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, 16 Luglio 2021

La peggior notte sportiva di sempre


Obdulio Varela, i 200 mila "leggendari" suicidi, la maledetta finale. Il Maracanazo, la notte sportiva peggiore di sempre.

"Avevamo rovinato tutto e non avevamo ottenuto niente." (Obdulio Varela dopo la vittoria del Mondiale)

Rio de Janeiro, luglio 1950. L'inverno brasiliano è una favola sopra ai 25 gradi, ma per noi è l'estate del Mondiale. Il mondo è in ricostruzione. Dopo la guerra, Germania e Giappone non sono state invitate in quanto responsabili del conflitto. L'Italia fa eccezione ma niente aerei: si presenta in nave, ancora sotto shock dopo la tragedia di Superga. É un Mondiale strano. Per la prima volta nella storia ci sono i numeri sulle maglie e la nazionale dell'India è stata rifiutata perché voleva partecipare a piedi nudi.

Il Brasile è in fermento. Tecnicamente è la partita decisiva  Non solo è favorito e gioca in casa al Maracanã, ma prima ancora del fischio d'inizio i festeggiamenti sono già iniziati, la folla è ubriaca e le autorità locali celebrano la Seleçao campione del mondo. Chi potrebbe mai fermarli? I musicisti non hanno nemmeno portato lo spartito per l'inno della squadra avversaria, l'Uruguay di Obdulio Varela. Lo stadio è gremito e sembra pulsare: secondo le stime non ufficiali, 200 mila brasiliani, accalcati come mosche sugli spalti in festa. La partita inizia.

Obdulio Varela, il leggendario capitano della "Celeste"

La partita maledetta: il "Maracanazo"

Nel secondo tempo il Brasile passa in vantaggio con Friaça e i giochi sembrano fatti. L'intero stadio è una bolgia assordante in festa. Ma mentre tutti sono occupati ad esultare, in campo succede qualcosa. Obdulio Varela, si avvicina all'arbitro: durante l'azione del gol, il guardalinee ha alzato e subito abbassato la bandierina con un gesto inconsulto, e il capitano uruguagio vuole una spiegazione. Ma è il 1950 e il mondo parla una lingua alla volta. Obdulio chiede un traduttore per comunicare con l'arbitro. Intanto sugli spalti, i tifosi continuano la festa, ma lentamente sembrano accorgersi che qualcosa non va. Anche i giocatori brasiliani sembrano percepirlo. Passano otto minuti prima che Varela riesca a spiegarsi con l'arbitro e il gioco riprenda. Otto minuti. Un tempo infinito. La gioia dei tifosi scema, scivola via come balsamo applicato male e in un modo impercettibile, si trasforma in qualcos'altro. Frustrazione, rabbia. Obdulio lo sa bene. La sua non è stata un'improvvisata ma un'intuizione geniale. Invece di riportare velocemente la palla al centro dopo il gol subito, Obdulio ferma il tempo. Trasforma in frustrazione l'entusiasmo e la frenesia dei "leggendari" 200 mila brasiliani esultanti.

Quando il gioco riprende, la partita cambia come per magia. L'Uruguay prima pareggia e poi segna il gol vittoria con Ghiggia: è campione del mondo. Lo stadio piomba nel silenzio. La situazione è surreale: i festeggiamenti, pronti da giorni, vengono annullati, le autorità brasiliane fuggono, tutti i brasiliani sono in lacrime. Per la stampa è "la peggiore tragedia nella storia del Brasile". Il Maracanazo.

La notte di Obdulio

"Solo tre persone hanno zittito il Maracanã: Frank Sinatra, Giovanni Paolo II, ed io." (Alcides Ghiggia)

Il clima dopo la partita è funereo. La gente per le strade piange. Nel giro di poco anche la gioia della vittoria si trasforma. Manca qualcosa: il calcio, come la felicità, è vero solo se condiviso, e gli uruguagi lo provano sulla propria pelle. La sera stessa Obdulio gira per le strade di Rio con due compagni. Entrano in un bar qualunque, per bersi una birra. La gente sta ancora piangendo, ha letteralmente le lacrime agli occhi. Si mettono a un tavolo. All'improvviso la porta si spalanca, ed entra un omone grande e grosso, singhiozzante, il volto rigato dal troppo piangere. "Obdulio ci ha fottuti. Obdulio ci ha fottuti." continua a ripetere. Obdulio lo guarda. Bisogna sapere che all'epoca i volti dei calciatori non erano noti, tranne quelli dei capitani. Ma Obdulio Varela è un hombre vertical, odia i giornalisti e la stampa in generale, e non si è mai fatto ritrarre nelle foto ufficiali delle sue squadre di club. L'uomo continua a piangere e maledire Varela. Uno dei compagni, in un lampo di follia, avverte l'omaccione che Obdulio è proprio lì davanti a lui, in carne ed ossa. L'intero locale si zittisce. Il bestione si gira e punta il capitano, gli si avvicina. Poi, inspiegabilmente, lo abbraccia. "Ero convinto che sarei morto quella notte stessa." dirà poi Varela. Lo racconta bene lo scrittore Osvaldo Soriano, el mas grande, uno dei maggiori conoscitori di calcio sudamericano di sempre, prendendo la parola di Obdulio stesso. "Lo guardavo e mi faceva pena. Avevano preparato il più bel carnevale al mondo e, a sentire quel tizio, io glielo avevo rovinato. Mi sentivo male. Sarebbe stato bello vedere la gente spassarsela con una cosa così semplice. Noi avevamo rovinato tutto e non avevamo ottenuto niente. Avevamo un titolo, ma che importava di fronte a tutta quella tristezza?"

Dopo la vittoria del mondiale i dirigenti della federazione uruguagia intascarono tutti i guadagni. A Obdulio Varela regalarono una Ford scassata, che gli venne rubata la settimana dopo. Per lui, che era felicissimo di fare il muratore perchè "si guadagnava bene", essere pagato per giocare a pallone era qualcosa di assurdo. Ma il Maracanazo gli rimase dentro. Potendo tornare indietro, Obdulio Varela disse che sicuramente avrebbe calciato "uno o due palloni nella propria porta" per perdere la partita.

  • Nato il 01/01/1996 chiedendosi perché tutti gli facessero gli auguri. Di buon anno. Cremonese di nascita, milanese d’istruzione. Laurea in Comunicazione, Media e Pubblicità e Master in Arti e Mestieri del Racconto, tutto in IULM. Creativo da tastiera. Scrittore, ex-tennista, cinemaniaco. Segue uno stile ma non la moda. Ama la letteratura americana, la montagna e i fumetti di Corto Maltese.

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