Calcioscommesse: una storia globale
Come un manipolo di criminali singaporiani è stata in grado di manipolare per anni il calcio professionistico internazionale.
In una stanza d’hotel di Londra un uomo di mezza età siede sul bordo del letto con un’espressione visibilmente agitata. Nonostante l’aria condizionata, il sudore gli inumidisce le tempie. Con una mano regge un iPhone, dal quale osserva con inusuale apprensione una partita di calcio, mentre con l’altra mano regge un secondo telefono e passa senza sosta da una telefonata all’altra.
L’uomo si chiama Wilson Raj Perumal ed è un singaporiano di origine tamil di quarantacinque anni. La partita per cui è così teso non è una finale giocata dalla sua squadra del cuore né tanto meno un derby o un match di qualche rilevanza sportiva. Il signor Perumal, infatti, sta guardando l’amichevole internazionale Bahrain-Togo, che si sta giocando in uno Stadio Nazionale del Bahrain praticamente deserto, e vede la squadra di casa avanti per 3-0.
Pochi mesi dopo, Perumal si è spostato a Rovaniemi, capitale della Lapponia finlandese, nonché città di Babbo Natale, dove, in veste ufficiosa di agente, deve incontrare alcuni calciatori del Rovaniemen Palloseura (meglio conosciuto come RoPs). Pochi giorni prima un suo anonimo connazionale lo ha denunciato per detenzione di un passaporto falso. Gli zelanti poliziotti lapponi lo seguono per qualche tempo, finché lo scoprono a litigare furiosamente con tre giocatori zambiani della squadra locale. Lo fermano, lo portano in caserma e incrociando i dati internazionali confermano la sua falsa identità.
Dopo l’arresto, l’indagine continua: Perumal si dimostra collaborativo (per vendicarsi di chi lo ha voluto fare fuori, dice) e racconta agli inquirenti chi è e cosa fa nella vita. È nato e cresciuto a Singapore, dove ha giocato a calcio a bassi livelli e, non riuscendo a entrare nell’esercito, intorno ai vent’anni si trasforma in un piccolo criminale invischiato nel sottobosco delle scommesse sulla Coppa di Malesia. Si dimostra estremamente cinico, quasi spietato, e nell’arco di pochi anni diventa uno dei più importanti match fixer al mondo, punta di diamante del cartello asiatico gestito dal malavitoso cinese Dan Tan Seet Eng, il «capo della più grande e più aggressiva organizzazione criminale nell’alterazione degli eventi sportivi» secondo l’Interpol.
Il suo mestiere è organizzare partite truccate e truccarle live, girare il mondo per avvicinare arbitri, calciatori, allenatori e dirigenti “fragili” e corromperli per ottenere i risultati desiderati. Alcune volte arriva addirittura a mettere in piedi falsi incontri, come nel caso di un’amichevole tra Turkmenistan e Maldive under 21, mai realmente giocato ma il cui tabellino è pervenuto alle agenzie di scommesse asiatiche su cui si regge il sistema criminale. Inizialmente lavora in Africa, perché, stando alle sue parole, «con le persone di colore si lavora meglio che con i bianchi» e diventa una figura di rilievo nel calcio dello Zimbabwe. Poi si sposta in Sudamerica, Medio Oriente e persino in Europa, dove si concentra su campionati periferici e serie minori. La sua agenda ha contatti in ben trentotto paesi diversi.
Man mano che la sua rete cresce, grazie alle sue aziende di facciata Perumal firma contratti legittimi con federazioni nazionali in paesi ignari di chi sia veramente, come Bolivia e Sudafrica, pagando fino a centomila dollari per organizzare le loro amichevoli. Lui organizza le partite, si occupa della pubblicità, di affittare lo stadio e persino di trovare gli arbitri. Pagare profumatamente i direttori di gara, a cui la FIFA concedeva soltanto 350 dollari di rimborso spese, è un buon modo per manipolare i risultati. Per essere totalmente certi del risultato, però, Perumal ha bisogno di corrompere anche giocatori e allenatori, impresa a dir poco semplice in Africa, America Centrale e Medio Oriente, dove gli stipendi spesso non sono neanche sufficienti a portare il pane a tavola per tutta la famiglia. «I giocatori che conoscevo vivevano in condizioni atroci», scrive Perumal descrivendosi come una sorta di Robin Hood. «Nel giro di sei mesi le loro vite hanno avuto una svolta a 360°».
Con i soldi delle triadi non gli è difficile corrompere le povere federazioni africane, i giocatori e gli arbitri, ma non si tratta solamente una questione di soldi; Perumal ci sa fare: sa attrarre le sue prede con promesse di provini e contratti, sa come legarli a sé psicologicamente attraverso regali costosi, sa fare in modo che gli siano realmente riconoscenti, che si sentano debitori. Ovviamente, i soldi pagati a questi calciatori, poche centinaia o migliaia di dollari a testa, sono briciole rispetto ai milioni che si infilano nelle sue tasche. Briciole che però, in certe condizioni, possono cambiare una vita. «Provo a comprare delle scarpe da calcio, un iPhone o qualche nuovo gadget», dice Perumal, «Non appena ricevono qualche regalo, è come se fossero in debito con me, quindi so che non mi denunceranno alla polizia o faranno altre cose del genere».
