Storia della rivalità Conte Capello: dal 2004 al 2020
La faida di qualche settimana fa tra Capello e Conte è solo l’ultimo dei continui botta e risposta tra l’ex tecnico friulano e quello leccese. Una storia nata nel 2004 che si è protratta fino ai giorni nostri. Una storia fatta di rifiuti, rancori e risposte piccate. Ripercorriamo tutta la vicenda che ha portato allo scontro televisivo tra i due e che sembra ancora lontana dal chiudersi.
Quel che noi sappiamo è che Antonio Conte è una persona molto fiera e gelosa del proprio modo di lavorare. E’ maniacale per tutto ciò che riguarda la sua professione ed è sempre andato avanti imperturbabile con le sue idee.
Se è vero che questo ha generato una buona dose di critiche da parte degli addetti ai lavori, dei commentatori o dei tifosi, la sua fermezza di pensiero gli ha dato più volte ragione, permettendogli di vincere sia in Inghilterra che in Italia e togliendosi molte soddisfazioni con una Nazionale tra le meno competitive della storia.
Per non dimenticare.
Chi tocca il suo modo di lavorare tocca un’intera ideologia: un modo di pensare e costruire i successi che ha bisogno di basi solide e strutturate.
E’ di poche settimane fa lo scontro tra Antonio Conte e l’ex allenatore Fabio Capello durante l’intervista post-partita contro lo Shakhtar, che è valsa l’eliminazione dell’Inter dai gironi di Champions League.
Se nel passato ci sono stati altri battibecchi tra giocatori o allenatori e gli opinionisti, nella maggior parte dei casi lo screzio durava lo spazio di un’intervista, non aveva motivazioni pregresse e non proseguiva nel tempo.
Lo scontro tra Conte e Capello ha invece radici più profonde, fatte da rancori passati e mai sopiti.
Comincia tutto nel 2004.
Atto I
La stagione 2003-04 è stata sotto le attese per la Juventus di Lippi: l’allenatore viareggino conclude la sua seconda e ultima parentesi sulla panchina bianconera con un terzo posto (alle spalle di Milan e Roma), la conquista della Supercoppa Italiana, la finale di Coppa Italia persa con la Lazio e l’eliminazione al primo turno contro il Deportivo La Coruna in Champions.
La squadra ha bisogno di un cambiamento. Antonio Conte ha 35 anni e già da un paio d’anni il suo fisico risente dell’età e subisce alcuni infortuni. Continuerebbe per un’altra stagione, ma secondo Capello non c’è più posto per lui nella rosa della Juventus.
Già, perché intanto la Juventus ha deciso ed ha strappato alla Roma il tecnico di Pieris. Capello punterà su Blasi, di ritorno dal prestito dal Parma, e sul “figliol prodigo” Emerson, acquistato a fine luglio dalla Roma.
Conte accetta la decisione, ma chiede di poter entrare nello staff tecnico della Juventus, trovando anche qui un’altra porta sbattuta in faccia.
Comincia probabilmente qui il “rancore” personale di Antonio Conte verso Fabio Capello, colpevole del suo addio dai colori che aveva indossato dal 1991. Allo stesso tempo, questo avvenimento potrebbe aver rappresentato un’ulteriore scintilla che alimenta il fuoco nell’animo del leccese.
Atto II
Nonostante la doppia porta in faccia, Antonio Conte non è uno che ama piangersi addosso: riparte da viceallenatore al Siena nella stagione ’05-’06. Poi guida l’Arezzo (avventura conclusasi con la retrocessione), il Bari (con cui conquista la promozione nel 2008-09), pochi mesi con l’Atalanta in A e di nuovo al Siena in Serie B, con cui torna di nuovo nella massima serie.
7 anni, è questo il tempo che ci mette Conte a mantenere quella promessa che aveva fatto, cioè di tornare alla Juventus come allenatore.
Nel 2014, dopo due scudetti e mezzo conquistati (parliamo dell’anno dei record dei 102 punti), la Juventus incappa in uno dei rari inciampi di quel campionato, un 2-2 esterno contro l’Hellas Verona. Al termine di quella partita, Conte decise di annullare il giorno di riposo, infastidito dalla rimonta subita.
