Fabio Paratici non dorme mai
Dopo oltre quindici anni di carriera dirigenziale in Serie A, nove scudetti, cinque Coppe Italia, altrettante Supercoppe Italiane e, soprattutto, svariati colpi di mercato, Paratici ha lasciato l'Italia. Il neo assunto del Tottenham vuole dimostrare di essere all'altezza della Premier League e al Tottenham vuole ricreare una cultura vincente. Un super Fabrizio Romano per il The Guardian, ha raccontato tramite una chiacchierata con Javier Ribalta DS del Parma, la ricetta vincente dell'ex direttore sportivo della Juventus: lavoro duro, furbizia e nessun riposo, questo il mantra e il know-how dell'uomo che, in dieci anni, ha portato in Italia Vidal, Pogba, Tevez e Cristiano Ronaldo.
Per capire meglio che genere di persona sia Fabio Paratici, bisogna riportare le lancette dell’orologio al 2013. Assunto appena un mese fa dalla dirigenza del Tottenham come Team Manager, Paratici ricopriva un ruolo simile alla Juventus quando, proprio in quell’anno, riuscì a portare Carlos Tévez a Torino.
L’attaccante argentino giocava al Manchester City e Paratici aveva deciso che era il momento giusto per comprarlo. Ideò allora il piano: un incontro segreto con Carlitos in un ristorante di Londra aperto solo per loro a l’una di notte. Fabio Paratici può essere descritto abbastanza precisamente come un ingegnoso stakanovista completamente dedito alla sua ricerca del successo.
Per questo, alla Juve, se l’è goduta: nove scudetti consecutivi e due finali di Champions League al fianco di Beppe Marotta prima, allora direttore generale del club, e in solitaria fino alla passata stagione poi. Se il segreto per instillare una mentalità vincente a volte sta nel back office, allora gli Spurs potrebbero aver preso una scelta saggia.
L’unica regola inviolabile del “Codice di Paratici” è che non esistono vacanze né pause. Il suo telefono è sempre acceso; tutt’al più è irraggiungibile perché già a colloquio con agenti, giocatori o presidenti. Fin quando il Tottenham non l’ha convinto a scaricarsi Whatsapp, il dirigente piacentino si è affidato per dieci anni solo ad iMessage e alle chiamate. La sua politica è quella di non perdere mai di vista un giocatore o una trattativa, anche quando la propria società non è coinvolta, perché non si sa mai come possono andare a finire le cose. A Paratici piace stare sui campi d’allenamento, perché “essere lì” è cruciale.
Dopo una carriera da calciatore senza nessun highlight in Serie C, Paratici ha trovato lavoro come capo talent scout per la Sampdoria nel 2004, sei anni prima di trasferirsi alla Juventus. A Torino ha dimostrato di avere occhio per il talento, sia acerbo che stagionato. È riuscito a firmare Pogba, ancora diciannovenne, a parametro zero per poi rivenderlo a cento milioni al Manchester United. Ha messo sotto contratto Pirlo, che molti davano per finito e che invece ha guidato la Juve per altri quattro anni.
“Lo definirei un lavoratore incredibile”, ha detto Javier Ribalta, DS del Parma e collega di Paratici dal 2012 al 2017 nella sezione scouting della Juve. “Non son neanche come riesce a dormire. Lavora ventiquattro ore al giorno, non lo dico per dire. Di solito, ti chiama dopo mezzanotte e sempre con l’energia di uno che ti chiama a mezzogiorno! Fabio si guarda tutte le partite, anche di notte: la Libertadores, la Copa América. Guarda qualsiasi campionato. Di norma, quando diventi DS non hai il tempo di seguire i giovani talenti come quando sei uno scout. Lui, però, non vuole perdere questa abilità: guarda tutte le partite, non ne salta una, chiama costantemente i suoi collaboratori per rimanere aggiornato su tutti i giocatori del mondo”.
Ribalta, lo scout che ha portato Bruno Fernandes al Novara, sostiene che la strategia di Paratici consista nel trattare diversi giocatori per un singolo ruolo, in modo da disturbare i club rivali, ma di puntare sempre alla scelta numero uno. Anche l’ex scouting manager del Manchester United ha potuto ammirare Paratici in azione. “Non scorderò mai quanto è stato bravo nell’operazione Coman. Ha lavorato giorno e notte per sei mesi. Siamo andati insieme a veder giocare Kingsley per capire se ne valesse la pena diverse volte; poi, appena Fabio si è convinto di volerci investire, ha iniziato ad andare a trovare Coman e la sua famiglia molte, moltissime volte per convincerli a scegliere la Juventus invece degli altri club o del rinnovo col PSG. È stato molto difficile, ma con caparbietà, olio di gomito e abilità, Paratici è riuscito a portare il giocatore a Torino. Aveva solo diciotto anni; oggi è uno dei giocatori di punta del Bayern Monaco. Mica male…”
Per Ribalta, l’operazione Tévez è fra quelle più ad effetto. “Fabio si è mosso in anticipo e con grande discrezione per mesi. Dovevamo capire quale fosse la condizione fisica del giocatore. Poi, si è convinto e l’ha acquistato dal City per una cifra incredibile, meno di 9 milioni. Per la Juve è stato un colpo straordinario. E non bisogna scordarsi degli altri giocatori che è riuscito a prendere prima che arrivassi io: un certo Paul Pogba a parametro zero, ma anche Barzagli, che per anni è stato un difensore eccezionale, è stato acquistato ad una cifra irrisoria. E infine Cristiano Ronaldo…”
L’arrivo di Ronaldo per cento milioni dal Real Madrid conferma quanto Paratici sia cresciuto dai tempi della Samp a oggi. Secondo Ribalta, la mentalità di Paratici nelle trattative sta in una regola: se ti piace un giocatore e pensi che sia importante, puoi spendere qualcosa in più rispetto al suo valore di mercato, perché sai di doverlo comprare. Lo puoi fare solamente se sei certo delle abilità e del potenziale del giocatore. Se vedi un talento cristallino e sei sicuro di ciò che vedi, non puoi fartelo scappare per risparmiare qualche milione: paga e vai avanti.
Paratici, spietato nel calciomercato, è un uomo alla mano con i propri colleghi all’interno del club: li chiama spesso e ci va regolarmente a cena, “perché è importante creare un buon ambiente di lavoro”. Inoltre, si impegna per creare delle buone relazioni anche coi giocatori. Le aspettative di Ribalta sull’esperienza di Paratici al Tottenham sono alte. “Ha sempre voluto lavorare in Premier League. Adora Londra e spesso ci andava per concludere le sue “missioni”… Può avere un ottimo impatto sul club; sa acquistare talenti importanti e vendere bene per mantenere sempre alto il livello. Gli auguro il meglio: un lavoratore come lui se lo merita.”
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