Sul filo del rasoio
Come spesso accade per chi è abituato a vivere sul filo del rasoio, nutrendosi delle scariche di adrenalina date dall’illegalità e dal gioco d’azzardo, a un certo punto ciò che inizialmente era estremo e soddisfacente si trasforma in routine. Nel suo caso, scommettere su partite di cui è già certo del risultato non lo soddisfa più e, di fianco alle “attività lavorative” comincia a puntare denaro – molto denaro – su incontri di prima fascia che ritiene puliti al 100%, come per esempio gli incontri del Manchester United o di grandi squadre NBA, ma questa non si rivela una buona idea. In poco più di tre mesi, brucia oltre 10 milioni di dollari e, ormai al verde, decide di intascarsi parte dei proventi destinati al cartello di Dan Tan e alle Triadi cinesi.
Indebitato fino al collo e messo alle strette dai boss, nel 2010 viene contattato dal Bahrain per organizzare un’amichevole, ovvero la famigerata partita contro il Togo dalla quale sono iniziate le indagini internazionali. In quel caso, commette alcuni errori marchiani che fanno infuriare lo staff tecnico e la federazione della squadra di casa. La vera nazionale togolese è, infatti, indisponibile, dal momento che il giorno prima si trovava in Botswana per una sfida di qualificazione alla Coppa d’Africa. Anziché rinunciare o rivolgersi a qualche altro contatto, però, Perumal fa mettere in piedi in fretta e furia, ovviamente senza avvertire la federazione, una squadra composta da calciatori amatoriali o semi-professionisti locali, vestendoli con divise non ufficiali comprate poche ore prima della partenza. Il divario tecnico è troppo lampante, il comportamento dell’arbitro incomprensibile e la combine troppo palese per potere far finta di niente.
Joef Hickersberger, selezionatore austriaco del Bahrain, si indigna e la federazione protesta ufficialmente con la FIFA. Ma come ormai avrete capito, Wilson Raj Perumal è del tutto assuefatto al pericolo e, protetto dalla falsa identità, resta a Londra da dove coordina il proprio business, almeno fino al viaggio in Lapponia di quel febbraio 2011.
In seguito al suo arresto nella città di Babbo Natale, la polizia finlandese avverte immediatamente la FIFA di avere per le mani uno tra i più noti criminali dediti alle combine nel calcio internazionale. È a questo punto della storia che entra in scena un nuovo personaggio, Chris Eaton, così perfettamente e stereotipicamente incasellato in questa vicenda che se non fossi certo della sua esistenza giurerei sia frutto di un pigro sceneggiatore di gialli hollywoodiani. Eaton all’epoca ha 60 anni, una forma fisica straordinaria per la sua età e un paio di baffoni da vero sceriffo. È australiano, ha studiato in un’università prestigiosa e dopo vent’anni nella polizia federale australiana è diventato un rispettatissimo agente dell’Interpol. Lasciati i panni dello sceriffo internazionale, Eaton è stato assunto dalla FIFA per vigilare sulla sicurezza dei mondiali di Sudafrica 2010 ma, grazie alle capacità investigative unite a un’integrità ferrea, quando il torneo si è concluso senza intoppi, Eaton è diventato il capo ufficiale della sicurezza della FIFA, con il compito di creare una nuova divisione per affrontare le partite truccate.
Infatti, Eaton sa bene chi è Perumal e in mezzo alla Lapponia comincia la curiosa collaborazione tra uno sceriffo baffuto australiano e un criminale singaporiano. Quest’ultimo collabora non per pentimento, ma per desiderio di vendetta verso le triadi cinesi e verso il suo capo, Dan Tan, che aveva deciso di farlo fuori dal giro dopo aver scoperto che Perumal si era intascato centinaia di migliaia di dollari destinati all’acquisto del Rovaniemen Palloseura. Come lui stesso ha dichiarato in molte interviste, Perumal non è un uomo d’onore. L’unica cosa che gli interessa è ottenere i risultati voluti – ovvero restare vivo, a piede libero e guadagnare più soldi possibile. Per arrivare alla meta, non si fa alcuna remora nel raccontare tutto quello che sa a Chris Eaton, diventando un informatore fondamentale sia per la FIFA che per i giudici di tutto il mondo impegnati a perseguire squadre, calciatori e organizzazioni coinvolte nelle scommesse illegali.
Dalle sue dichiarazioni sono nate decine di inchieste, tra cui due filoni fondamentali in Italia e Ungheria, il paese dove Perumal è stato estradato dopo essere uscito dal carcere di Rovaniemi. Ma quello che è più importante, per il nostro racconto, è che ha continuato a collaborare con Chris Eaton. I suoi agenti, grazie ai fiumi di informazioni offerte da Perumal, riescono ad avvicinarsi sempre più a un cartello di Singapore e, lentamente, scoprono quanto profondamente si fossero infiltrati nel mondo del calcio. «Avevano smesso di truccare partite e hanno iniziato ad agire direttamente sulle singole persone», dice Eaton.
