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Considerazioni sparse 8a puntata seconda stagione "Cachemire Podcast"


L'ultima puntata di Cachemire parla di campioni: non solo Ferrario, c'è anche spazio per Berrettini.


- Parliamoci chiaro: l'ottava puntata di Cachemire Podcast è senza ombra di dubbio il miglior episodio di questa seconda stagione. Sì, perché, oltre a trovare un Edoardo Ferrario particolarmente ispirato, capace di infilare una decina di battute improvvisate da manuale, l'ospite del giorno dimostra una disponibilità smisurata nello stare al gioco, calandosi perfettamente nello spirito della pseudo-intervista, ma soprattutto stupendo lo spettatore per l'umiltà con cui racconta se stesso e la sua vita da campione. Parallelamente, troviamo un Luca Ravenna totalmente in estasi per un'ora, non in grado di realizzare di essere a soli 20 centimetri da uno dei suoi idoli tennistici contemporanei, e con anche l'occasione di potergli fare domande a ruota libera e senza filtro. Questo senso di adorazione che prova Ravenna per tutta la puntata si traduce anche, a tratti, in un parziale accantonamento della componente comica che, comunque, viene sopperita dallo strapotere di Ferrario che, non essendo particolarmente coinvolto a livello emotivo dalla situazione, riesce a tenere altissimo il livello della puntata, non lasciando allo spettatore il tempo di riprendersi dalla battuta precedente, perché già pronto a stenderlo con una nuova. Disclaimer fondamentale: chi scrive non sa assolutamente nulla di tennis - come tutti gli sport in generale in realtà -, quindi, per il bene di tutti i lettori, ci si limiterà a riportare i fatti senza alcun tipo di opinione velleitaria sul tema;

- Il tema della puntata è - parlando di campioni - il concetto di "primeggiare" nello sport, come nella vita. L'argomento viene affrontato da più punti di vista, iniziando prima con riflessioni più personali, come l'essersi mai sentiti i primi della categoria in qualche ambito - come al solito non stupisce la musica per Ferrario e l'ossessione per lo sport di Ravenna -, sorprendendo però lo spettatore con la scoperta dell'enorme successo nazionale raggiunto da Tahir da giovanissimo nel mondo del "trapping": ecco il primo degli innumerevoli siparietti della puntata, con cui Ferrario e Ravenna immaginano il loro videomaker come il nuovo Monicelli. Come anticipato, Ferrario dà subito vita ad un'altra gag - a proposito dei mitomani nel mondo del business - che verrà poi riproposta nell'arco di tutto l'episodio, cioè l'imprenditore milanese che ha portato il biologico in Italia e soprattutto le noci macadamia: dopo due stagioni di Podcast è evidente che l'imitazione che Edoardo fa dei milanesi è più veritiera e convincente dei milanesi stessi. Chiedendo invece a Cecilia quale fosse il suo grande talento - cioè le grandi doti negoziali a favore dei suoi assistiti -, si crea un altro grande momento comico, grazie anche all'involontaria partecipazione dell'assistente della moglie di Ferrario, sulla sfrenata tendenza dei siciliani a dover primeggiare nella cucina. Infine, prima di introdurre l'ospite, il duo comico avanza alcune ultime interessanti riflessioni sull'importanza dell'antagonista per poter primeggiare, migliorarsi ed evitare un prematuro declino - nello sport, come nel cinema, vedi De Niro vs Al Pacino - e sulla percezione del successo altrui come fonte di invidia: altra gag memorabile sui crudeli condomini napoletani nei confronti del nuovo portiere;

