La geometria secondo Antony
Il fantasista brasiliano dell'Ajax vede il campo da gioco in una maniera tutta sua.
“L’unico vero pilastro del calcio olandese è lo spazio”. Così lo scrittore inglese David Winner inizia un capitolo del suo libro “Brilliant Orange”, 350 pagine scritte per cercare di capire il Calcio Totale in tutta la sua essenza. Secondo Winner nessuno vede lo spazio come gli olandesi. E’ in primis una questione geografica. Nel Paese più basso del mondo, lo spazio è un bene prezioso, per cui gli olandesi combattono da anni, costruendo dighe, ponti e polder, nel tentativo di rubare più terra possibile al mare.
Questa visione dello spazio ha anche avuto un impatto sulla pittura olandese ad esempio, da sempre attenta in modo maniacale alla geometria, da Saerendam fino a Piet Mondrian e alla fotografia di Van Der Meer. In sostanza il paesaggio olandese, con i suoi spazi monotoni e geometrici, “ha plasmato il modo in cui gli olandesi vedono il mondo. E naturalmente, la loro opinione sul calcio”, per dirlo con le parole di Winner.
L’idea di poter cambiare le dimensioni del campo a proprio piacimento, allargando il fronte di gioco per attaccare e stringendolo per difendere, è stata la vera rivoluzione del Totaalvoetbal, un calcio incentrato su posizioni fluide e sull’importanza dei mezzi spazi, mentre secondo Van Gaal, uno dei grandi eredi di Johan Crujiff, i suoi giocatori “devono comprendere l’intera geometria del campo da gioco”. Da Crujiff a Neeskens, fino ai più recenti Bergkamp e Sneijder, i calciatori olandesi, rigorosamente scuola Ajax, hanno quindi sempre visto il calcio con uno sguardo diverso, con un occhio quasi geometrico e attento alla squadra nella sua interezza.
Sorprende come l’ultimo erede di questa generazione di giocatori, oltre a Frenkie de Jong, pur giocando nell’Ajax, non sia olandese. Antony, all’anagrafe, Antony Matheus Dos Santos, è, chiaramente, brasiliano. Nonostante questo, ogni volta che riceve palla, isolandosi in uno contro uno o associandosi con i compagni tagliando verso il centro, manovra a proprio piacimento l’intera squadra. Se le luci della ribalta adesso sono puntate su Dusan Tadic non si può ignorare però Antony, l’altro fulcro offensivo della squadra erede del Calcio Totale.
Dalle favelas all'Amsterdam Arena
Antony nasce in una favela di San Paolo. Cresce in una famiglia poverissima, in un ambiente duro ed ostile. Inizia a tirare i primi calci ad un pallone con degli scarpini presi in prestito, non avendo i soldi per comprarli. Nonostante i suoi ricordi di infanzia siano collegati a famiglie che soffrono, criminalità e perquisizioni della polizia, non nasconde come ci siano anche lati positivi nel crescere in una favela. Su tutti sottolinea, in più interviste, il senso di comunità che si genera all’interno della favela, e l’umiltà, necessaria per sopravvivere ed emergere da un ambiente così ostile.
Antony esordisce ad appena 18 anni con la maglia tricolor del San Paolo, sul finire del 2018. L’allenatore Fernando Diniz lo schiera da subito come esterno alto di destra, in un 4-3-3 molto “olandese”, dandogli continuamente fiducia per tutta la stagione. “E’ un uomo in grado di tirarti su quando le cose vanno male”, così parla Antony del suo vecchio allenatore. “Se crede in te, ti sostiene anche quando le cose vanno male, anche contro tutte le critiche dei tifosi”. Una fiducia per ora garantitagli anche da Ten Hag, che, dal trasferimento di Antony in Olanda, raramente rinuncia all’estro dell’esterno paulista.
