Considerazioni sparse post Roma-Sampdoria (1-1)
La Roma continua a palesare troppe difficoltà nei match in cui deve fare la partita.
- Dopo il grande exploit di Bergamo, la Roma è chiamata a confermarsi e a dimostrare di non essere una squadra monodimensionale, capace di far male agli avversari solo in transizione e in contropiede. Il test non viene superato e non si vedono miglioramenti all'orizzonte, nonostante una ripresa volenterosa e tutto sommato positiva, nella quale però la confusione ha avuto la meglio sulle idee. La ricerca sfrenata della verticalità porta la squadra a non saper nemmeno respirare con il pallone tra i piedi;
- Vanno dati i giusti meriti anche alla Samp, che disputa un buonissimo match, mettendo in mostra una fluidità posizionale davvero interessante e una capacità di adattamento invidiabile quando le defezioni a centrocampo iniziano a farsi pesanti. D’Aversa potrà non piacere come allenatore, ma dopo 2 ottime stagioni a Parma, quest’anno ha avuto il merito -dopo un brutto avvio- di tenere la barra dritta e il gruppo unito nonostante le note vicissitudini societarie, con un Presidente più dedito a partecipare a Pechino Express prima, e a richiedere gli arresti domiciliari poi;
- La gestione odierna dei cambi di Mourinho è quantomeno discutibile. Abraham rientra sul terreno dell’Olimpico zoppicando dopo i primi 45’ e dopo pochi istanti del secondo tempo è costretto a dare forfait. La scelta di puntare sul giovane Felix Afena Gyan, che ha caratteristiche molto diverse dall’inglese, priva di fatto la Roma di un riferimento offensivo di peso e complica anche la gestione dei cambi successivi. Al 67’ entrano Shomurodov ed El Sharaawy e passa a un 3-5-2 decisamente sbilanciato, con Mkhitaryan e Zaniolo mezzali e il Faraone a tutta fascia. Arriva il vantaggio, ma l’assenza di contromosse regala alla Samp spazi che poi saranno fatali;
- Candreva gioca una gara da uomo ovunque: parte come esterno destro ma solo nominalmente, dato che svaria su tutta la trequarti e a volte si abbassa per supportare la costruzione; poi si sposta sull’altra corsia, continuando a galleggiare negli spazi e colpendo anche un palo. La libertà concessagli quest’anno lo sta portando a picchi di rendimento che forse aveva raggiunto solo nel suo periodo laziale. Molto bene anche Gabbiadini tra le linee, utilissimo in non possesso nello schermare Cristante, mentre Askildsen sembra ancora un pesce fuor d’acqua;
- Nella Roma il migliore è Zaniolo, anche se continua ad avere un rapporto complicato con il gol: dai suoi strappi e dalla sua capacità di vincere duelli fisici è dipesa buona parte della pericolosità dei suoi. Conferme anche per Smalling e Mikitaryan, che delizia con giocate di rara intelligenza calcistica, mentre Vina torna sui livelli deludenti di inzio stagione e riesce nell’impresa di soffrire anche Bereszynski, quando questo viene avanzato come ala destra. I giallorossi chiudono l’andata al sesto posto con 32 punti, un bottino decisamente magro. Servirà fare di più, quantomeno per evitare di finire di nuovo nelle secche della Conference League.
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