Le luci e le ombre di Nick Kyrgios
L'australiano fa parte della generazione più sfortunata nella storia del tennis.
La storia di Nick Kyrgios è diversa, poiché non parliamo di un giocatore limitato dall’onnipotenza della generazione d’oro, ma da una mente che sembra tratta da un romanzo di James Joyce: il suo carattere come il suo tennis sono puro flusso di coscienza, la tecnica narrativa che rende l’"Io caotico", sincero e genuino, e per questo ricco anche di contraddizioni. Questi aggettivi rappresentano perfettamente l’unicità dell’australiano in un panorama lontano dall’eccentricità dei McEnroe, Connors e del primo Agassi e ora ingessato in un canone che risulta fin troppo banale e ripetitivo: un’immensa tela grigia con qualche rara pennellata colorata realizzata da Nick, Federer, dal nostro Fognini e da pochi altri.
Genio e sregolatezza vanno a braccetto nello sport quanto nell’arte, e Kyrgios n'è la dimostrazione: a gesti tecnici unici e irripetibili (il tweener vincente contro Nadal a Wimbledon 2014, gli ace battendo da sotto eccetera eccetera) o siparietti comici sul campo (a Washington 2019 in semifinale contro Tsitsipas chiese ad uno spettatore in prima fila come servire sul match point), ha sfortunatamente alternato comportamenti folli e immaturi, danneggiando irrimediabilmente la sua figura e la sua credibilità dentro e fuori il campo.
L’etichetta di “Bad Boy” gli viene definitivamente affibbiata dopo l’alterco con Wawrinka durante un match a Montreal nel 2015, insultando lo svizzero e la sua nuova compagna Donna Vekic, perchè ex fidanzata di un altro talento australiano Kokkinakis, amico di Nick, svanito dai radar per un serie infinita di infortuni. Da lì in poi una sfilza di multe per racchette “violentate”, insulti agli arbitri, condotta antisportiva, ma anche una sorta di "tanking" per usare un termine cestistico (la sua vera passione, giocatore fino ai 14 anni e tifosissimo dei Boston Celtics) a Shanghai per 2 anni di fila, ritirandosi senza reali motivazioni e facendo praticamente finta di giocare. Risultato? 2 maxi multe e un paio di settimane di squalifica poi ridotte.
E’ nel 2019 però che dà il meglio, ovvero il peggio, di sè: a Roma litiga con l’arbitro iniziando a sbraitare verso i tifosi inizialmente divertiti, ma poi scossi dalla violenza con cui spacca le racchette e fa volare una sedia in campo. Multa e partita persa a tavolino. Mesi dopo in quel di Cincinnati va incontro alla pena più dura mai inflittagli: 113 mila dollari di multa e una squalifica per insulti e sputi verso il giudice di sedia Fergus Murphy, a detta di molti il peggiore e più inadatto in circolazione, teoria confermata in quella partita, ma sicuramente non una buona motivazione per spingersi a tanto.
La gestione della rabbia e l’incapacità di rimanere concentrato per tutta una partita - o ancora più complicato per un intero torneo - sono i suoi più grandi difetti. Una ricerca continua di distrazioni e nemici immaginari su cui sfogare il suo nervosismo anche in situazioni di vantaggio. Sembra bastare davvero poco per fargli perdere la testa: una chiamata sbagliata, un colpo sbagliato dopo decine di perfetti o un colpo fortunoso dell’avversario possono farlo uscire totalmente dalla partita, per poi rientrarci con la stessa immediatezza.
Questo deficit, la vera grande differenza tra lui e i top, è causato anche dalla mancanza da inizio carriera di un coach: nel suo angolo si è soliti vedere gli amici che lo seguono da sempre e spesso il padre con il suo inconfondibile cappello ma, tranne qualche rara apparizione del capitano di Davis Lleyton Hewitt, mai qualcuno che si curasse del Kyrgios tennista. Assenza che è stata più volte spiegata dal diretto interessato: “non amo ricevere consigli, non ambisco a vincere un titolo dello Slam. Voglio solo giocare e divertirmi come preferisco, per questo un rapporto del genere sarebbe un incubo per entrambi”.
