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, 26 Ottobre 2021

Marvin Vettori, un vero orgoglio italiano


Riflessione ad alta voce e a cuore aperto su Marvin Vettori, il migliore fighter italiano di Mixed Martial Arts in circolazione, protagonista di un "sogno" incredibile da cui anche il più cinico e smaliziato degli appassionati non riesce ancora a svegliarsi.


Chi vi porge queste righe fatica a dirsi fan di un singolo atleta, con quella fedeltà cieca e quella passionalità spesso associata agli sport di squadra. Mi viene naturale rispettare l’impegno che un professionista infonde nella sua ragione di vita, altrettanto fisiologico è apprezzare la bontà di una prestazione o la bellezza di un determinato gesto tecnico. Un altro conto però è identificarsi in una maniera profonda con quella che rimane comunque una persona, sconosciuta nelle sue molteplici sfaccettature come tante con cui entriamo anche vagamente in contatto. Fondamentalmente imperfetta come tutti, con differenze di opinioni e comportamenti o, peggio ancora, atti più o meno deprecabili dentro e fuori dal campo che possono mettere a disagio chi se ne definisce un seguace.

Tale discorso si applica a maggior ragione agli sport di combattimento, il cui carattere “estremo” rispetto ad altre discipline tende ad accentuare certi sentimenti (spesso citati a sproposito come onore e rispetto, dovuti a chi mette a repentaglio la propria salute più di altri su base quotidiana). Aumentando al contempo, però, il rischio di essere delusi, se non proprio disgustati, al primo incidente di percorso o a un’uscita dialettica poco felice di un determinato fighter. Poi ci sono anche ragioni illogiche, istintive, “a pelle” si direbbe nel colloquiale, che possono influire su quei complicati meccanismi che regolano dentro di noi i poli opposti dell’amore e dell’odio.

Tutta questa premessa per dire che, pur da grande appassionato di MMA, non riesco a definirmi un tifoso di Marvin Vettori, perlomeno nell’accezione enunciata poco sopra. Non lo conosco direttamente, non ci ho mai parlato o scambiato anche solo un’interazione sui social, quindi non c’è nulla di personale. In passato non mi sono piaciute alcune dichiarazioni e azioni relative alla sua professione di mixed martial artist e non solo, spesso fatico a cogliere l'infatuazione nei suoi confronti che sembrano avere alcuni miei "compagni" di sport preferito, con sperticati elogi nei bei tempi o critiche persin troppo feroci in quelli brutti. Se ne farà ampiamente una ragione il diretto interessato, lo imiterà giustamente il lettore di questo articolo, ma il punto non è questo. O meglio, ne fa parte entrando in contrasto con tutt’altro tipo di sensazioni e atti consequenziali.

Perché, nonostante tutto, i suoi match li guardo più volte, cosa che non mi capita spesso di fare con altri incontri meritevoli di un “rewatch”. Compatibilmente con un minimo rispetto dei ritmi circadiani, rimango sveglio fino a tarda notte o mi alzo presto alla mattina per non perdere una sua performance in presa diretta. Nell’attività di umile “voce” che racconta il mondo delle Mixed Martial Arts (anche per questa testata che gentilmente mi ospita), provo a fare sempre uno sforzo extra rispetto al solito per presentare o analizzare una sua contesa (con il prezioso aiuto di persone più competenti in materia di me). E, nelle rare occasioni in cui le MMA spuntano fuori nelle private bolle informative o relazionali, faccio il possibile per esaltarne senza iperboli le vittorie e la loro importanza in questo sport. Sempre più riconosciuta e apprezzata anche dalla stampa non specializzata, a dire il vero, ma non abbastanza per cambiare una percezione fortemente negativa della disciplina a causa di note vicende di cronaca, alcune piuttosto fresche nella memoria collettiva (vedi alla voce Conor McGregor).

Perché tutto ciò, per un lottatore che alla fine non mi sta poi così simpatico, in apparenza? Per i risultati, certo, contano sicuramente nel contesto di uno sport tanto amato quanto povero di nostri rappresentanti competitivi ai più alti livelli. Ma non c’è solo quello. C’è anche il fatto che Marvin Vettori è uno che fin da giovane si è messo in gioco lontano da casa, dalla sua Mezzocorona, dove adesso gli si dedicano appuntamenti pubblici e dimostrazioni di affetto riservate di solito alla sola Nazionale di calcio. È uno che, al netto della presunta arroganza e dell’esagerata stima di sé che ha spesso alimentato con le sue parole, ha sempre risposto con concretezza ai quesiti e ai problemi che una carriera da top fighter nell’organizzazione top di arti marziali miste gli ha posto di fronte.

È uno che, a dispetto dei costanti richiami alla “umiltà” rivoltigli da diversi appassionati italiani in passato, l’umiltà l’ha sempre messa in mostra dentro la gabbia e al di fuori, con costante applicazione all’allenamento, assoluta affidabilità in aspetti come il rispetto dei limiti di peso e costanti progressi tecnici da incontro a incontro.

È soprattutto uno che, a mio parere, che si può considerare un vero orgoglio italiano. Italiano, per quanto assurdo possa sembrare, nell’essere andato all’estero per colmare quei margini di miglioramento a lui preclusi in patria, con la sensibilità di averlo capito e il coraggio di trarne le conseguenze lasciandosi quasi tutto alle spalle. Italiano nel tagliare il chiacchiericcio sterile, peccato originale di ogni essere vivente nato nella penisola, con la lama dei fatti, mettendo in pratica il più possibile quanto ha sempre affermato di poter fare. Italiano nella sfacciataggine, corroborata da adeguati contenuti tecnico-tattici ma anche oltre i suoi limiti, con cui affronta il diretto avversario senza arretrare mai, fisicamente e mentalmente. Italiano nel far scomparire di colpo critiche, dubbi, antipatie superficiali lasciando spazio alla sincera emozione, al forte coinvolgimento e, col senno di poi, all’eccitazione per il futuro dopo contese come quella contro Paulo Costa. Italiano perché alla fine tutti noi vogliamo sempre credere in un sogno, nell’estate sportiva appena trascorsa diventato spesso e volentieri realtà, e dall’Italian Dream nessuno, neppure io o il più cinico e smaliziato, ha ancora voglia di svegliarsi.

(Photo by Mike Roach/Zuffa LLC)

  • Classe ’90, giornalista pubblicista e collaboratore per testate locali, scrive e vive di sport: popolari, minori, americani, di combattimento, di lotta e di governo. Ha scritto su Fox Sports fino alla sua chiusura, sviscera il mondo delle Mixed Martial Arts sul podcast di MMA Talks.

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