Il suo acquisto da parte dell’Ajax ad inizio 2020 si inserisce in un processo di rinnovamento portato avanti dalla società olandese negli ultimi 10 anni. A fianco dei giovani cresciuti dal vivaio infatti, l’Ajax sta sempre di più puntando anche all’acquisto di giovani prospetti dall’estero. Anche arrivando a spendere cifre importanti. I 16 milioni spesi per Antony, inizialmente fanno storcere il naso a molti tifosi, convinti di trovarsi di fronte all’ennesimo esterno brasiliano con la mania del dribbling. I 10 gol segnati nel giro di 4 mesi, fanno cambiare idea praticamente a tutti.
Nel 4-3-3 di Ten Hag, Antony gioca da puro esterno d’attacco di destra. Per Ten Hag, che rivisita in chiave più moderna i dettami di Crujiff e Van Gaal, l’esterno d’attacco deve giocare il più possibile con i piedi sulla linea laterale, per sfruttare l’1 contro 1 con il diretto avversario e allargare gli spazi in campo. Nell’impostazione di gioco marcatamente olandese del tecnico di Twente, il talento di Antony è esploso praticamente all’istante. Le sue capacità in dribbling, unite ad un controllo di palla in corsa non comune, lo hanno reso semplicemente ingiocabile per tutte quelle squadre che gli hanno concesso, volontariamente o meno, di potersi isolare in 1 contro 1.
Ogni volta che riceve palla, sembra come percorso da una scarica elettrica, che lo anima quasi all’improvviso. Nel suo dinamismo però, a differenza di altri esterni d’attacco dribblomani, non c’è nulla di disordinato o di confusionario. Anche nelle fasi di gioco più concitate è sempre in grado di mantenere il controllo della situazione. Magari rallentando il ritmo con un controllo con la suola, vero e proprio marchio di fabbrica del brasiliano.
Un fantasista a 360 gradi
Se nelle movenze ricorda molti suoi connazionali, su tutti Neymar o l’ala del Leeds Raphinha, come stile di gioco ricorda molto di più un altro brasiliano, David Neres. Oppure un’ex conoscenza della Eredivisie come Hirving Lozano. Da un lato ha preso da Neres la capacità associativa anche nei cunicoli più stretti. Per gli spettatori dell’Amsterdam Arena è normale vederlo servire l’ultimo passaggio anche nei vicoli più congestionati dell’area di rigore come fosse la cosa più semplice del mondo.
Come evidenziato anche da Emanuele Atturo di Ultimo Uomo le sue capacità associative vengono esaltate “dal sistema jazzistico di attacco dell’Ajax e dalla sua abilità di giocare con i pieni e i vuoti del campo”. Antony diventa temibile non solo quando viene isolato sul lato debole per allargare il campo, ma anche quando diventa il lato forte della catena di fascia. La sua visione di gioco è già di qualità superiore, e lo dimostra la sua capacità di capire quando allargare il fronte d’attacco per arrivare al cross, o stringerlo, magari dribblando verso il centro del campo. In sostanza, in pochi vedono un campo da calcio come lo vede Antony.
Da un altro crack della Eredivisie come Hirving Lozano, Antony pare aver rubato invece la capacità di finalizzazione. Negli ultimi metri Antony è un giocatore incredibilmente concreto, molto poco “brasiliano”. I suoi gol molto spesso sono poco appariscenti, soprattutto se comparati a tutto ciò che lo porta a costruirsi il tiro. Nel suo score realizzativo non ci sono gol da trenta metri o in acrobazia, la maggior parte sono magari il più classico dei piattoni aperti sul secondo palo.
Per Antony però è perfettamente normale. La sua elasticità, unita ad una reattività muscolare fuori dal comune, lo rende imprendibile negli spazi stretti e in grado di costruirsi occasioni nitide anche nel pieno dell’area di rigore. Occasioni che non hanno bisogno di una finalizzazione complessa. Nella sola Eredivisie ha già realizzato 14 gol con 34 tiri in porta, il tutto in poco meno di 40 presenze da titolare. Una media realizzativa (0,35 gol a partita) che non si discosta di molto dagli 0,39 XG registrati su 90 minuti, a dimostrazione della bontà delle occasioni che si crea.
