Considerazioni sparse 11a puntata seconda stagione "Cachemire Podcast"
Dopo 15 anni sotto scorta, Roberto Saviano ha avuto il coraggio di rispondere alle accuse di chi lo vuole morto: "Fidatevi, non è così male Temptation Island". Questa e altre rivelazioni shock nella puntata 11 del Cachemire Podcast.
- Se con la puntata con ospite Matteo Berrettini non ci siamo contenuti con i complimenti, sostenendo serenamente che sia stata la migliore della seconda stagione e tra le più divertenti in assoluto di tutto il Podcast, con l'undicesimo episodio non potremo essere da meno. Ma non certo per le risate. Sì, perché l'ultima uscita di Cachemire Podcast consiste in un'ora e quaranta minuti in cui lo spettatore non riesce a distrarsi mai, troppo concentrato sui racconti ipnotici dell'invitato e - a tratti - costretto a mettere pausa per tornare indietro o segnarsi qualche appunto. Nonostante la durata - una tra le puntate più lunghe -, finisce troppo presto;
- Forse è una sensazione personale - sicuramente di parte -, ma tutto quello che avviene prima della presentazione dell'ospite sembra solo una grande attesa, un modo per prendere tempo, perché c'è la consapevolezza da parte dei due comici che i contributi - legittimi - che stanno fornendo per argomentare il tema della puntata, non potranno mai essere all'altezza di quello che verrà discusso successivamente. Nonostante questa sorta di "timore reverenziale" che aleggia nell'aria, si introduce il tema dell'episodio: gli hater. Edoardo e Luca, con il supporto di Tahir, cercano di descrivere e costruire la fenomenologia dell'odiatore e il suo processo "creativo", soprattutto quando avviene online: bello il prototipo dell'hater provetto, ossessionato dalla sua vittima, tanto da non riuscire a separarsi - anzi, è il primo dei suoi seguaci -, ma che esterna la sua disapprovazione seduto sul suo trono: il cesso. Intervistandosi a vicenda, il duo comico inizia anche confessarsi vicendevolmente le cose o le situazioni più disprezzate - tra l'altro largamente condivisibili -, come i passeggeri che si alzano appena l'aereo atterra o le commedie francesi con gruppi di amici dai nasi lunghi;
- Finalmente viene presentato l'ospite: Roberto Saviano. Chi, se non lui, per rappresentare la categoria degli ingiustamente odiati? Lo scrittore, sceneggiatore e giornalista italiano viene intervistato da Ferrario e Ravenna per oltre un'ora sulla sua vita da quando ha la scorta, sul pensiero verso chi lo odia e sul suo rapporto - interessantissimo - con gli Stati Uniti d'America. Soprattutto per quest'ultimo passaggio, la chiacchierata con Saviano ricorda molto quella che i conduttori ebbero con Gabriele Muccino, eccetto per un aspetto: non è servito l'interprete per capire cosa dicesse Saviano. Dopo questo personale commento, l'intervista prosegue e lo scrittore inizia a raccontare tutte le sfumature dei suoi hater, dai camorristi ai giornalisti con l'account fake (!), alle signore con le foto profilo di arcobaleni o nipotine capaci di invettive da bava alla bocca. Tutti, però, accomunati da un tratto distintivo: l'invidia. Attraverso questo viaggio nell'odio che da circa 15 anni perseguita Saviano, emergono molti spunti interessanti e curiosità meno note ai più, come la condanna per una finta rapina a mano armata inflitta a Pasolini o le accuse rivolte all'ospite di mentire sulla propria scorta, perché avvistato da un passante su una Twingo bianca presso una pompa di benzina a Caserta: neanche a dirlo, è stato scambiato per uno die vari uomini calvi in Italia. Situazione - racconta Saviano - che gli accade costantemente. Molto interessante e divertente, per quanto sia grottesco, è l'approfondimento sull'invidia e come questo sentimento sia vissuto diversamente in Italia e in USA, dove i malcapitati sono solo i milionari, non certo, come in Italia, chi riesce a realizzarsi: da guardare subito la parte in cui Saviano racconta la visione in compagnia della sfilata degli Oscar prima overseas e poi in Italia. Altro passaggio meritevole è lo "spiegone" sulle scorte e sulla pochezza dei suoi detrattori;
- Durante il lungo racconto che Saviano fa di sé, della sua vita e delle sue sofferenze, è encomiabile come Ferrario e Ravenna - letteralmente ipnotizzati dalle parole del loro ospite - riescano a calibrare magistralmente i tempi e il ritmo della puntata, utilizzando sapientemente la battuta per smorzare, talvolta, i picchi di legittima seriosità raggiunta, ma non volendo mai cercare la gag a tutti i costi, quasi per il timore di commettere il vero reato: interrompere le storie dello scrittore. Esatto, perché Saviano è un storyteller navigato, di talento, capace davvero di rapire il suo pubblico per ore, senza mai annoiarlo - vedi i programmi in Rai o le conferenze e interviste su YouTube. Nonostante però l'aurea di solennità che lo scrittore trasmette, c'è anche spazio per grande ironia, autoironia e - inspiegabilmente - "passioni" trash, come Temptation Island o Grande Fratello. Sempre parlando di televisione e cinematografia, si apre, inevitabilmente, il grande tema di Gomorra: con (mia) grande sorpresa, si scopre che la teatralità delle battute degli attori, spesso percepita come finta e macchiettistica, è necessaria in chiave camorristica e, inoltre, figlia delle citazioni autentiche a cui si ispira, cioè le deposizioni a processo di veri criminali. Inoltre, si affronta la questione dell'apparente influenza negativa sui giovani della serie: anche qui merita la visione dell'analisi che Saviano propone per scardinare l'infondatezza delle accuse a lui rivolte - davvero ancora è costretto a rispondere a queste incomprensibili insinuazioni?. Infine, il momento più alto della puntata è senza ombra di dubbio il racconto della vita negli Stati Uniti dello scrittore, degli aneddoti sugli italoamericani frequentati a New York e, soprattutto, della digressione sulle famiglie mafiose americane, e l'intervista a Joe Pistone aka Donnie Brasco: per favore, andate su YouTube;
- La parte finale della puntata è dedicata a un po' di sana promozione, infatti è da poco uscita la graphic novel scritta da Saviano e disegnata da Asaf Hanuka dal titolo "Sono ancora vivo", con cui l'autore cerca di raccontare e tematizzare la sua vita andando oltre le parole. Dopo un elogio - a tratti quasi incomprensibile - della decadenza che Castelvolturno rappresenta e trasmette, si cerca di abbassare - giustamente - i toni della puntata facendo un po' di doveroso circo sulla proposta televisiva ricevuta dallo scrittore per partecipare alla versione tedesca per intellettuali di "Uomini e donne": probabilmente uno dei pochi sketch della puntata, insieme a quello della Disney. Bene così però, questo episodio non poteva essere scritto e condotto diversamente. Purtroppo, poco prima della fine, ancora una volta c'è l'occasione di rabbrividire e intristirsi attraverso le parole dello scrittore, perché, dopo l'ennesimo aneddoto sulla folle genesi del tormentone de "l'attico a Manhattan" e le accuse di plagio, Saviano rincara la dose con: "Forza Napoli".
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