L'album dei sogni, il nuovo romanzo di Luigi Garlando
Luigi Garlando (giornalista per la Gazzetta dello Sport e scrittore italiano) nel suo romanzo "L'album dei sogni", uscito il 26 ottobre 2021 in tutti i bookstore, suggella la consacrazione dei "Panini" attraverso un racconto che radica le sue fondamenta in due elementi prettamente chimici: passione e romanticismo.
Con il passare degli anni il “Festival dello Sport di Trento” include via via un numero crescente di appassionati sportivi che decidono di recarvisi, ammaliati dalla platea ricca di nomi illustri pronti a narrare le rispettive storie sportive di successi contemporanei e non.
La stagione estiva avvolta dall’estasi collettiva per i colori azzurri accosta alla manifestazione la nomea di “Attimo Vincente”, portando il susseguirsi degli incontri a collimare in questa istanza alle vicissitudini che ruotano intorno alla celebre famiglia modenese “Panini”. Essi, nei primi anni 60’ vennero invasi da uno pervasivo spirito imprenditoriale che li portò a far nascere l’immagine prediletta tutt’ora oggi ai bambini, la figurina. Parlarne sarà piacevole, raccontando soprattutto la storia di una famiglia che abbia avuto il merito di accomunare intorno a sé pensieri, opinioni e considerazioni prestigiose, raccolte tutte intorno al comune denominatore della genuinità nelle rispettive azioni.
La dolce vita dei Panini
L’imprescindibile “unità” fa sì che vengano sviscerati valori profondi, sotto i quali con certezza si può affermare che ne risiedano i successi avuti: brillantezza e semplicità sono di fatto le costanti che li hanno portati in auge pur mantenendosi sempre umili, saldi ai loro principi. Vivendo a Modena è concepibile che una famiglia benestante di riflesso sia attratta dall’acquistare una Ferrari, oppure uno yacht sul quale trascorrere le vacanze estive in riviera, ma così non successe: in questo senso la Fiat e l’Alfa Romeo erano sufficienti per racimolare linfa e colmare la loro auto soddisfazione.
Le loro menti erano proiettate verso qualcosa di più importante, che nella tristezza e nel dolore della morte del padre di famiglia Antonio Panini nel 1941 permise alla moglie Olga Cuoghi di venire a conoscenza della messa in vendita di un’edicola nei pressi del duomo di Modena.
Il cordoglio ricevuto diede la forza alla donna per ripartire, la quale si vide costretta nel sobbarcarsi tutto il peso di una famiglia composta da ben otto figli, equamente distribuiti nel genere, con quattro uomini e quattro donne. E così, al tramonto della seconda guerra mondiale, l’edicola in centro a Modena aprì i battenti a quello che nel corso degli anni diventò l’impero dei Panini, anche se inizialmente come tutti gli investimenti lo si poté classificare equivalente ad un azzardo.
I figli Franco, Benito e Veronica erano coloro indicati ad essere i tre gregari riuniti intorno alla madre nell’esercizio di famiglia, con il “jolly” Umberto che, invece, lavorando inizialmente come meccanico alla vicina casa automobilistica “Maserati” era chiamato ad essere il luogotenente nelle ore in cui il gallo esprimeva i propri acuti. La storia di Umberto è suggestiva, ma impressa nella sua mente rimane la storica frase del fratello Giuseppe che, nel dirgli “l’America è qua” lo esorta nel tornare da un viaggio che proprio Umberto stava compiendo in Venezuela. Egli tra i fratelli Panini era quello visto maggiormente come il più stravagante, in grado di trovare un qualsiasi pretesto per organizzare una festa o una ricorrenza in famiglia in cui tigelle e gnocchi fritti potevano solamente accompagnare.
