Padel in Italia: quota 4000 campi, ma cosa succede dopo il boom?
Tutti vogliono giocare a padel. Tutti vogliono costruire un campo da padel. Sono i numeri a dircelo e la passione continua a crescere in Italia. Con numeri da vero boom, nel Belpaese ci sono oggi ufficialmente 4012 campi di Padel, una crescita percentuale del +120% da gennaio (censimento Mr. Padel Paddle). Statistiche importanti, ma cosa sta succedendo dietro le quinte del padel, un fenomeno per ora totalmente spontaneo?
“Il Padel è come un veleno, entra nel tuo corpo e rimani infettato per sempre”
(Paquito Navarro)
Chi cavalca l'onda
Che il padel avesse grandi potenzialità mediatiche si era già visto con i tanti calciatori e VIP che ne sono diventati i primi ambasciatori popolari. Bobo Vieri, Totti, Ibrahimovic e anche Diego Armando Maradona. Se n'è accorta anche Sky Sport, che dal 2021 ha comprato i diritti per trasmettere l'intera stagione del World Padel Tour, il circuito dei grandi.
Fino al 2020 le partite del WPT erano disponibili gratuitamente in streaming su Youtube, con telecronaca originale, prima che il servizio venisse confinato per la fruizione della sola nazione spagnola e Sky Sport entrasse in gioco coprendo l'intero anno di padel.
(Pur di ascoltare la "locura" dell'inconfondibile telecronaca spagnola con Lalo Alzueta e Seba Nerone, c'è chi si è rivolto persino ai metodi informatici di Aranzulla, eludendo il blocco. Ma alla fine anche il canale italiano ha arruolato opinionisti interessanti come Gustavo Spector, CT della Nazionale italiana, e il poliedrico Hugo Sconochini, ex leggenda del basket, ricercando quelle influenze ispaniche su cui il padel pone le proprie radici e la sua verve appassionata).
Cosa sta facendo la Federazione?
Il Padel in Italia è gestito dalla FIT, la federazione italiana tennis, ma lo sforzo principale per diffondere il nuovo sport attualmente si deve ai privati, imprenditori che hanno deciso di aprire nuovi campi, spesso a livello provinciale, incontrando per loro fortuna un grande successo di pubblico. Per ora la Federazione ha "incassato" i frutti del grande boom del padel, tra tasse federali e nuovi iscritti (si pensi alle tante nuove tessere "agonistiche", più di nome che di fatto, dello scorso inverno, unico modo per avere accesso ai campi in tempi di pandemia...).
Ai proprietari dei piccoli circoli non arriva sicuramente sostegno economico, cosa difficile, ma soprattutto è mancata un'organizzazione del calendario federale "dall'alto", volta per esempio a facilitare l'inserimento del padel nel contesto tennis, con gli eventi principali che si sovrapponevano oscurando il nuovo sport.
Gioco o sport: la deriva VIP
La situazione appare chiara. Per ora non sembra esserci l'intenzione di costruire un movimento sportivo: il padel resta un bel giochino redditizio, ma non ancora uno sport. E non è detto che debba diventarlo. L'attenzione federale sembra rivolgersi alle grandi piazze, ai circoli importanti come quelli milanesi e romani, mercati con una grande affluenza di pubblico e il fattore glamour portato dai VIP che si sono appassionati al nuovo sport (e ne hanno intravisto le potenzialità di business).
La tendenza è quella di dirottare tutte le risorse e gli eventi su queste grandi piazze, tornei compresi. Non è un caso che il solo evento italiano del WPT si giochi in Sardegna, terra che sa sfruttare tali derive glamour-turistiche. Una logica di raggruppamento attività da big corporation, economicamente comprensibile (bisogna cavalcare il boom), ma che pone la domanda fondamentale. Che cosa vogliamo che il padel diventi?
L'autogestione all'italiana: il privato in Italia vince sempre
In Spagna ci sono oggi più di 30.000 campi e tra i primi 20 giocatori al mondo ben 9 sono spagnoli. Quello spagnolo è un movimento partito molto tempo fa, con i primi campi costruiti negli anni '70 (qui il link che racconta come nacque il padel). In Italia il primo campo di padel arriva nel 1991, ma il boom vero è avvenuto solo qualche anno fa. I pochi italiani tra i primi 150 al mondo sono tutti spagnoli "adottati." Ma a quando il primo italiano nei top 10?
Forse presto, ma nel caso i segnali sarebbero affini a quanto visto nel tennis con Berrettini e soprattutto Sinner. Prodotti italiani frutto dell'approccio dei loro singoli allenatori e delle loro Accademie private, che la FIT ha poi opportunamente deciso di appoggiare con le proprie risorse materiali (campi per allenarsi, wild card, staff ecc. ecc.).
Pur cavalcandone l'onda, la Federazione resta in realtà piuttosto guardinga sul padel, osserva gli sviluppi del fenomeno, cogliendone i successi ma senza azzardare uno sviluppo che parta dal basso, tra tornei capillari e una classe di istruttori che possano alzare il livello del gioco. Non è detto che non lo faccia in futuro. Ma escluse le grandi città, il padel si sviluppa ora in Italia come fenomeno autogestito.
Cosa diventerà il Padel: l'ipotesi "calcetto"
Il rischio per il padel potrebbe essere di diventare un gioco simile al calcetto. Un pallone pressostatico, un custode, il dopolavoro.
Non serve più neanche il temutissimo decimo: di giocatori ne bastano quattro. Per le sue caratteristiche strutturali, in primis la facilità del gioco (in poco tempo chiunque può arrivare a giocare una vera partita) il padel somiglia molto al calcio a 5 e gioca il ruolo di alternativa facile al tennis. Caratteristiche molto positive per l'aggregazione sociale e il business ma che senza cultura sportiva e supporto tecnico lasciano per ora il padel più nella dimensione del gioco che dello sport.
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