L'unicità di Jack Grealish
Maglietta attillata, numero 10, capelli perfettamente curati, calzettoni alle caviglie e un'infinità di talento. Questo, e molto altro, è Jack Grealish: un fantasista unico, che in Premier non si vedeva da più di un decennio.
Il 29 Aprile del 2006 non è un sabato come un altro a Stamford Bridge. Chelsea e Manchester United si giocano il titolo di Premier League, dopo un campionato dominato dai Blues di Mourinho dall’inizio alla fine. Il Chelsea è già avanti 1 a 0 grazie ad un colpo di testa di William Gallas, quando Joe Cole, intorno all’ora di gioco, riceve palla al limite dell’area dei Red Devils. Il numero 10 del Chelsea è girato spalle alla porta ed è marcato stretto da Rio Ferdinand. In una frazione di secondo Joe Cole riesce in qualcosa che è difficile descrivere a parole.
Prima si appoggia letteralmente all’accorrente Vidic per non perdere l’equilibrio, poi fa fuori Ferdinand con la semplicità di chi sta girando intorno ad una statua. Il passo successivo è resistere al ritorno di O’Shea per poi scaraventare il pallone in rete. Una rete possibile solo per un giocatore fuori dal comune.
Contro lo stesso avversario, seppur in un altro stadio, quasi 15 anni dopo, un ragazzo delle Midlands segna un gol solo all’apparenza molto diverso.
I tre tocchi, rigorosamente d’esterno, a puntare il terzino avversario, uniti alla semplicità con cui il pallone viene spedito nel sette, sono il marchio di fabbrica di un giocatore diverso dagli altri.
Per quanto il talento a livello sportivo sia impossibile da categorizzare, quando Grealish scende in campo, con i capelli perfetti e i calzettoni abbassati, si accende qualcosa nell’occhio di qualsiasi spettatore. Sia per il modo in cui porta palla sia per come vede il gioco in maniera diversa dai compagni. “Per me questo ragazzo è il giocatore inglese più talentuoso che abbiamo visto da Gazza”, lo ha definito lo stesso Cole a BT Sport.
Proprio come Joe Cole, anche questo ragazzo di Birmingham, all’anagrafe Jack Grealish, è infatti un talento unico per la Premier League.
Working class hero
Jack Grealish, proprio come lo era Joe Cole a suo tempo, è un giocatore profondamente atipico per il calcio inglese. In un campionato dominato dal mantra dell’intensità e del dinamismo, Grealish è un giocatore d’ordine, il cui talento erutta nel momento stesso in cui riceve il pallone tra i piedi. Nell’Aston Villa, squadra della città in cui è cresciuto e in cui ha giocato fino alla scorsa estate (collezionando 185 presenze in 6 anni), è lui il vero regista della squadra. Pur giocando da mezzala.
Il suo controllo di palla, sempre impressionante per il modo in cui il pallone rimane incollato al piede, unito ad una visione di gioco sopra la media, lo hanno rivestito di una centralità non comune nel calcio inglese. In una squadra composta per dieci undicesimi da onesti mestieranti, Grealish è il faro di creatività da cui deve passare praticamente ogni pallone.
Nonostante il suo essere un giocatore poco intenso, la sua tecnica gli consente di essere perfettamente a suo agio con i ritmi vertiginosi della Premier. Grealish riesce ad essere efficace anche nei momenti più caotici del gioco, così come in quelli più ordinati, una qualità rarissima e molto apprezzata in un campionato in cui i tempi per ragionare con il pallone tra i piedi sono misurati in centesimi di secondo.
Come si vede da questa azione, ma anche dal gol contro lo United, il rapporto che Grealish ha con il pallone è qualcosa di intimo e profondo. Il modo stesso in cui lo controlla, quasi sempre d’esterno o di suola, è ciò che gli consente di rendersi pericoloso in qualsiasi momento, in qualsiasi zona del campo. Il pallone viene solo accarezzato. E sia che si tratti di uno strappo in conduzione o di una giocata da fermo, rimane sempre agganciato al suo piede destro.
Le grandi capacità come regista avanzato, unite alla qualità nell’uno contro uno, hanno spinto Dean Smith (allenatore dei Villas dal 2018), a concedergli una libertà quasi assoluta in campo. Partendo come esterno sinistro d’attacco Grealish finisce sempre per agire anche in zona centrale, facendo da collante tra centrocampo e attacco, rimanendo al contempo quasi esentato dalla fase difensiva. Fase difensiva che rimane anche il principale limite di Grealish, incapace, per ora, di integrarsi in meccanismi di pressing complessi e in difficoltà anche in letture elementari.
Al Villa Park, dopo aver riportato i Lions in Premier e dopo 5 stagioni da titolare chiuse con la fascia da capitano al braccio, è lui il principale attore protagonista. Nell’ultima stagione in maglia claret and blue trascina l’Aston Villa alla salvezza con 6 gol e 10 assist, all’interno di un campionato giocato sempre ad alto livello.
La notte della consacrazione ha una data ben precisa. Il 4 Ottobre 2020 segna 2 gol e mette a referto 3 assist nel 7 a 2 con cui l’Aston Villa schianta il Liverpool di Klopp. Novanta minuti in cui, al di là dei gol e degli assist, manipola come vuole la difesa dei Reds. Un incredibile saggio di maturità per un giocatore definitivamente pronto al salto di qualità.
