arthur mckennie
1 Febbraio 2021
5 minuti

La Juventus non può fare a meno di Arthur e McKennie


Si entra nella fase calda della stagione ed è sempre importante avere delle certezze. Nella Juventus di Pirlo ce ne sono state fino adesso poche, ma nelle ultime settimane i nomi di Arthur e McKennie sembrano aver regalato al tecnico bresciano qualche sicurezza in più.


In un anno di parziale rivoluzione del centrocampo bianconero, con gli addii di Pjanic e Matuidi, ormai cavalli a fine corsa, si è deciso di puntare su ciò che la piazza offriva senza troppi esborsi economici.

Alla Juventus sono arrivati due calciatori assolutamente diversi, e diverse sono state anche le reazioni con cui sono stati accolti: Arthur e McKennie.

Il 29 giugno, giorno dell’ufficialità del brasiliano, l’allenatore della Juventus era ancora Sarri.

Ciò che sapevamo di Arthur era il suo possedere un’ottima tecnica di base, una buona protezione di palla e una determinante visione di gioco. Quello che pensavamo di lui era però che non fosse pronto a giocare come regista in un centrocampo a tre “sarriano”: era pronto dal punto di vista della costruzione di gioco, ma la sua poca prestanza fisica e capacità di schermare gli attacchi avversari ci faceva venire qualche dubbio sul fatto che potesse giocare realmente come regista.

Qualità che tra l'altro aveva ben dimostrato di avere.

In una conversazione estiva con i colleghi di Sportellate, il ruolo in cui lo vedevamo era quello di mezzala destra di costruzione, senza grossi compiti di inserimento. Per intendersi, alla Verratti con l’Italia.

Poi molte cose sono cambiate: Sarri viene esonerato e arriva Pirlo. Nella più totale oscurità della conoscenza delle idee tattiche di Pirlo, Arthur poteva rappresentare esattamente l’alter ego del centrocampista bresciano, l’uomo a cui affidare le chiavi della manovra.

Successivamente si è capito come Pirlo avrebbe giocato, perlomeno nelle sue idee di partenza, con un centrocampo a 4. Arthur necessitava accanto a sé di un compagno di reparto che coprisse le sue lacune fisiche e di recupero palla.

In realtà, quando la squadra sembra poter cominciare a girare con lui, viene colpito dalla sfortuna. Nella partita contro l’Atalanta è costretto a uscire anzitempo per uno scontro di gioco. E’ costretto a restare quasi un mese ai box e si perde un po’.

La vera svolta avviene nella finale di Supercoppa Italiana contro il Napoli: la posizione che Arthur assume quasi a sorpresa è più simile a quella di mezzala sinistra, in grado di essere più libero perché con meno responsabilità difensive (passate a Bentancur).

In più, in questa posizione decentrata il suo raggio di manovra sembra più ampio, trova maggiormente familiarità con la giocata verticale. Essendo i passaggi brevi (e non le verticalizzazioni in profondità) il suo punto di forza, il suo compito risulta facilitato giocando in una posizione più avanzata.

Con la variazione del suo modo di giocare, la Juventus può permettersi di “switchare” più facilmente verso un centrocampo a 3. Anche la fase difensiva ne esce rafforzata, complice anche la “gamba” di McKennie, abile nel recuperare velocemente nelle transizioni.

L’heat-map di Arthur del ‘19-’20 suggeriva che la soluzione fosse sotto ai nostri occhi, poiché la zona di sinistra è in modo evidente quella in cui transita maggiormente il brasiliano. E’ quindi lì che deve giocare.

L’altro imprescindibile per il centrocampo di Pirlo è diventato McKennie. Arrivato nel silenzio generale (anche se chi seguiva la Bundesliga probabilmente non rimarrà sorpreso del suo exploit), l’americano è un giocatore duttile, in grado di giocare praticamente in qualsiasi posizione.

Allo Schalke 04 ha infatti giocato da: mediano a due, mezzala a tre, centrale difensivo a tre e addirittura seconda punta in situazioni d’emergenza.

Quello che inizialmente aveva colpito il tifoso bianconero era l’aggressività in recupero palla, che aveva semplificato per molti il paragone con Davids. Successivamente, nella partita contro lo Spezia, viene schierato in un ruolo atipico: spostato sulla destra con compiti di inserimento.