Don Fabio criticò quella decisione: “Castighi non ne ho mai dati, non fa parte del mio modo di pensare”. E poi sottolineò il livello “troppo facile” del campionato italiano, fino a quel momento dominato.
Tali dichiarazioni vanno ad aggiungersi alle voci che volevano il tecnico friulano vicino alla panchina bianconera nel periodo in cui Conte era implicato nel caso Calcioscommesse. In quell’occasione, Andrea Agnelli smentì le voci e il ruolo di Capello nel voler tornare fu esiguo, ma tanto bastò per far pensare a Conte che qualcuno avrebbe potuto rubargli la seggiola. E da Capello non poteva proprio accettarlo.
L’intervento del Don riceve una risposta dai microfoni Rai. Dopo la vittoria contro il Chievo, Conte mostra i muscoli e risponde, sorridente ma stizzito, con la faccia di chi vorrebbe dire di più ma non può.
Nella diatriba, Conte rappresenta il giovane rampante, Capello invece il “vecchio” che si appresta a vivere gli ultimi anni di carriera.
Il tecnico leccese è cosciente di ciò che ha subito in passato e perciò le parole del suo avversario sembrano quasi stupirlo. La risposta è sarcastica nei modi, come Conte ha abituato fin dai primi anni da allenatore.
“Mi sorprende che abbia detto quelle parole conoscendo la sua gestione dei giocatori. Quando parla un guru del calcio noi dobbiamo fare reverenze e stare zitti”.
Poi prosegue: “Non allena lui e allora il torneo è di livello amatoriale, ma ripeto: rispettiamo le parole del guru. Da quando ci sono io alla Juventus parla molto, credo gli dia fastidio che i numeri parlino a mio favore. La Juventus ha stravinto due campionati con Capello ed è stata un’ingiustizia revocarli, ma guardo altri allenatori che hanno vinto tutto come Trapattoni e Lippi e sono rispettosi del lavoro altrui. Che guardi in casa sua e pensi a superare il primo turno dei Mondiali con la Russia. Chi è lui per dire che ho sbagliato?”
Dopodiché è silenzio assoluto, nessuna risposta per 6 anni. Arriviamo al 2020, anno in cui gli scontri si ripetono. Nel frattempo molte cose sono cambiate: Conte alla fine di quell’anno lascia la Juventus al secondo giorno di ritiro e gli viene affidato il ruolo di ct dell’Italia fino agli Europei 2016. Vince una Premier League con il Chelsea, prima di essere esonerato alla fine della stagione successiva.
Si prende un anno sabbatico e torna nel 2019 alla guida dell’Inter.
Nel 2018, Capello ha invece annunciato che dopo 37 anni di carriera era ora di dire basta, e adesso siede ormai come opinionista negli studi Sky.
Atto III
Il primo scambio di opinioni avviene ad inizio 2020, precisamente dopo la vittoria per 3-1 sul Napoli. L’oggetto della discussione è in questo caso prettamente tattico e riguarda l’atteggiamento dell’Inter in campo.
Capello commenta la prestazione dei nerazzurri, riducendola alla sola “difesa e contropiede” e allo sfruttamento degli spazi per le ripartenze. Conte ancora una volta non è d’accordo.
“Non penso che oggi ci siamo abbassati a difendere e ripartire. Mi è sembrato di vedere una squadra che è andata a prendere alto il Napoli per tutta la partita e gioca a memoria. Però il calcio è bello perché è vario… o avariato”.
Fino a quel momento, lo scontro si era mantenuto su binari puramente tattici, ma si infiamma con la stilettata di Conte verso il modo un po’ antiquato e semplice di Capello di vedere il calcio.
“Negli spazi comunque siete formidabili”, precisò Don Fabio. Ricevendo l’ennesima risposta di Conte: “Con tutto il rispetto parliamo di una squadra che sa sempre cosa fare in fase di non possesso”.
La vicenda finale e più famosa risale a poche settimane fa, dopo l’eliminazione dalla Champions per mano dello Shakhtar Donetsk, dopo lo 0-0 nell’ultima partita del girone.