Secondo gli investigatori, Perumal aveva perfezionato il suo piano alla fine degli anni Novanta in Ghana e Zimbabwe. Il suo obiettivo non era solo quello di corrompere i singoli giocatori, ma di coinvolgere intere federazioni. Costruendo società di facciata quali Footy Media e Football4U, Perumal riusciva ad avvicinare alti funzionari proponendosi come promotore e organizzatore di amichevoli tra nazionali. «La maggior parte delle federazioni calcistiche sono al verde», scrive Perumal dalla sua cella finlandese. «Quando vai da loro con un avversario che è pronto a giocare un amichevole, ti accolgono a braccia aperte. Non si rendono conto di ciò che è nascosto sotto».
Di fronte a un’organizzazione criminale così radicata, che operava dai grattacieli del sud asiatico ai villaggi africani e dagli stadi europei agli spogliatoi del Medio Oriente, Eaton aveva deciso quindi di adottare un approccio simile a quello dell’antiterrorismo. Ma quando aveva provato a introdurre due iniziative fondamentali - una hotline anonima per gli informatori e l'amnistia per chiunque confessasse di aver truccato una partita - la FIFA aveva deciso di accantonarle quasi immediatamente. D'altronde, la FIFA era, ed è, costituita come un'organizzazione senza scopo di lucro che supervisionava squadre, istituzioni e vari campionati, ma che aveva – per scelta – un potere limitato di controllo nei loro confronti. Inoltre, l'organizzazione non paga tasse e ha quasi un miliardo di dollari di entrate annuali. È chiaro che gli incentivi a scavare profondamente sotto la superficie sono scarsi se non nulli.
Intanto, le indagini a Singapore hanno comunque portato dei risultati e ora è chiaro come funziona il sistema. Il cartello è gestito da quattro boss guidati da Dan Tan, le cui attività legittime consentono loro di finanziare i pagamenti e le spese di viaggio che servono ai fixer per tessere le loro trame internazionali. Una volta che la partita è stata combinata, le triadi cinesi usano vere e proprie “fabbriche di scommesse” in tutto il sud-est asiatico, luoghi in cui decine di lavoratori siedono davanti ai computer piazzando singole scommesse da 3000-5000 dollari l’una in continuazione. Le puntate sono volutamente piccole e distribuite su centinaia di carte di credito diverse, onde evitare sospetti da parte dei bookmaker legali.
I boss spesso lavorano di concerto, impiegando un sistema chiamato hawala, una sorta struttura di credito clandestina che i gruppi criminali organizzati usano per spostare denaro tra loro senza lasciare traccia. Man mano che i rapporti del cartello crescono, crescono anche i legami con organizzazioni criminali in altri paesi, quali Italia, Ungheria, Croazia e Bulgaria.
Last bet
Le prove dell’intreccio tra triadi cinesi, singaporiani, malavita italiana e balcanica sono emerse chiaramente dall’inchiesta "Last Bet" della Procura di Cremona che, anche grazie alle confessioni di Perumal, riesce a scoprire i legami tra calcio nostrano, i cosiddetti “Zingari” – un’organizzazione di criminali e calciatori balcanici dediti al match fixing e nientemeno che Dan Tan, per il quale è stato domandato l’arresto nel dicembre 2011, mai avvenuto a causa dell’assenza di accordi di estradizione tra Singapore e il nostro paese. Come già raccontato, Perumal ha invece scontato un anno di carcere in Finlandia ed è stato rilasciato nel febbraio 2012 per poi essere immediatamente consegnato alle autorità ungheresi.
Chris Eaton invece ha deciso di lasciare la FIFA dopo due anni passati a cercare di cambiare il sistema senza risultati né collaborazione da parte dei suoi superiori. Ora lavora per l'International Centre for Sport Security, organizzazione no-profit con sede in Qatar che si occupa, ovviamente, di lotta alla corruzione nel mondo del calcio. In un’intervista rilasciata su una comoda poltrona del bar del Radisson Edwardian Hotel di Manchester, Eaton si è sentito molto sollevato dalla scelta: «La FIFA è in bilico su una ripida curva di apprendimento sulle realtà dell'infiltrazione del crimine organizzato a scopo di frode nelle scommesse», dice. Va verso il bancone e ordina un'altra pinta. «Il business legato calcio è diventato così enorme che affoga la sportività. Ecco perché quando si scava davvero a fondo nel mondo del calcio, si mettono a disagio troppe persone».
Perumal sicuramente non è una di quelle persone. Lui sembra non sapere cosa sia il disagio, agile e viscido come anfibio sembra riuscire a trovare una posizione comoda anche nei luoghi più impensabili. Lui continua a ripetere di avere vinto, di avere ottenuto quello che alla fine desiderava: molta fama, molti soldi e la libertà: «Preferisco ricevere soldi dal calcio, che amare il calcio. Perché con l’amore per il calcio non si mette il cibo in tavola».
Questo articolo è uscito originariamente su Catenaccio, la newsletter di Sportellate. Per ricevere Catenaccio gratuitamente o leggere i numeri arretrati, puoi cliccare qui.
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