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, 8 Marzo 2021

Considerazioni sparse post NBA All Star Game 2021


In quel di Atlanta si è svolto il 70esimo All Star Game della storia NBA, assai controverso e anticipato da settimane di polemiche tra lega e giocatori, racchiuso in una sola notte e non nel solito weekend ricco di eventi.


- Non si è partiti come consuetudine dal venerdì con la partita delle "Rising Stars", unica parte del weekend giustamente del tutto annullata vista la riconosciuta inutilità. Nessun sabato sera dedicato allo Skills Challenge (introdotto proprio ad Atlanta nel 2003), Gara da 3 punti e Gara delle schiacciate. Neanche un evento organizzato in città legato alla manifestazione e quindi nessun clima di festa e spensieratezza a cui siamo abituati nel weekend che segna il giro di boa della stagione NBA. Pensare ad un'edizione come le altre era impensabile vista la situazione Covid, per questo si è discusso aspramente riguardo l'utilità e il senso di questo evento organizzato in una sorta di mini bolla attorno la State Farm Arena, con l'arrivo dei giocatori solo il  sabato sera e costretti a rimanere chiusi in una stanza d'albergo. Harden e Lebron si sono espressi duramente contro l'All Star Game, dichiarando di esser stati costretti a partecipare e che avrebbero preferito una piccola pausa in una stagione in cui si ritrovano a giocare ogni 2 giorni, mentre il Commissioner Adam Silver - volenteroso da subito nell'organizzarlo - ha ribadito più volte l'importanza dell'evento per l'elevata entrata economica e per offrire dello spettacolo ai fans;

- L'All Star Game 2021 inizia con lo Skills Challenge vinto per la quarta volta nelle ultime 6 edizioni da un lungo: in questo caso da il figlio d'arte Domantas Sabonis contro il centro di Orlando Vucevic. Mentre si assiste a tale competizione è normale porsi dei quesiti riguardo il perchè esista vista la svogliatezza dei partecipanti (Doncic) e quanto un passaggio, sulla carta semplicissimo, possa mettere cosi tanto in difficoltà alcuni dei migliori ball hander della Lega. Si prosegue con la sempre divertente e imprevedibile Gara dei 3 punti. Quest’ultimo aggettivo sarebbe valido se ai nastri di partenza non si presentasse il più grande tiratore da 3 della storia NBA: Stephen Curry vince all'ultimo tiro, per la seconda volta in carriera, battendo in finale Conley, sostituto sia in questa gara che nella partita delle stelle di Devin Booker. La sempre più bistrattata Gara delle schiacciate invece viene svolta nell'intervallo dell'All Star Game, senza stelle tra soli 3 partecipanti, strano ma vero in inferiorità numerica rispetto la giuria. Lo Slum Dunk Contest sembra  annaspare dalla leggendaria edizione del 2016 (quella della sfida Lavine- Gordon), i big della lega non vogliono rischiare la brutta figura in una competizione che sembra aver fatto vedere già tutto il suo meglio negli scorsi anni. Tra i 3 giovanissimi semi sconosciuti vince Anfernee Simons di Portland, dimostrando un elevazione irreale ma non fautore di 3 schiacciate che rivedremo nel corso degli anni. Ha fatto vedere di meglio il rookie dei New York Knicks Obi Toppien ma la giuria è stata di un altro avviso. Slam Dunk largamente rivedibile che dovrà esser ripensato per non perdere definitivamente prestigio e fascino;

- Nel momento clou della serata si affrontano il Team Lebron e il Team Durant, però assente per infortunio: risultano assenti alla partita delle stelle anche Davis, Booker e all'ultimo momento il duo di Philadelphia Embiid-Simmons per la positività del loro barbiere e il conseguente isolamento fiduciario. Il quintetto selezionato dal 23 giallo viola è uno dei più forti e impressionanti visti negli ultimi anni, che vede per la prima volta nella stessa squadra i due nativi di Akron, James e Curry, più i 3 giocatori europei più forti della Lega. Vedere questi fuoriclasse giocare insieme è la vera curiosità e nota di colore della manifestazione, l'unico reale motivo per decidere di resistere fino alle 5 del mattino. La formula è la stessa molto apprezzata dell'anno scorso, con la vittoria di ognuno dei primi 3 quarti che dà la possibilità al team vincente di scegliere il college afroamericano a cui devolvere una cospicua somma in beneficenza, e un ultimo quarto senza cronometro in cui si parte con la somma dei punteggi precedenti. Questo format si conferma il tentativo migliore di dare almeno per un quarto l'impressione di vedere una vera partita di basket, invece di una sottospecie di esibizione in cui si stende un tappeto rosso sotto canestro. L'aggiunta dall'anno scorso del lato "Charity" dimostra la superiorità del mondo NBA nel trattare tematiche sociali attivamente e non solo con proclami retorici. Si spera in tempi brevi, soprattutto nel difficile momento in cui viviamo, che anche altre leghe professionistiche prendano spunto;

- La partita viene dominata dall'inizio alla fine dal Team Lebron, con quest'ultimo che scende in campo "in pantofole", totalmente svogliato nei primi 2 quarti e poi rimane in panchina fino a fine match testimoniando ancora una volta di non aver proprio digerito questo All Star Game. Può rimanere "al balcone" anche per aver scelto giocatori di un certo livello nella propria squadra come Curry e Lillard, i quali dalla fine del secondo quarto incominciano a tirare da metà campo con successo come se fossero tiri liberi, tra cui il canestro della vittoria del playmaker dei Blazers; e in particolare l'MVP del match Antetokounmpo capace di 35 punti e un fantascientifico 16 su 16 dal campo con 2 triple di tabella più fortunose che volute. Nel Team Durant si fanno notare i soli Tatum e Irving, come al solito controcorrente rispetto la massa: gli altri non si impegnano? Lui fa quasi finta dal primo minuto che sia una partita vera. Nessuna sorpresa nella resa della partita, la svogliatezza la fa da padrona per 3 quarti e l'ultimo dura troppo poco per dare qualche tipo di soddisfazione cestistica ai fans;

- Si doveva disputare questo All Star Game? La risposta è si, per mille e uno motivazioni, ma per la prima volta da inizio pandemia si è vista una crepa nel mondo NBA: una reale distanza tra lega e giocatori motivati da valide ragioni entrambi, vedremo se avrà uno strascico nel proseguimento della stagione, ma il rischio c'è. Lebron lo ha definito uno schiaffo in pieno volto e storicamente quando si provoca cosi un RE la vicenda non finisce senza scorie. Un giudizio su questo All Star Game è complicato, vale un po' lo stesso discorso di Sanremo, con cosi pochi giorni per organizzarlo, dubbi fino all'ultimo sull'effettiva realizzazione e le scontate difficoltà riscontrate è già un miracolo averlo portato a termine. Non è stato un All Star Game memorabile se non fosse per l'unicum del contesto storico e i soli 1500 spettatori sugli spalti, a fine manifestazione alle 5 del mattino italiane si spera di non dover mai più vedere un evento cosi ricco di storia cosi scarno di emozioni e significato.

 

  • 22 anni studente di Lettere - Cultura Teatrale a Bari e per hobby barman. Appassionato, se non ossessionato, dallo sport da quando lattante preferivo le repliche della Premier League ai Looney Tunes. Crescendo diventato poi insonne per godersi le partite NBA sulla west coast alle 4:30 o i primi turni dell'Australian Open. Il mio più grande desiderio sarebbe far diventare la mia grande passione il mio lavoro, la mia vita.

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