Considerazioni sparse post Spezia-Torino (4-1)
Nella sfida per la permanenza in Serie A vince la qualità sulla paura. Il risultato finale rispecchia perfettamente quanto visto nei 90 minuti. Il Torino adesso trema, le aquile invece possono esultare per la meritata salvezza ottenuta.
- Vincono le idee di Italiano: il mister spezzino prepara benissimo la partita della vita. Tra i pali Zoet e non Provedel. Molto più fisico e più padrone dell’area piccola l’olandese. Perfetto, quindi, per disinnescare le fasce dei granata che, grazie alla coppia Ansaldi-Vojivoda, avevano costruito le poche gioie dell’ultimo periodo. Il centrocampo azzurro Under 21 Pobega-Ricci-Maggiore funziona alla meraviglia. L’ingranaggio è perfetto: Ricci imposta, sale Pobega, resta Maggiore, sale Maggiore, resta Pobega. Non ci si inventa niente ma è tutto maledettamente efficace. Dietro, bene i centrali, Terzi è un magnifico direttore di linea e per il Torino anche il lancio di Mandragora diventa una soluzione complicata. Ritrova il gol Nzola nel giorno più importante della sua carriera, doppietta per lui;
- Il pallone è di magma: si vede subito che per il Torino non è giornata. I reparti sono disuniti, ci sono almeno 60 metri tra il più alto e il più basso dei granata. Nessuno si prende la responsabilità della manovra, i difensori sono completamente in balia degli attaccanti spezzini sia in fase difensiva che nell’uscire dal pressing sistematico degli aquilotti. Grandi assenti i centrocampisti, tutti ampiamente insufficienti (difficile, però, trovare una sufficienza tra gli ospiti oggi). Gli unici bagliori si vedono da Ansaldi, l’unico in grado di alzare la qualità di granata. Pochi, comunque, i palloni pervenuti nell’area di rigore bianconera a favore degli attaccanti, anch’essi decisamente imprecisi;
- I cambi di Nicola: si passa alla difesa a 4 e, anche se non in maniera sostanziale, la musica cambia. Esce un inguardabile Vojivoda ed entra Simone Verdi, inspiegabilmente rimasto fuori dall’11 titolare nonostante fosse, insieme ad Ansaldi, il migliore di questo difficilissimo periodo del Toro. La reazione Toro è almeno veemente e gli ospiti trovano il gol grazie ad un’ingenuità di Pobega, che atterra Bremer in area e causa il penalty che Belotti trasformerà qualche minuto dopo. Il gol, però, serve a poco. Il Torino è scollato e fragile e lo Spezia avrebbe subito l’occasione di infierire con Nzola, che però spreca l’occasione del momentaneo 3-1. Il resto è storia, per il Torino la salvezza è ancora da guadagnare;
- Saponara is on fire: che partita! Non fosse stato per la pettinatura un tantino differente, i milanisti che hanno assistito al primo tempo di Saponara avranno ricordato con piacere le cavalcate coast to coast di Ricardo Kakà. Non è blasfemia, il buon Riccardo oggi era imprendibile. Il suo gol è un gioiello: dopo aver messo a sedere Bremer, infila Sirigu sul primo palo e mette la partita dei suoi in discesa. Nel secondo tempo, finché è rimasto in campo, ha assolto compiti di copertura e ripartenza. Una partita che il ragazzo di Forlì meritava ampiamente, dopo una carriera passata a cercare la sua dimensione;
- Il proletariato in paradiso: nell’anno del flop della Super League, una storia come quella dello Spezia fa bene a chi ama questo sport. Per larghi tratti della stagione, quella di Italiano è stata la rivelazione del campionato grazie al suo gioco sempre propositivo, nonostante la rosa fosse certamente tra le più inadeguate per la massima serie. E invece lo spezia degli spezzini (Maggiore, Bastoni e Vignali sono nati con affaccio sul golfo dei poeti), grazie alla sapiente guida del tecnico Italiano, ha ottenuto la salvezza con una giornata d’anticipo. Segno che il lavoro e la passione, anche nel calcio degli sceicchi, possono ancora pagare.
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