Considerazioni sparse su "Illusioni perdute", l'ultimo film di X. Giannoli


Tratto dall'omonimo romanzo di Honoré de Balzac, "Illusioni perdute" è un viaggio alle origini della società moderna e dei mezzi di comunicazione di massa.


- Francia, 1830 circa. Lucien Chardon/de Rubempré è un giovane poeta di provincia che trova nella baronessa Louise de Bargeton una mecenate, oltre che un’amante e una musa ispiratrice. Louise accompagna Lucien a Parigi in cerca di un editore, ma qui il debutto del giovane artista negli ambienti aristocratici è disastroso: la sua estrazione popolare è inaccettabile, e presto anche Louise dovrà smettere di frequentarlo per non compromettere la propria immagine. Rimasto solo e senza soldi, Lucien incontra Lousteau, un redattore di un giornale liberale e anti-aristocratico. Entrato al giornale Lucien riesce presto nella scalata sociale che desiderava, ma il prezzo da pagare è il tradimento dei suoi ideali romantici e artistici: Lucien abbandona la poesia per la spregiudicatezza del giornalismo, un universo cinico fatto di compromessi, fake news e recensioni di spettacoli teatrali comprate. Ormai entrato nella parte del giornalista corrotto, Lucien viene comprato da un giornale filo-aristocratico, ma il suo vecchio compagno Lousteau si vendicherà del tradimento tendendogli una trappola che lo screditerà nella società di corte, chiudendo definitivamente a Lucien le porte della nobiltà;

- È straniante scrivere la recensione di un film che per l’intera durata ti fa dubitare della bontà (dell’onestà) delle recensioni. Honoré de Balzac, autore del romanzo da cui il film è tratto, ha concepito l’opera principalmente come una storia romantica di disillusione. Un romanzo di formazione che metteva in scena il conflitto giovanile più archetipico: il passaggio dai sogni dell’adolescenza al pragmatismo del mondo adulto. I meccanismi viziati dell’editoria e del giornalismo, quindi, seppur mostrati nel romanzo, erano per Balzac quasi una componente distopica di contorno. Quello che lo scrittore non poteva immaginare, e che invece il regista del film Xavier Giannoli ha cavalcato benissimo, è che nel nostro presente quella distopia è diventata la realtà. Così, noi spettatori che nel 2022 guardiamo questo film in costume ottocentesco, abbiamo l’impressione di trovarci davanti a un prequel di Black mirror; nelle “anatre” lanciate dal giornale di Lucien – ovvero quelle polemiche inventate di sana pianta – riconosciamo le fake news odierne, nel pubblico pagato per fischiare/applaudire a teatro dei fake followers ante-litteram;

- Nella Restaurazione raccontata da Balzac/Giannoli la nobiltà dell’ancien regime ha ripreso il comando, ma al contempo il terremoto che è stato generato dalla Rivoluzione liberale sembra ormai irreversibile. Anche l’aristocrazia adesso è moderna; per sopravvivere è costretta agli stessi comportamenti della società borghese/capitalista: curare la propria immagine sui nuovi mezzi di comunicazione di massa (i giornali), preoccuparsi di influenzare l’opinione pubblica, esattamente come un imprenditore di cosmetici deve investire in pubblicità per vendere il proprio prodotto. Se l’ancien regime era un mondo immobile e definitivo, dove un cognome bastava come garanzia del valore di una persona, nella società post 1789 non esistono centri di gravità permanenti. Il potere va conquistato (comprato) quotidianamente, e così possedere i mezzi di produzione della pubblicità (i giornali) diventa il «Quarto potere» di uno Stato liberale;

- In epoca moderna (= della moda) i prodotti diventano merci, e il loro prezzo non coincide più con il valore qualitativo ma con il valore di mercato: questo significa che la componente pubblicitaria – cioè immaginaria – di una merce ne definisce il valore tanto quanto la sua utilità d’uso (anzi, in verità molto di più). Da qui gli spettacoli teatrali che in Illusioni perdute vengono acclamati o affossati indipendentemente dalla loro qualità, ma solo in base agli interessi di chi ha pagato la recensione. In un universo in cui tutto è merce e il successo passa dalla pubblicità, le recensioni e gli spazi sui giornali sono la merce più preziosa e anch’essi venduti al miglior offerente. In quest’ordine delle cose ha senso, come ha notato Gabriele Niola su Esquire, la somiglianza tra le redazioni-bordelli di Illusioni Perdute e gli uffici altrettanto schizofrenici di The wolf of Wall Street;

- In Illusioni perdute ci si dimentica di stare guardando un film in costume (il che mi sembra un punto di forza). In più, Giannoli è riuscito a spogliare l’opera di Balzac del moralismo di un romanzo di formazione romantico, per farne un viaggio alle origini dell’odierna cultura della post-verità. In un contesto in cui i giornalisti vengono battezzati «in nome della malafede» e diffondono fake news, in cui i valori classici sono scomparsi e l’unica regola è che è vero tutto e il contrario di tutto, il film di Giannoli mette in scena tutta una serie di inversioni di senso e di contraddizioni che invitano lo spettatore a rigettare le proprie certezze e abbracciare il pensiero controintuitivo: c’è un influente editore, Dauriat, che non sa leggere né scrivere; c’è l’idea che il tradimento è una forma di coerenza se praticato con continuità, e che la pubblicità negativa conta quanto quella positiva per vendere i libri (“l’importante è che se ne parli”, direbbe Oscar Wilde); ci sono dritte su come scrivere la recensione di un libro senza leggerlo (poiché il libro – cito – «potrebbe influenzarti») e un protagonista, Lucien, imprigionato in un limbo tra nobiltà e proletariato a partire dal suo stesso doppio cognome (de Rubenpré della madre aristocratica, Chardon del padre artigiano). Per tutta la durata del film, l’ambiguità e la duplicità degli eventi ci fa chiedere cosa stiamo vedendo davvero: un film postmoderno e disimpegnato o uno che crede ancora negli ideali romantici? Un racconto che si compiace del proprio nichilismo o un’allegoria su quanto è sconveniente abbandonare i propri principi? In fondo che differenza c’è: se ci credi troppo anche il nichilismo diventa un ideale.


Autore

  • Damiano Primativo (1992) è salentino e studente di Architettura. È nato il 23 dicembre come Morgan, Carla Bruni e Vicente Del Bosque.

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