La passione non è cieca, è visionaria
Il desiderio di libertà ed innovazione pervade l’epoca successiva alla rovinosa guerra mondiale, portando le generazioni di nuovo a poter sognare: l’uscita del fumetto è una calamità embrionale che porta il consumatore ad appassionarsi alle raccolte, o meglio alle strisce di raccolte. Era il momento storico dell’uscita del fumetto Tex, un personaggio immaginario che grazie al fascino dell’ambientazione da film Western è riuscito a farsi amare dal pubblico sui generis.
Sin da subito le doti creative di Olga vengono messe in risalto: l’intuito la porta ad escogitare l’idea delle “buste a sorpresa”, una metodologia per riesumare i fumetti ancora a scaffale inserendoli in una raccolta all’interno di un normalissimo packaging per raccomandate. Al consumatore finale verrà offerto il preludio a quello che molto semplicemente diverrà la canonicità dell’effetto sorpresa delle storie e dei contenuti agglomerati al suo interno. Il talento sprigionato in queste primordiali iniziative porta il primogenito Giuseppe ad immaginarsi e poi concretamente ad avvicinarsi al core business per cui i Panini vengono tutt’oggi celebrati.
Giuseppe percepì che il desiderio dell’ignoto, della scoperta, della sorpresa racchiuso all’interno di un involucro plastificato potesse giustificare gli investimenti intellettuali ed economici che da quell’istante in poi la famiglia intraprese. Il buonismo ed il permissivismo vennero accantonati e fu così il momento d’iniziare a rendere tangibile ciò che fino ad ora si celava solo nei più remoti dei sogni.
È pur vero che il focus iniziale non incentrò il boom su cui ricadde in successiva istanza la magia del “ce l’ho, manca”, ma l’idea di un album di figurine con oggetto dei fiori non distolse l’attenzione da ciò che fu il loro progetto. Il terrore del fallimento non li scosse dai saldi pilastri ideologici, tant’è vero che venuti a conoscenza della nota casa editrice milanese “Nannina” gli fu sin da subito chiaro il business che da li in avanti avrebbe agglomerato a sé passioni. I mondiali di calcio del 1958 e l’eleganza del fenomeno Pelé supportarono i Panini a manifestare il loro tacito assenso a ciò che l’edizione “Nannina” gli consigliò: ci si apprestava ad imbattersi nell’epoca della fioritura del calcio. È sulle orme di questi tratti che nacque una delle più affascinanti avventure imprenditoriali italiane, devota al quotidiano desiderio di ricercare la motivazione per rientrare a casa, dalla propria famiglia, con il sorriso stampato sulle labbra.
Se puoi sognarlo, puoi farlo (Walt Disney)
La convinzione che la nuova direzione fosse quella giusta da percorrere non ebbe falde, se non per alcune diatribe in merito agli investimenti che la famiglia avrebbe dovuto compiere: “Questi sono soldi di famiglia, rischiate di mandarci in bancarotta” diceva il fratello Benito palesemente scettico sul da farsi. Da un lato è si vero che la reingegnerizzazione del focus imprenditoriale avrebbe potuto provocare la miseria famigliare, ma ciò detto agli occhi di Giuseppe Panini questo non era un rischio prettamente calcolato. Il fatto che ognuno dei componenti famigliari avesse nel suo percorso intrapreso una ben che minima esperienza lavorativa accrebbe la consapevolezza di riuscita, riducendo concettualmente la potenziale avversione al rischio e la conseguente percentuale di fallimento.
“Facciamole noi le figurine, non andiamo a comprarle”. Poter contare su Umberto che all’unisono era conosciuto come “l’uomo macchina”, in virtù delle sue esperienze lavorative nel settore della metalmeccanica, portò in primis a Giuseppe il pensiero home-made della fabbricazione dei macchinari appositi per la ristampa e la preparazione del packaging delle figurine. Umberto fu, infatti, il prototipo ideale di risorsa prettamente operativa, a cui vennero affidati ruoli tecnici legati all’industrializzazione e alla produzione massiva di figurine, che nel lungo termine portò all'instaurazione di un tessuto pressoché indissolubile. Il 1961 fu l’anno del primo album fotografico Panini.