- Arriva finalmente il momento tanto atteso, l'introduzione dell'ospite, il tennista italiano Matteo Berrettini che non ha certo bisogno di presentazioni. Matteo non è nuovo a questo tipo di esperienze, infatti lo scorso giugno è andata in onda una puntata di Una Pezza di Lundini nella quale è stato intervistato - come solo Valerix sa fare - e si è anche prestato ad uno dei momenti più alti dello show: una partita di tennis con ogni tipo di racchette. Come detto nella prima considerazione, il tennista italiano ha contribuito magnificamente alla riuscita di questa puntata grazie a una buona dose di autoironia - merce ormai rara - e raccontandosi in maniera piuttosto intima e umile. Partendo quindi con gli aneddoti di infanzia sui proverbiali "campi di periferia", Berrettini ripercorre la sua esperienza sportiva che lo ha portato, prima, a raggiungere la consapevolezza di "potercela fare" nel mondo del tennis e, poi, a traguardare l'Olimpo del ranking ATP, fino alla celebre finale di Wimbledon di questa estate. Durante questo racconto, si inseriscono diversi sketch di livello: l'onnipresente metafora con la parmigiana di melanzane - Benedetta Parodi e Benedetta Rossi come Federer e Djokovic -, i parallelismi con la mancata carriera tennistica di Ravenna, i tifosi che cercano di insegnare come si tiene in mano una racchetta e gli improbabili messaggi di congratulazioni delle cariche istituzionali dopo il match a Londra. In questo mare magnum di intermezzi comici, però, c'è anche spazio per scoprire - sicuramente è così per i turisti del tennis come me - alcune curiose sfaccettature di chi pratica questo sport a livello agonistico, come gli espedienti per eliminare la tensione appena entrati in campo - "spezzare il fiato" sin da subito -, i riti scaramantici pre-partita, il punto di svolta mentale dopo il primo set vinto e, soprattutto, il fattore psicologico come arma decisiva per questo tipo di lavoro. Proprio su quest'ultimo aspetto si torna a ridere forte, grazie all'incontenibile Ferrario e alla sua versione dei mental coach che ti aiutano a capitalizzare i tuoi errori;

- Parlando del rapporto tra Berrettini e i grandi italiani del passato, c'è modo di esplorare le differenze tra il tennis contemporaneo e quello di un tempo, relativamente ai compensi, alla preparazione fisica e al contesto storico: inevitabile un siparietto ad hoc del duo comico che si immagina un ipotetico match tra boomer nostalgici del fascismo. E proprio sul tema del boomerismo che si apre la divertentissima parentesi del tennis come esercizio politico tra i professionisti di Roma: qui Berrettini racconta la sua paradossale esperienza nei campi frequentati da avvocati e giudici, scatenando Ferrario e Ravenna nelle imitazioni di questi ultimi durante i match - esilarante la ricostruzione della conversazione tipo ad inizio partita, il momento sinceramente più devastante della puntata (non credo di riuscire a smettere di usare questo termine perché davvero rende l'idea, perdonate la ripetitività) - è l'ennesimo intervento magistrale di Ferrario che, durante il racconto delle dinamiche sull'invito ricevuto da Berrettini a partecipare al Met Gala e, nello specifico, sulle decisioni dell'abito da indossare, si prende la scena con poche parole: vedete la puntata, non si può spiegare. Anche Carmelo, però, riesce a rendersi protagonista in questa puntata, sfornando 3/4 perle tra domande all'ospite e aneddoti imbarazzanti: da menzionare la curiosità sul nome che Berrettini vorrebbe dare al suo ristorante una volta conclusa la carriera sportiva e l'amico 60enne che interruppe la scuola per i tornei di bridge. Impossibile poi non menzionare un altro momento di freestyle - breve, ma intensissimo - con cui Ferrario e Ravenna imitano Luciana Litizzetto a Che Tempo che Fa: siamo tutti curiosi di sapere cosa avessero assunto i due prima della registrazione per essere così esplosivi;

- Purtroppo questa puntata ha una conclusione, francamente nessuno avrebbe mai voluto che uno spettacolo del genere potesse mai volgere al termine. Negli ultimi minuti ci si concentra su alcuni sport alternativi, chiedendo all'ospite qual è la sua posizione rispetto al trend esponenziale del fenomeno del padel, il quale, secondo l'iperbolica  visione di Ferrario, sta snaturando i centri sportivi delle città italiane e non solo come è stato per le campagne colombiane, dove i campi di caffè sono stati destinati alla coltivazione delle piante di coca. Concludiamo, infine, con gli ultimi bei momenti da segnalare: la surreale e divertentissima metafora della parmigiana di melanzane per spiegare ai giovanissimi come approcciarsi al tennis e un retroscena del primo incontro tra Berrettini e Federer nel 2015.

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