senza mai fermare il pallone, con questa andatura cadenzata e al tempo stesso molto dinamica, quasi (ho detto quasi) viene da pensare a Steve Nash. Anche lui aveva la tendenza a chiudere al ferro staccando stesso piede della mano di tiro, e va da sé, Steve è stato uno dei più grandi tiratori di midrange ogni epoca.
Visione di gioco
Questo è un fondamentale in cui Darius in un anno è migliorato esponenzialmente. Come si dice in gergo, “il gioco sembra essere rallentato per lui”. Vede il gioco quella frazione di secondo prima che gli consente di servire i compagni con tempi giusti anche in spazi piccoli. Ad oggi è sesto in NBA per assist a partita, dietro a Maestri (M maiuscola voluta) come Harden, Paul, Young, Murray, Lowry.
Detto dei lob per Allen e Mobley, ci sono i passaggi in transizione effettuati sempre al momento giusto, a volte sparati come laser, a volte in lob a seconda di cosa è giusto per quel momento.
Il tipo di passaggio che lascia a bocca aperta è però quello effettuato attaccando a metà campo. Se batte l’uomo dal palleggio e qualche difensore va in aiuto, Darius sa trovare l’uomo libero sul perimetro con passaggi che tagliano il campo trasversalmente, soprattutto con la mano sinistra. Sono gioielli che spesso consentono ai tiratori di Cleveland (Markkannen, Love e compagnia) di tirare con un metro di spazio sul difensore. Tiri aperti, comodi.
Tiro
Anche qui, il suo stile di palleggio aiuta a preparare il tiro. Saltellando continuamente è molto complesso per un difensore capire quando stia per tirare, e Garland può tirare mettendo a posto i piedi e sfruttando un rilascio rapidissimo (0.5 secondi, per dare un riferimento Steph va a 0.42). In alternativa, riesce a rimanere in perfetto equilibrio anche quando tira in stepback o in side-step, che può effettuare indifferentemente a destra o a sinistra. Un rebus difensivo non indifferente. Questa sua capacità di allontanarsi dal difensore in una frazione di secondo è usata anche per fornire assist ai compagni. Quando riesce a lasciar dietro il difensore primario sul blocco, finge un side-step dal midrange cui spesso il lungo avversario si trova costretto a chiudere, lasciando il rollante libero di affondare al ferro.
I difetti – La metà campo difensiva
Per quanto sia sempre in equilibrio quando attacca, è spesso fuori equilibrio quando difende ed è in particolare difficoltà se deve inseguire gli avversari sui blocchi. Sui giochi a due spesso perde il suo uomo più per avere il corpo fuori equilibrio che per mancanza di voglia di difendere. In più, nonostante abbia eccellente visione di gioco nella metà campo offensiva, non sempre quella comprensione del Gioco viene trasferita nella metà campo difensiva, e lo si vede sbagliare spesso scelta su dove posizionarsi, o ritardare il momento in cui tornare sul proprio uomo dopo un aiuto a centro area.
Dove è già buono sono gli istinti. Ha istinti di primo livello, vedere uno sfondamento procuratosi con Harden nel finale della sfida con i Nets nella metà campo offensiva. Per quanto riguarda il resto, il margine di miglioramento c’è, esiste ed è abbastanza sensibile. Non ci sono particolari motivazioni strutturali per non poterlo vedere, un domani e con più esperienza, un difensore average NBA o qualcosa più su.
Evan Mobley, che impatto per il rookie
Se Cleveland è dove è in classifica, parte del merito è anche della scelta #3 al draft 2021. Il ragazzo è lunghissimo, ha istinti offensivi notevoli, una mano eccellente per il corpo che ha, e istinti difensivi già di primissimo livello. Ho detto primissimo, e lo dico credendoci sul serio.