Una scelta bizzarra e controversa, come praticamente tutte quelle di Kyrgios, che hanno scaturito divisioni e dibattiti tra i fan e gli addetti ai lavori oltre che tra gli stessi tennisti: più volte interrogati a riguardo raramente hanno usato parole al miele - Nadal su tutti - in special modo nei mesi post pandemia mentre la stagione tennistica più strana degli ultimi anni riprendeva. Nick ha preferito rimanere nella sua Canberra per rispetto verso i morti e aiutare i suoi concittadini più sfortunati distribuendo spese da migliaia di euro, ma nel frattempo attraverso i suoi profili social commentava la situazione mondiale e del tennis come il caso Zverev o le posizioni di Djokovic sui vaccini e le limitazioni imposte ai tennisti.
Non è volontà di questo articolo esporre considerazioni su queste esternazioni, i casi toccati e le risposte ricevute, ma narrare nel piccolo le luci e le ombre di un talento raro, capace di catturare l’attenzione di tutti: sostenitori, detrattori, amanti del tennis e non.
Analizzata la psicologia del giocatore, merita la dovuta attenzione la tecnica e ciò di cui è capace il giocatore sul campo: parliamo di uno dei migliori servitori in circolazione, capace di raggiungere altissime velocità e utilizzare rotazioni esasperate buttando fuori l’avversario con la prima come con la seconda, spesso giocata a tutto braccio. A queste capacità si aggiunge una padronanza totale dei colpi da fondo, spesso giocati con una tale facilità e sufficienza da poter pensare di star vedendo un esibizione. Cambi di ritmo continui: slice, back, top trovando angoli strettissimi, colpi piatti e "comodini" di dritto, senza dare punti di riferimento all’avversario, poiché come detto in precedenza il suo gioco è pura improvvisazione. Nessuno schema preparato, ma pensiero che diventa una successione di colpi di puro istinto, come se fosse un batterista jazz durante una jam session.
Difficile dire se sia una fortuna o un peccato che questo Kyrgios lo si è visto così poco, ma quasi sempre contro i più forti: è l’unico oltre Hewitt ad aver battuto all’esordio Nadal, Federer e Djokovic. Contro quest’ultimo ha un parziale addirittura di 2-0 (Acapulco e Indian Wells 2017), ma se dovessi scegliere i match che meglio rappresentano il talento unico di Kyrgios sarebbero i match contro le altre 2 leggende (bonus track: Atp Cup 2020 VS Tsitsipas): la vittoria al suo primo Wimbledon contro Nadal (in quel momento n.1) nel 2014 fu un fulmine a ciel sereno che rimarrà negli annali e nelle menti dei fortunati spettatori; la sfrontatezza con cui giocò e vinse impressionò tutti e si rivide un anno dopo nel primo incontro con Federer, sulla terra rossa di Madrid, 3 set tutti finiti al tie break e sempre sul filo del rasoio; come esattamente 2 anni dopo sul cemento di Miami, ma con questa volta Federer vincitore, in una delle partite più belle del decennio a livello ATP.
Nadal vs Kyrgios dopo il 2014 è sempre stata molto più di una partita: una sfida di nervi in cui entrambi cercano di destabilizzare l’altro, arrivando quasi allo psicodramma nella tesissima battaglia di Acapulco nel 2019 fino ai 2 match identici (6-3 3-6 7-6 7-6) vinti da Nadal a Wimbledon 2019 ed agli Australian Open del 2020, il torneo più sentito da Kyrgios, dove si è reso autore in questi anni di veri miracoli sportivi (vedi vs Seppi nel 2015 o vs Khachanov nel 2019) ma dove comunque non è mai arrivato oltre i quarti di finale, deludendo il suo pubblico che non lo ha mai abbandonato e lo supporta con un tifo da Davis in Sudamerica.
Che lo si ami o lo si odi, le emozioni che provoca questo ragazzo sono potenti ed è difficile rimanere impassibili dinnanzi la sua estetica tennistica e le sue dichiarazioni. Un ragazzo che dice di non amare lo sport che pratica, prevedendo un ritiro dopo il decimo anno di carriera (2023) per dedicarsi agli eSport. Un tennista capace di battere Nadal scendendo in campo, a detta sua, non avendo del tutto smaltito la sbornia della sera prima.
Un tennista che non può che incuriosire e lasciare un marchio indelebile nella storia del tennis. Anche non dovesse vincere uno Slam od un Master 1000, come fatto finora.
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