Considerazioni sparse post Spagna-Svezia (0-0)
Non basta l'85% di possesso palla: l'arrembaggio della Spagna rivoluzionata da Luis Enrique sbatte sul muro di una solida Svezia, ed a Siviglia termina con un pareggio a reti bianche.
– La sfida di Siviglia propone uno scontro tra due scuole calcistiche che più distanti non si può: da una parte gli spagnoli, che non saranno quelli di qualche anno fa ma continuano ad aver un’anima giochista ispirata al tiki taka, e dall’altra gli svedesi, che per tradizione la palla la lasciano volentieri agli altri, fanno pochi fronzoli ma con la loro fisicità sono storicamente una squadra ostica (e chi lo sa meglio di noi italiani) . Lo 0-0 finale è bugiardo se si guarda al dato di possesso palla (85% per la Roja), ma va detto che la Svezia si è difesa ordinatamente e ha anche avuto due occasioni: il bicchiere mezzo pieno lo vedono gli scandinavi, a recriminare su quello mezzo vuoto sono gli iberici;
- Le due squadre non fanno nulla per smentire la loro fama, e già dai primi minuti il copione è noto: la Spagna manovra, fraseggia e costringe gli scandinavi nella loro metà campo, ma non sfrutta le occasioni per aprire le marcature (né con Koke, né con Dani Olmo, né con Morata). La squadra di Andersson si conferma maestra nel chiudersi e diventare una brutta gatta da pelare, e secondo tempo le furie rosse perdono di incisività: le vere occasioni a dirla tutta le ha proprio la Svezia, che colpisce un palo con Isaac e getta alle ortiche una chance incredibile con Berg. Sarebbe stata una beffa troppo grande per la squadra di Luis Enrique, che però lascia Siviglia comunque con l’amaro in bocca;
- L’undici spagnolo presenta solo 3 giocatori del Barcellona, e addirittura nessuno del Real Madrid: una vera e propria rivoluzione, se si pensa ai celebri blocchi che le due squadre hanno sempre fornito alla causa della nazionale. Il ricambio generazionale passa da protagonisti che indossano altre casacche, e benchè si siano viste buone cose da diversi interpreti (Dani Olmo e Koke su tutti), sembra mancata proprio la freddezza e l’abitudine a sbloccare gare che contano. Chi sembra in un tunnel buio è Alvaro Morata, che letteralmente non ne azzecca una e si divora imperdonabilmente il gol del vantaggio alla mezz'ora: la mancanza di una spalla in suo soccorso contro la fisicità della difesa svedese ed i fischi impietosi del pubblico non lo aiutano di certo;
- Se il tasso di talento svedese con la squadra al completo non è altissimo, senza Ibrahimovic e Kulusevsky si abbassa ulteriormente e drasticamente: la squadra di Andersson si è chiusa da subito, ha tenuto il baricentro costantemente dietro la linea della palla e sembrava solo in attesa di prendere gol. Va bene farsi interpreti di un piano di gara solido e muscolare,ma non sempre può andare così bene, e non sempre Olsen tra i pali può travestirsi da superstar come stasera. Se cerchiamo una nota positiva oltre alla solidità di un vero catenaccio, la troviamo in Isac: nella penuria di palloni in avanti, lui fa reparto da solo e crea anche due occasioni, mettendo in luce una buona tecnica: ha solo 21 anni, magari ne sentiremo parlare;
- Luis Enrique cambia profondamente gli interpreti ma non il suo DNA: la scelta di Marcus Llorente terzino, gli inserimenti continui di Pedri e Koke che non badano a coprire il centrocampo, la ricerca ossessiva del possesso e della manovra ne sono le firme più evidenti. Il tecnico iberico non sembra però aver azzeccato tutte le mosse: Morata lasciato solo in balìa dei giganti della difesa svedese, l’assenza di Thiago Alcantara dall’undici di partenza, le sostituzioni decisamente tardive sono scelte che lasciano decisamente perplessi. Questo pareggio non è il miglior punto di partenza, ma la peggior cosa che si potrebbe fare nel quartier generale spagnolo è farsi prendere dall’ansia di prestazione dopo una sola gara.
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