Il primo gol segnato da Morata in quella partita (finita 4-1) è frutto di una sua incursione ben servita da Danilo. Da qui il secondo paragone con Vidal.

La realtà è ben altra: McKennie è un giocatore a sé stante, e non assomiglia a nessuno dei due, ma allo stesso tempo prende qualcosa in prestito da entrambi.

L’americano è un giocatore che sembra più maturo dell’età che ha: per la scelta delle giocate, per il fatto che sembra sapere prima dove finisca il pallone e per la rapidità e al tempo stesso l’incoscienza di pensiero. Sembra far parte di quella “cucciolata” di giocatori nati tra fine anni ’90 e inizio anni 2000 - come Mbappé, Sancho, De Ligt o Zaniolo, per fare alcuni esempi - che definirei da videogioco, che fanno cose che sembrano uscite da Fifa o Pes, a seconda della preferenza.

Il momento in cui ho capito che McKennie fosse indispensabile per Pirlo non è il derby, partita in cui entra e decide, né contro il Barcellona, condita da un gol d’autore. La partita in cui si capisce il vero valore del texano è Juventus-Sassuolo, in cui rimane in campo poco più di un quarto d’ora.

Lo si capisce perché si nota facilmente la differenza nelle due fasi con e senza la sua presenza. McKennie è il collante perfetto: lo trovi come uomo in più a far pressing alto, come “tappabuchi” in fase di non possesso e a dare la superiorità numerica al limite (se non dentro) l’area di rigore.

Secondo la sua heatmap stagionale potrebbe essere definito “l’uomo ovunque”.

Adesso chiudiamo gli occhi e pensiamo da quanto un centrocampista bianconero non fosse così efficace e risoluto nelle scelte in zona gol, come vediamo dall’assist a Frabotta in quella partita. Il primo nome potrebbe essere Pogba.

La realtà dei fatti ci dimostra come nel secondo tempo contro il Sassuolo, la Juventus abbia vinto per inerzia quella partita (con i neroverdi in dieci uomini), ma per lunghi tratti la squadra di De Zerbi riusciva a mantenere il pallino del gioco facendo correre a vuoto la mediana bianconera. Compiti difensivi, quelli di McKennie, non ricopribili dal sostituto Ramsey, perché con evidenti differenze tecnico-fisiche e nell’interpretazione del ruolo.

McKennie è in fin dei conti quel giocatore che permette di mantenere la giusta distanza tra reparti: con lui la squadra non risulta sbilanciata e possiede equilibrio.

In sostanza, Pirlo potrebbe aver trovato la quadratura del cerchio per il suo centrocampo. La linea “mobile” a 4 dei titolari sembra sempre più virare verso questo poker di nomi: McKennie-Arthur-Bentancur-Chiesa. Tutti quanti giovani (nati tra il ’96 e il ’98) ma già in grado di capire il loro posto nel mondo. Non manca nemmeno l’esperienza a livello internazionale, perché tra il brasiliano e l’uruguaiano ci sono alle spalle molte partite di spessore sia con i club che con le rispettive nazionali.

Un importante banco di prova sarà per la Juventus il mese di febbraio, in cui dovrà affrontare due volte l’Inter in Coppa Italia, il Napoli e l’Atalanta in campionato e il Porto negli Ottavi di Champions.

Appello a Rabiot e Ramsey: se ci siete, battete un colpo. Altrimenti il centrocampo è definitivamente di quei quattro.


 

Autore

  • Nato nel 1997 nella provincia toscana e laureato in Scienze della Comunicazione a Siena. Innamorato del calcio grazie alla partita del Torneo di Viareggio che si giocava una volta all'anno nel mio paese e alle VHS con le sfide della Juventus per intero. Tifoso dei bianconeri, dell'Hockey Follonica (squadra della mia città) e della vecchia Montepaschi Siena. Mi emoziona qualsiasi tipo di impresa sportiva e cerco di scoprire prima il lato umano e poi agonistico dei protagonisti nel mondo dello sport. In attesa di ricominciare a studiare, osservo, memorizzo e prendo appunti.

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