Di lui impressionano due cose: i tempi di aiuto a centro area, che se non sono già élite oggi poco ci manca, e la volontà di confrontarsi difensivamente anche contro gli esterni avversari. Kevin Love, in un recente episodio del JJ Redick Podcast, ha paragonato questo desiderio a quello di un All Time Great, Kevin Garnett, sottolineando come Evan quando si trova a cambiare contro un piccolo si mette giù sulle gambe, allargando le lunghissime braccia per oscurare visuale e “intimidire” l’attaccante, ricordando proprio KG nell’atteggiamento.
Offensivamente spesso paragonato a Chris Bosh, ma sempre Love non si è detto pronto a scommettere su un “tetto” di crescita, per il suo giovane compagno di squadra. Va detto che è un talento. Può crearsi un tiro dal palleggio, presenza a centro area, gioca bene da rollante, corre bene il campo, ha un più che discreto gioco dal midrange, è estremamente coordinato e riesce quindi a gestire anche bene i contatti quando attacca il ferro, che sia dal post o fronte a canestro.
Devo dire che il suo gioco a due con Rubio era una gioia per gli occhi, ed è un peccato anche per questo che Ricky sia ora fermo ai box, con il contratto in scadenza. Difficile prevedere se lo spagnolo verrà rifirmato o se verrà magari scambiato prima della trade deadline per prendere un tassello più utile nell’immediato.
A tal proposito, Bill Simmons nel suo podcast sosteneva potesse servire un giocatore alla Eric Gordon, capace di far punti quando Garland è fuori, esperto, per provare a dare quel boost di cui i Cavs hanno bisogno per puntare con decisione ai playoff.
Dove siamo, cosa manca
I Cavs, contro quasi ogni previsione, sono da playoff. Possono arrivarci? Sì, al limite tramite play-in, ma possono arrivarci.
Possono passare un turno? Improbabile, ad oggi.
Sono giovani, hanno perso pedine importanti lungo la strada e Rondo, per quanto sia importante da chioccia, difficile possa dare un apporto così rilevante ai playoff.
Manca un pezzo e qualcosa in più, probabilmente. Fossi in Koby Altman, uomo delle decisioni Cavs (nonché President of Basketball Operations), mi direi che ho bisogno di un esterno, buon difensore, con punti nelle mani ma che non chieda tantissima palla, perché ho già Garland.
Tre nomi, giusto per giocare un poco. Sensati o no, servono a dare l’idea dell’identikit che può far fare il salto di qualità per giudicare Cleveland non più candidata ai playoff, ma a qualcosa di molto più serio:
- Bradley Beal. Sacrificare Sexton e Rubio (qualora Washington volesse liberar spazio), o separarsi da Love (meno sensato per i Wizards) potrebbe dare quell’upgrade di cui il backcourt di Cleveland ha bisogno, uno “scudiero” per Garland e tantissimi punti nelle mani sugli esterni.
- Andrew Wiggins. Discorsi simili, ma trade più complessa perché il guadagno di Golden State sarebbe proprio risibile, con Sexton veramente poco utile alla causa.
- Klay Thompson. Se, per qualche motivo, Golden State decidesse che la convivenza fra Klay, Wiggins e Steph è complessa in campo e al tempo stesso Klay non desse una certezza a livello fisico di poter tornare ai livelli precedenti i quasi mille giorni fermo per infortunio, potrebbe aprirsi uno spiraglio.
Sono tre trade complesse e direi improbabili. Ma anche per questo molto stimolanti.
La cosa certa è che mentre tutta l’NBA cerca di avere in campo un lungo, possibilmente che sappia aprire il campo, i Cavs di lunghi in campo ne hanno tre, e per cinquanta partite hanno avuto ragione loro.
È la mossa Kansas City.
“Loro guardano a destra, e tu... vai a sinistra.”
Ti potrebbe interessare
Dallo stesso autore
Newsletter
Iscriviti e la riceverai ogni sabato mattina direttamente alla tua email.