
- di Gabriele Moretti
Come funzionerebbe il mondiale ogni due anni?
Proviamo a capire cos'hanno in testa Infantino e Wenger quando propongono di giocare il Mondiale ogni due anni: è realmente fattibile? Come andrebbe riorganizzato il calendario? Quali sarebbero i pro e contro di un cambiamento del genere?
A seguito di una proposta avanzata lo scorso maggio dalla Federazione dell'Arabia Saudita e di uno studio di fattibilità riguardo le modifiche del calendario internazionale, da diversi mesi il presidente della FIFA Gianni Infantino promuove con insistenza l’idea di un Campionato del Mondo a cadenza biennale.
Lo studio in questione è stato commissionato da Arsene Wenger, ex storico allenatore dell’Arsenal attualmente a capo dei progetti di sviluppo globale della FIFA. Inoltre, ben 166 delle 210 federazioni membri della FIFA hanno approvato il finanziamento della ricerca. Tuttavia, come abbiamo visto in questi ultime settimane, resta una fortissima resistenza al progetto guidata dai principali competitors dei mondiali di calcio: la UEFA e il Comitato Olimpico Internazionale. Intanto, parlando a L'Equipe, Wenger ha spiegato che alla base della proposta non vi è solo l’aumento di frequenza delle Coppe del Mondo, ma anche un grande piano di riforma del calendario che garantirebbe più tornei ma meno “pause nazionali” durante l’anno, più opportunità per le nazioni di ospitare e partecipare ai mondiali e contemporaneamente club che soffrono meno interruzioni dalle partite internazionali.

Quindi cosa si farà?
Uno degli obiettivi già raggiunti da Gianni Infantino è quello di avere un mondiale più grande, che dia spazio a più nazioni (quello del 2026 in USA, Messico e Canada sarà il primo a 48 squadre) che dia più spazio alle nazionali di minore tradizione calcistica. Se in molti sostengono che questa sia una mera strategia elettorale, visto che la sua elezione è stata costruita sul consenso dei tantissimi “pesci piccoli”, va detto che la sua è anche una visione democratica del sistema calcio, che vuole offrire più risorse, più visibilità e anche più chance di vittoria a chi finora ha avuto ben poco di tutto questo.
Per arrivare a ciò, però, Infantino ha compreso che la FIFA ha bisogno di maggior potere finanziario e commerciale. All'interno della FIFA, proprio come accaduto nel curioso caso della Super Lega, si è diffusa anche l’idea che un torneo quadriennale sia un modello obsoleto. Un anacronismo in un mondo guidato dai social e dalle notizie flash 24/7, e che per attrarre il pubblico più giovane, e di conseguenza gli sponsor, servano più eventi di altissima qualità. Infine ci sono le richieste delle singole nazioni, Arabia Saudita in testa, che chiedono la possibilità di ospitare anche loro un’edizione.
Organizzarne uno ogni due anni consentirebbe alla FIFA di dare possibilità a nazioni che si sono candidate molte volte senza mai ottenere un Mondiale, quali Cina, Inghilterra, Marocco, Spagna e Argentina, che altrimenti potrebbero dover aspettare per decenni.
Chi si oppone al piano?
Principalmente la UEFA.
Diverse fonti hanno dichiarato che la UEFA considera il piano nient’altro che un modo per ridurre il potere dell'Europa all'interno del “gioco” a livello globale. In una lettera a Football Supporters Europe (FSE), il presidente Ceferin ha detto di avere "gravi preoccupazioni" riguardo questa proposta. Ha anche accusato la FIFA di aver lanciato una "campagna di pubbliche relazioni" senza aver prima consultato confederazioni o campionati nazionali.
Da decenni se non da sempre, il calcio europeo è il motore del calcio mondiale, avendo i principali campionati nazionali, i club più ricchi e la Champions League. E l’anno prossimo saranno vent’anni che una nazionale extraeuropea non vince un mondiale: l’ultima fu il Brasile nel 2002. Tuttavia, la crescente dipendenza finanziaria delle principali squadre europee da sponsor e proprietari asiatici - vale a dire Qatar, EAU, Cina, eccetera – e nordamericani ha spostato molti equilibri di potere e ha dato alla FIFA l'opportunità di sostenere una revisione radicale del calendario internazionale.
La Confederazione Africana (CAF) si è mostrata particolarmente interessata e il sostegno sembra stia crescendo rapidamente anche in Asia. D’altra parte, a ben vedere, chiunque tranne l’Europa avrebbe da guadagnare sostituendo il proprio torneo continentale con un mondiale.