Dalla teoria alla pratica il costrutto fu, così, presto definito. A quel punto la sfida ricadde sul come cercare di espatriare dai confini provinciali la propria intuizione, dal come far conoscere in tutta la nazione lo spirito dei Panini, da come portare nelle case degli italiani la genuinità che fu alla base dei propri investimenti. Il bacino di utenze con le quali i Panini si trovarono a commercializzare iniziò ad essergli stretto, l’abito non era più comparabile alla misura ideale delle ambizioni famigliari. Spostando il focus sulla distribuzione e commercializzazione del proprio business, essi sfruttarono ogni singola qualità proveniente dal proprio nucleo interno, e non solo. I fratelli Benito ed Umberto erano abili nelle attività manuali, nell’evitare perciò che i costi di manodopera esterna diventassero una chimera insormontabile soprattutto nelle prime fasi del ciclo di vita dell’attività imprenditoriale; Franco era abile nei conti (nel monitorare la contabilità delle finanze di famiglia), mentre il buon Giuseppe era il designato speciale nella ricerca di nuovi acquirenti in grado di sposare appieno la nobile causa.
I Panini stavano finalmente concretizzando quanto di buono desiderato nel corso degli anni ed una chiave di ciò fu proprio la conoscenza diretta della propria rete distributiva. Per far sì che l’edicola sia rifornita immediatamente ed i bambini non restino nemmeno un giorno senza i loro idoli, la famiglia si impegnò in viaggi lungo tutto lo stivale per conoscere direttamente chi avrebbe collaborato con loro nel diffondere il gergo del collezionismo, delle raccolte, dell’emergente business sulla quale si stavano cimentando, in modo tale da elevare il dinamismo nelle possibilità di approvvigionamento. “Questa risorsa che ora collabora con noi prima era un barbiere, la nostra vicina di casa fa ora parte della nostra cerchia, il fruttivendolo del centro del paese ci aiuta nel promuovere l’album parlandone ai suoi clienti”, e così via.
Dal Maciste Bolchi al mito del "Pizzaballa"; il successo lo si ottiene nel distinguere l'uomo dalla figurina
La prima figurina stampata fu quella del centrocampista “Maciste Bolchi”, avente il primordiale ritratto di una normalissima fototessera. Ma quella che più di tutte attirò le macumbe dei collezionisti fu il mito del “Pizzaballa”, definita dagli addetti ai lavori come introvabile. La leggenda narra che il giocatore non sia mai esistito, tutt’ora oggi ogni volta che lo si ascolta o lo si intervista un ricordo su quella incredibile storia viene comunemente esaltato da forti gag. In realtà accadde, semplicemente, che il portierone dell’Atalanta degli anni 60’ non si presentò nel momento dello “shooting” per via di un infortunio e così si fu costretti a posticipare il ritratto a qualche settimana più tardi, nel momento però in cui le figurine vennero già lanciate in produzione.
Il mito del Pizzaballa rappresenta al meglio come l’unicità della figurina possa fare breccia nei cuori degli appassionati sportivi, da come, ovvero, una plausibile motivazione che causi la rarità nell’averlo nel proprio album porti la platea a catalogarlo come un esemplare incomparabile a nessun’altra casistica.
Agli occhi di un bambino che si appresta a completare la collezione ogni calciatore a suo modo rappresenta un quel non so che di unico ed apprezzabile, che gli permetta durante uno scambio, ad esempio, di pretendere più figurine per una soltanto, poiché quella raffigura l’eroe, il prescelto, il personaggio da cui ci si vuole lasciare ispirare per essere un giorno in grado di ripercorrere le sue gesta. Anche il mito del Boninsegna in quegli anni ebbe il suo credito, la faccia da bandito che trasmetteva ai collezionisti (Cfr. Luigi Garlando durante la presentazione del libro al Festival dello Sport di Trento, 9 Ottobre 2021) lo contraddistingueva, trasmettendo sicurezza e forza a chi la possedeva.
