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, 28 Giugno 2021

Considerazioni sparse su “Luca” il nuovo film della Pixar


Saudade italiana e curiosità adolescenziale.


- Per leggere e comprendere queste considerazioni forse è necessario aver visto Luca. Se non l’avete visto, prendetele come uno spunto ma che in alcun modo devono influenzare la vostra futura visione. Luca è un film dolce: è leggero, è spontaneo, è profondamente vicino a noi italiani e al nostro spirito italico (gli Europei sono un momento perfetto per la visione). Nel film si respira l’aria delle vacanze estive, dei viaggi da piccoli lontani dagli amici e dalla “comfort zone” di casa, dell’incredibilmente affascinante sfrontatezza e curiosità con cui da piccoli si affronta il mondo;

- Il protagonista, Luca, è un giovanissimo “mostro marino”: porta a pascolare delle simil pecore squamate, per certi versi sembra di vedere un Nemo con qualche anno in più, e come ogni film Disney/Pixar contiene al suo interno l’inconfondibile spina dorsale dell’azienda. Questa volta però la classica nuance Disney è cosparsa della polvere magica di Hayao Miyazaki e del suo Studio Ghibli: l’orizzonte visivo che ne deriva, più magico e sognatore, disegna una costa ligure colorata, commovente ed empatica. La dimensione ambientale è ristretta, con Portorosso e una minuscola isoletta gli unici luoghi d’azione, ma curata nei punti giusti per creare un’ambiente leggero e su misura dei personaggi;

- Luca oltre a essere un film dolce è anche un film semplice: al suo interno non ci sono simbolismi esoterici e semiotiche mal celate di rimodulazioni culturali della cattivissima e acerrima Disney. Luca è, semplicemente, quello che vedi. Le metafore sono chiare ed evidenti sempre. Dalla superficie dell’acqua gommosa e inviolabile, alla capacità del protagonista di mimetizzarsi nell’ambiente sociale in cui desidera vivere, all’ambitissima Vespa che prima è un premio e poi un trampolino. Una volta guardato questo film non servono interrogazioni parlamentari e filosofiche sul senso intrinseco della narrazione, dibattiti sociali con termini altisonanti come “inclusione” “cancel culture” e i valori celati eh ma che palle eh ma la Disney… tranquilli, sono tutte puttanate. Luca è un film verace. Alla fine del film avete domande elaborate? Riguardatelo;

- Ma quindi, alla fine, qual è il messaggio di Luca? Ogni film Disney ha un messaggio “politicamente corretto” e “buonista”, qui, dov’è? Una parte di critica ha insinuato che Luca sia gay (sì, e adesso sta con lei), che Alberto sia gay perché è geloso di Giulia, che questo film sia un grande manifesto Pride e un sacco di altri termini che tendenzialmente aizzano soggetti poco raccomandabili. Luca è gay? Boh, cazzi suoi. Alberto è omosessuale? Boh, cazzi suoi. Giulia è lesbica e gli piacciono pure gli uomini? Boh, ma a me, che cazzo me ne frega? Il gender e l’orientamento sessuale dei protagonisti sono un’informazione fondamentale o anche solo lontanamente utile alla narrazione e alla comprensione del film? Oh, ma guarda un po’: NO. Luca è un film che parla, in termini semplicissimi, di personalità, adattamento e rapporti sociali. E come ho detto prima, le risposte alle domande elaborate sono tutte nel film. Siamo ancora al quale sia il messaggio nascostissimo del film? E allora basta riguardare il film, lasciar passare i titoli di coda, e ascoltare che l’enfasi dell’affascinante zio Ugo risponda;

- Un’ora e mezza di film delicato, curato, attento. Luca è un film bello, è piacevole, è un film estivo da guardare sotto l’ombrellone. È un film in cui è forte il profumo della saudade estiva italiana, in cui si conoscono dei simpaticissimi “underdogs” alle prese con una competizione dove si mangia pasta, e che vivono un periodo della propria vita in cui si inizia a fare i conti con sé stessi e con gli altri. Luca è lì, che aspetta di essere visto, e una volta concluso basta: si trasforma in una bomboniera che possiamo portarci dentro, liberi di interpretarla come vogliamo, liberi di farci emozionare da quello che preferiamo.

  • Rimini, 23/09/1994. Laureato in Comunicazione Pubblicitaria allo IED di Milano, freelance e multiforme. All’anagrafe porta il nome di Ayrton e la Formula 1 è appuntamento immancabile del weekend, a cui associa un passato da tennista sgangherato e anni di stadio a Cesena. Incallito e vorticoso consumatore di vinili e di cinema.

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