Considerazioni sparse sugli Australian Open di Jannik Sinner
Oggi una brutta lezione per Jannik, ma il futuro resta luminoso.
- Calice amaro. Cominciamo dalla fine. Da un epilogo che la stima per Jannik ci impedisce di prendere nella maniera consolatoria tipo hai fatto il massimo, va bene così, contro questo Tsitsi era impossibile. No: l’occasione era ghiotta ed è giusto soffrire per una sconfitta tanto secca da non ammettere repliche. Vero che il greco ha messo in campo la miglior versione possibile si se stesso – dopo un torneo di estrema sofferenza – ma bisogna anche ammettere che Sinner non è stato in grado di metterlo in difficoltà, anzi ha via via agevolato le sue certezze regalando il break iniziale (da 40-15) nel primo e nei successivi set. Ammettere questi limiti non significa una bocciatura, anzi vuol dire che la fiducia in Jannik è altissima e che da lui ci aspettiamo ancora di più in futuro;
- È stato il servizio a tradire. Intendiamoci, non è stato il disastro di qualche mese fa. Anzi, in tutto il torneo ha tenuto una discreta efficacia e si è visto in controluce quello che potrà essere in anni più maturi. Però questo fondamentale non ha fornito sufficienti garanzie nello scontro con il numero 4 al mondo – e già due volte semifinalista a Melbourne, tanto per capire di chi stiamo parlando -, che per contro ha servito in maniera impeccabile trovando punti rapidi che hanno rubato ritmo e fiducia al roscio di San Candido. In una partita del genere ci voleva più continuità in battuta per poi rosicchiare piano piano le certezze dell’avversario:;
- La chiave, per Tstitsipas, è stata la concentrazione spietata nei propri turni di servizio, cosa che ha spento ogni ardore sinneriano. Jannik ha trovato punti spettacolari ma senza la continuità necessaria per caricarsi: ogni sua prodezza era seguita e fiaccata da un paio di combinazioni veloci per il greco, che con l’uno due servizio dritto ha fatto sconquassi. Ma ciò che si è notato in negativo nei quarti di finale è stata la risposta, ovverosia uno dei punti di forza di Jannik: il coraggio e la capacità di accendere la partita, di sovvertire il senso unico dei turni di servizio. La capacità di minare le certezze dell’avversario e di approfittare impunemente dei suoi passaggi a vuoto è particolarmente evidente quando si tratta di affrontare tennisti dal numero venti/trenta in su (nei primi tre turni Jannik ha messo a segno 18 break). Certo, con i top five è un’altra storia, ma per vincere bisogna prima avvicinarsi ed è quello che Jannik sta facendo. Oltretutto succede anche tra loro: quando il livello è simile non c’è uno che vince sempre ma dipende dalle circostanze;
- Energia, pubblico e gestione. Tra la fine della stagione scorsa e il primo scorcio di questa, Jannik ha messo insieme una striscia di dieci successi consecutivi - peraltro quasi tutti netti - ed è arrivato a Melbourne in ottime condizioni, il che non è soltanto un caso ma significa che la programmazione e la preparazione hanno funzionato a dovere. Nei primi quattro turni, a difficoltà crescente, Sinner ha dimostrato di adattarsi bene al gioco avversario e ha saputo convogliare nella giusta maniera le energie che lo circondavano: anche quando il pubblico non lo sosteneva – vedi match con De Minaur – lui si è nutrito del clamore per trasformarlo in energia. Non è banale che un tipo freddo come lui riesca a creare empatia con il pubblico e con le farfalle. Buono a sapersi;
- Rome wasn’t built in a day. Ok, rimane negli occhi il rumoroso 3-0 con il diogreco e la discussione in proposito tiene banco sui social e sulle chat di impallinati del tennis. Eh sì, anche in questa nicchia a volte si ragiona di pancia, con logiche tifose non troppo distanti da quelle calcistiche. Ma la domanda vera, quella più giusta e profonda – e anche sensata visto che stiamo parlando di un ventenne – riguarda il futuro, questione ben più consistente di una singola sconfitta o occasione persa. E allora cosa ci portiamo a casa dall’Australia in ottica sinneriana? A nostro avviso tantissimo. Intanto lo dicono i numeri: alla nona partecipazione Slam Jannik raggiunge per la quarta volta gli ottavi di finale e per la seconda volta i quarti (su due superfici diverse, che non è un piccolo particolare), dimostrando una crescita decisa nella gestione delle energie nei primi turni. Quest’aspetto è fondamentale per uno che ambisce a grandi traguardi: abbiamo visto come lo scorso anno le vittorie tiratissime contro avversari evidentemente inferiori abbiano spesso intaccato pesantemente le riserve energetiche di Jannik. Il miglioramento da questo punto di vista lascia ben sperare, perché è una delle caratteristiche principali sulla strada di uno Slam. Tra l’altro questo risultato è stato ottenuto attraverso una profonda maturazione nella lettura del gioco: se soltanto un anno fa l’unica strategia era tirare più forte – cosa che nelle giornate scarse poteva permettere a un Bedene qualunque di entrare in risonanza, appoggiarsi e batterti -, adesso l’impressione è che Jannik sia molto più in grado di annusare l’aria come un lupo in caccia prima di scegliere il momento adatto alla zampata. Insomma, con tutti i se e i ma del caso, rispondiamo alla grande domanda in modo deciso e ci sbilanciamo: sì, questo ragazzo ha concrete possibilità di sollevare uno Slam, per i passi fatti e per quelli che farà, visto il suo approccio che lo porta a migliorarsi e ad apprendere dalle sconfitte così come a sfruttare le vittorie per aumentare l’appetito.
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