Le figurine Panini sono tutt’ora un modo per saziare la propria insanabile voglia di sport, anche se sicuramente il fascino primordiale della raccolta è diminuito rispetto ad un tempo.
Aveva avuto ragione la casa editrice milanese “Nannina”, sul fatto che il calcio sarebbe stato oggetto di una repentina crescita di “entertainment” a partire dalla seconda metà degli anni 90’. Oggi giorno la ridondanza e massiva quantità di notizie che quotidianamente vengono trasmesse sulle piattaforme di narrowcasting si ripercuotono nelle menti dei fan, portandoli talvolta allo stremo e all’essere oberati da queste notizie. In quegli anni non si aveva la matematica certezza di osservare con assiduità immagini di calcio in televisione, il gioco era considerato come un tabù ed una cosa sacra sulla quale ci si poteva avvicinare nel weekend, quando su Radio Uno - “Tutto il calcio minuto per minuto” – o nelle prime TV in bianco-nero si potevano osservare i propri beniamini. Ora, invece, è diventata la normalità.
Ciò detto, il nocciolo ed il fascino della figurina è rimasto attivamente presente. Essa continua a mostrare l’immagine sacra, l’involucro sul quale riporre i propri sogni nel poter diventare un giorno come colui che sto bramando: trasmette forza e consapevolezza, permettendo ad ognuno di calarsi in una realtà paradossale avvolta in un contesto ornato ad immagine e somiglianza del campione rappresentato. Una cosa che resterà eterna.
“Una volta parlando di figurine con Gianluca Pessotto, mi disse che molti pensano che diventarlo sia una cosa estremamente difficile, poiché significa ottenere il successo e la massima realizzazione personale del sogno che ci si era prefissati sin da bambini. Distaccarsi dall’anonimato e diventare una figurina da appiccicare su un album è si difficile, ma non è sicuramente il percorso più complicato. La strada più ardua la si incontra una volta dopo esserlo diventati figurina, nel cercare di mantenersi uomo, saldo ai propri valori e continuando a ripensare ai sacrifici che hanno permesso di raggiungere la cima più elevata della scalata. Questo è un passaggio che non riesce a tutti.
Luigi Garlando, Sabato 9 Ottobre, 2021.
Una storia di valori
La famiglia Panini comprò l’edicola nel centro modenese nel 1945. Impresso sui muri e sul luogo dove fu eretta l’edicola oggi permane la famosa rovesciata di Carlo Parola.
L’ex garzone di fabbrica Wainer Vaccari (entrato a 15 anni a far parte dell’attività famigliare modenese) scolpì una statua in memoria dell’emblema che contraddistingue il marchio in tutto il mondo, la rovesciata. Durante una normalissima pausa dal lavoro venne notato dal fratello Franco Cosimo disegnare tremendamente bene a mano libera, ma così bene dal convincersi nello spostare Wainer all’interno dell’ufficio grafico aziendale. Ad oggi Wainer è un pittore italiano riconosciuto in tutto il mondo e tra i tanti meriti ebbe, nel 1970, anche quello di progettare il disegno del celebre emblema delle figurine Panini.
In un periodo alquanto traballante ed incerto come quello che si sta vivendo, una storia di rinascita legata ai nostri giorni imprime una forte sensazione di fiducia ed ottimismo: anche quando non si sa come fare per rialzare la china dopo una significativa disgrazia (la morte del padre di famiglia Antonio), Olga insieme alla sua famiglia dimostra di saper intraprendere una strada che li porterà al successo, nel modo più semplice e pulito, senza né ostentare né sfoggiare. Una storia che, probabilmente, solo nell’Italia che rinasce dopo la guerra poteva avvenire, nell’Emilia-Romagna del boom economico, della Ferrari, della Maserati e del calcio che si appresta a diventare un fenomeno popolare, che come protagonisti è giusto che abbia avuto proprio la famiglia Panini.
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