Dal grigio delle Midlands allo sky blue di Manchester
Il passaggio al City di Guardiola è stato avvolto da un aura di misticismo. Le speculazioni si susseguivano ormai da tre anni, ma solo gli sky blues sono stati in grado di sborsare i 100 milioni necessari per strappare il miglior giocatore inglese ai Villas. Pur essendo per Grealish un indubbio salto di qualità, il trasferimento a Manchester non è del tutto esente da ombre. L’impiego di Grealish nel calcio di possesso di Guardiola non è infatti così scontato come può sembrare.
Per Pep gli esterni devono sempre giocare il più largo possibile, calpestando la linea laterale, per allargare il più possibile gli half-spaces nella zona più centrale del campo. Grealish è un giocatore poco adattabile alla visione che Guardiola ha delle ali d’attacco: l’ex 10 dell’Aston Villa, pur partendo largo, vive per giocare al centro (o comunque nel mezzo spazio di sinistra). La zona centrale dell’attacco è anche la porzione di campo in cui la visione di gioco a 360 gradi di Grealish può essere sfruttata maggiormente. Il tutto senza ridurlo esclusivamente all’archetipo dell’esterno dribblomane che non è.
L’altro punto poco chiaro è legato al grado di libertà che Guardiola concederà a Grealish. Con la maglia claret and blue al ragazzo di Birmingham veniva concessa una quasi totale libertà di svariare in ogni zona dell’attacco. Nonostante una posizione iniziale da esterno, Grealish finiva a tutti gli effetti per giocare come trequartista, e come rifinitore per l’ultimo passaggio.
Nel City di Pep, come detto anche da Emanuele Atturo di Ultimo Uomo, farlo giocare esterno significa necessariamente concedergli libertà di movimento. Una libertà che non è concessa facilmente nel calcio di possesso di Pep, nemmeno ai giocatori più di talento. Con questo non si vuole certo dire che le sue capacità da regista e da assist-man non siano state viste da Guardiola, ma soltanto come al momento sembri, a tratti, un giocatore sacrificato sull’altare del calcio di posizione super codificato del tecnico catalano.
Nelle prime uscite con la maglia del City, Guardiola lo ha schierato mezzala. Una posizione da cui sicuramente riesce ad avere un influsso importante sul gioco della squadra, ma in cui viene a trovarsi in difficoltà nelle fasi di non possesso. Dopo la prova opaca contro il Tottenham, anche Pep si è visto costretto a correggere qualcosa. Da un paio di settimane a questa parte Grealish ha preso possesso stabilmente della fascia sinistra dell’attacco dei Citizens, in staffetta con Raheem Sterling.
In una posizione con meno compiti di copertura, la scelta di Guardiola sta iniziando a pagare qualche dividendo. Se in Premier ancora deve sbloccarsi, nello scintillante esordio in Champions contro il Lipsia, Grealish è stato a tratti ingiocabile: un gol, un assist, due passaggi chiave e una costante sensazione di pericolo quando parte palla al piede. Proprio come all’Aston Villa, quando però aveva letteralmente un’intera squadra pronta a giocare per lui.
L'anima dei Tre Leoni
In patria Grealish è un giocatore quasi mitizzato nell’immaginario popolare. In una Nazionale che non vede di buon occhio i giocatori tecnici, è sempre lui l’uomo circondato dal boato dei tifosi non appena si alza dalla panchina. Anche quando prende palla, isolato sulla sinistra in uno contro uno, la tensione nel pubblico diventa quasi palpabile. Come se fosse sempre sul punto di inventarsi una giocata decisiva.
Nella cavalcata fino a Wembley dell’ultimo Europeo, e, più in generale, con la maglia dei Tre Leoni, Grealish è utilizzato con il contagocce. Southgate, da buon manager cresciuto e affermatosi “nelle fredde notti di Stoke” non sembra vederlo di buon occhio. Gli preferisce l’atletismo di Bukayo Saka o l’imprevedibilità di Sterling.
In una squadra grigia come l’Inghilterra di Southgate, Grealish, con i calzettoni sempre abbassati e il fare un po’ da spaccone, porta però un vero e proprio lampo di colore. O meglio, due lampi. Come gli assist che è stato in grado si sfornare in poco più di 170 minuti in campo all’Europeo, sempre subentrando dalla panchina.
La speranza di quasi tutti i tifosi inglesi è che un ruolo più centrale in una squadra di vertice come il City, possa spingere Grealish ad acquisire maggiore centralità anche in Nazionale. Oltre che a livellarne gli ancora evidenti difetti in fase di non possesso.
Al momento la sua parabola con la maglia dei Tre Leoni ricorda quella di altri giocatori estrosi e tecnici, come il già citato Joe Cole. Oppure, ancora meglio, quella di David Becham, tanto idolatrato per quel gol alla Grecia, quanto criticato per la poca incisività e il poco impegno in Nazionale.
Guardiola può essere decisivo: Pep è un allenatore in grado di trasformare qualsiasi giocatore. Bisogna sperare che Guardiola non trasformi il ragazzo di Birmingham in una direzione normalizzante, ma che ne protegga l’unicità. Soprattutto in un campionato sempre più caotico come la Premier. Speriamo in bene, perché Jack Grealish non è un giocatore come gli altri.
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