Quali sono i punti chiave del progetto?
Wenger ha proposto di condensare le qualificazioni due in due sole pause, una a marzo e una a ottobre, con gruppi di quattro squadre che giocano soltanto sei partite per qualificarsi, offrendo anche – sempre secondo l’ex Arsenal – più emozioni e più spettacolo.
Il tutto è ancora in alto mare, quindi i dettagli ci sono ancora sconosciuti, ma sembra che le squadre che occupano le ultime posizioni del ranking come Andorra, San Marino e Gibilterra dovrebbero giocare una sorta di pre-qualificazione, in modo da sfoltire il numero delle nazionali in ballo. Wenger ha aggiunto anche che la "bellezza e il prestigio di un torneo" dipendono dalla sua qualità e non dalla regolarità con cui si gioca – opinione difficilmente confutabile – e suggerisce che giocare ogni due anni offrirà al mondo partite internazionali di altissimo livello e tornei memorabili.
Ma tutto ciò, si potrebbe fare davvero?
Se per esempio si tiene conto di una pausa di circa 25 giorni dopo un torneo estivo di quattro settimane, ovvero quello che è normalmente ritenuto necessario dagli staff medici e dai calciatori stessi, ciò equivarrebbe a quasi due mesi con i giocatori lontani dai loro club. Se poi consideriamo che i club più importanti sono normalmente impegnati – pandemia permettendo – in redditizi tour di amichevoli precampionato in altri continenti, si capisce come il problema non sia soltanto una questione di calendario, visibilità, soldi e potere tra FIFA e UEFA: c’è chiaramente anche un’importante e difficilmente sanabile attrito tra i desideri di Infantino e le esigenze delle grandi squadre, ovvero quelle che, ci piaccia o no, sono le colonne portanti del calcio mondiale sotto ogni punto di vista.
Inoltre, ridurre le pause a sole due all'anno sembra un’ottima idea, ma una qualificazione al Mondiale può essere ridotta a sole sei partite? La UEFA ha 55 nazioni affiliate e, anche in una Coppa del Mondo a 48 squadre, avrà soltanto 16 partecipanti: questo significherebbe 14 gruppi. Se così fosse, ci sarebbero alcuni gruppi dominati dalle nazionali più forti e altri molto poco interessanti, tutt’altro che gli "high stakes and high emotions" che Wenger ritiene necessari. Discorso ancor più complesso per la CAF, che ha 54 nazioni membri e solo 9 slot in una Coppa del Mondo a 48 squadre. La matematica nelle loro qualificazioni sarebbe ancora più complicata. Il Sud America, invece, avrebbe sei qualificate su dieci nazioni, quindi le qualificazioni si risolverebbero in un paio di partite… c’è qualcosa che non torna!

Quali potrebbero essere i lati positivi?
Pochi tra tifosi, giocatori, sponsor o emittenti televisive rifiuterebbero di godere dello spettacolo di una Coppa del Mondo biennale. I tradizionalisti potrebbero lamentarsi della diminuzione del valore simbolico del torneo, ma questo è un aspetto totalmente soggettivo e discutibile.
Aumentare la regolarità dei mondiali aiuterebbe anche a risolvere il problema politico e geografico di un'equa distribuzione dei proventi, anche immateriali e di prestigio, di partecipare o persino ospitare un mondiale. L'Africa ha organizzato una sola Coppa del Mondo – quella del 2010 in Sud Africa – mentre il Marocco si è candidato in ben cinque occasioni. L'Inghilterra, casa del campionato più seguito al mondo e zeppa di stadi e infrastrutture all’avanguardia, non ospita un mondiale dal 1966.
Ci sono troppi paesi che sono disposti e in grado di ospitare una Coppa del Mondo che continuano a rimanere a bocca asciutta. Un torneo biennale garantirebbe certamente una diffusione davvero globale dei tornei negli anni a venire, contribuendo alla crescita culturale, economica e simbolica del calcio in luoghi dove tradizionalmente è uno sport di seconda o terza fascia. Questo consentirebbe un serbatoio di calciatori molto più ampio, nuove possibilità e nuove prospettive, nuove “scuole” tattiche, ma anche nuovi investitori e nuovi mercati che permetterebbero un’espansione delle rendite commerciali di cui gioverebbero tutti.
Questo articolo è uscito in anteprima su Catenaccio, la newsletter di Sportellate.it.
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Genovese e sampdoriano dal 1992, nasce con tempismo perfetto per perdersi lo scudetto del 1991 e godersi la sconfitta in finale di Coppa dei Campioni. Comincia a seguire il calcio ossessivamente nel 1998, coronando la prima stagione da tifoso con la retrocessione della propria squadra del cuore. Testardo, continua a seguire il calcio e cresce tra Marassi e trasferte. Diplomato al liceo classico, si laurea in Storia e intraprende la via del nomadismo, spostandosi tra Cadice, Francoforte, Barcellona e l’Aia. Per coerenza, decide di specializzarsi in storia globale e migrazioni e, nel frattempo, co-dirige il blog SPI – Storia, Politica e Informazione. Crede fortemente nel valore del giornalismo indipendente, sportivo e non, come argine al declino deontologico dei colleghi professionisti.
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