Proprio come El Chucky, anche Antony si è abbattuto sulla Eredivisie come un fulmine a ciel sereno. Contro le non proprio irresistibili difese del massimo campionato olandese, Antony si è da subito trovato come nel proprio giardino di casa, senza almeno apparentemente soffrire il passaggio dal Brasileirao al calcio Europeo.
Lui stesso, in un’intervista rilasciata ad As, ha spiegato il cambio di prospettive, con il passaggio dal Brasile alla Eredvisie. “Quando sono arrivato in Europa ho dovuto fare un cambio di mentalità rispetto al Brasile: qui fare gol è la cosa più importante, mentre al San Paolo dovevo spendermi di più nelle varie fasi di gioco”. Un paradosso, se pensiamo al calcio Brasiliano, ben spiegabile dalla particolare realtà dell’Ajax e della Eredivisie, un campionato dove il divario tra le varie squadre è spesso importante.
Nonostante le prove dominanti sfornate contro le modeste difese della Eredivisie, la migliore prova di Antony con la maglia dei Lancieri arriva in una freddo mercoledì di Novembre in Champions League. Contro il Borussia Dortumnd, in una partita in cui l’Ajax rimonta i gialloneri con un secondo tempo spaziale, Antony vince per distacco il premio di migliore in campo. Serve a Tadic l’assist del pareggio, ad Haller quello del sorpasso e, come se non bastasse, quello dell’ 1 a 3 a Davy Klaassen. Tutti serviti dalla corsia di destra, messa letteralmente a ferro e fuoco per 90 minuti, sfruttando appieno le difficoltà della difesa a 4 del Borussia nel difendere l’ampiezza. In mezzo procura anche l’espulsione (severa a dire il vero), di Mats Hummels, con una giocata di suola da giocatore di futsal.
Nella partita con il Borussia, tutte le qualità di Antony sono emerse con una violenza disarmante. Sulla fascia destra è semplicemente andato ad un altra velocità per tutti i 90 minuti di partita, mantenendosi sempre largo per permettere di sfruttare il lato debole. Ha fatto impazzire Hannes Wolf. Ha scherzato più volte Witsel, la mezzala che scalava in raddoppio, con una serie di triangoli e uno-due con Tadic da far vedere e rivedere nelle scuole calcio. Più in generale, appena Antony ha aumentato i giri del motore, tutto l’Ajax ha accelerato, a dimostrazione del peso che ha già sui meccanismi di squadra. E al momento l’Ajax è una delle migliori macchine da gol d’Europa. Quando accelera Antony, l’Ajax non ci mette molto ad arrivare in porta.
Il futuro di Antony
Su Antony, da un paio di mesi a questa parte, stanno già suonando le sirene dei più importanti club Europei. Il Manchester City sembra il più convinto tra i possibili futuri acquirenti, nonostante l’Ajax sia una squadra in grandissima crescita. Una squadra in crescita che al momento è la realtà perfetta per un giocatore come Antony, uno che, come detto, vede lo spazio “alla olandese”.
Così come il Calcio Totale era basato su una differente flessibilità spaziale, anche questo Ajax di Ten Hag si rapporta con il campo da gioco come se fosse qualcosa di modificabile nelle dimensioni. Da allargare quando bisogna attaccare l’avversario e da restingrere quando invece si va in riaggressione. Sotto questo punto di vista Antony, con le sue corse in isolamento, i suoi uno due nello stretto, la capacità di venire ad associarsi dentro il campo, è la chiave perfetta per allargare o stringere il campo a piacimento. Non siamo davanti all’ennesima ala dribblomane, ma ad un fantasista funzionale, perfettamente inserito nel contesto di un nuovo Calcio Totale, di una delle squadre più divertenti d’Europa.
Ti potrebbe interessare
Dallo stesso autore
Associati
Newsletter
Iscriviti e la riceverai ogni sabato mattina direttamente alla tua email.