Fabio Capello comincia spiegando il perché non sia arrivata la vittoria necessaria per la qualificazione: “Manca la qualità del giocatore che può fare la differenza: se non c’è la qualità certe partite non si vincono”
Rivolgendosi a Conte prosegue: “Siete stati sfortunati, però all’Inter è mancata la rabbia necessaria, certe gare si devono vincere per forza”. A questo appunto, memore forse degli screzi passati, si dedica al silenzio liquidando la faccenda con un “Non ho niente da rispondere”.
A questo punto, a intervenire è la presentatrice Anna Billò, che incalza chiedendo se l’eliminazione fosse un passo indietro rispetto all’anno passato.
Conte, qui in versione vittimista, non si prende colpe: “Tutte le squadre che ci affrontano stravolgono il loro sistema di gioco per pararci. Ci hanno affrontato in maniera diversa rispetto alla semifinale di Europa League (vinta 5-0)”.
Quindi Capello chiede: “Non avete un piano B per ribaltare le situazioni?”
E la risposta, quasi surreale è: “Non vogliamo renderlo pubblico, altrimenti ci parano anche quello”.
Il gelo in studio è palpabile all’abbandono di Conte delle telecamere.
Incommentabile, a prescindere dall'antipatia tra i due.
Il comportamento di Conte verrà poi molto criticato. In primis da Costacurta: “Sono molto deluso dal mio amico Conte, mi dispiace molto che non ci abbia rispettato. E’ una persona generosa e stasera non mi è piaciuto. Sono molto deluso da questo atteggiamento”.
L’intervento ha generato discussioni di ogni tipo, meme di vario genere e infiniti discorsi su come potevano comportarsi le due parti.
Chi ha ragione?
Come in ogni conflitto, la verità sta sempre in mezzo.
Per quanto riguarda la gestione tecnica del Conte giocatore, l’allenatore fa delle scelte che possono essere contestabili o meno, a meno che non siano per antipatia personale. E noi non sappiamo (ma escludiamo) che nel 2004 potessero esserci problemi sul piano personale tra i due.
Le dichiarazioni di Don Fabio sono state spesso fuori luogo, specie negli ultimi anni, quando tra il tempo speso tra la panchina da ct e gli studi televisivi, di tempo per parlare ne aveva a sufficienza.
C’è da dire che, e questo è totalmente opinabile, il modo di vedere il calcio di Capello sia rimasto un po’ indietro nel tempo. Spesso le sue prese di posizione non sembrano tenere conto di un gioco che soprattutto negli ultimi anni si è evoluto diventando più veloce e più tecnico. Sembra che i tempi televisivi per esprimere un concetto si debbano piegare al suo insindacabile giudizio e tutto gli sia dovuto per la sua grande e indiscutibile carriera.
Anche dal punto di vista della gestione dello spogliatoio (per far un esempio sul caso ritiro alla Juventus), sono cambiati i tempi. E in generale le dinamiche interne non andrebbero commentate se non si ha conoscenza degli avvenimenti realmente accaduti, come da lui precisato pochi giorni più tardi a quella querelle.
Dall’altro lato, occorre evidenziare due difetti noti dell’Antonio Conte allenatore: la sua permalosità e la sua poca elasticità mentale in primis. Se è vero che la carriera di allenatore gli ha dato fino a un certo punto ragione, non ha mai lasciato correre una critica nei suoi confronti senza rispondere.
Nella faida post-Shakhtar, le sue dichiarazioni sono imbarazzanti da fare di fronte alle telecamere, anche se figlie del nervosismo.
La storia europea di Conte è piena di passaggi a vuoto. I tifosi juventini si ricorderanno nello stesso anno l’eliminazione con il Galatasaray e con il Benfica in Europa League, in un match finito 0-0 che ricorda proprio quello contro lo Shakhtar. Anche in quell’occasione sarebbe bastato un gol e ci furono numerose occasioni per raggiungere la finale a Torino. Ma le similitudini non si fermano, se pensiamo che il tuo centrocampista migliore (allora Vidal, oggi Barella) furono rischiati pur in non ottime condizioni fisiche.
Avrebbe potuto dire “magari questa volta ho torto” e accettare un fallimento, ma è anche vero che senza questo suo carattere Antonio Conte non si sarebbe chiamato Antonio Conte e sarebbe probabilmente stato un allenatore normalissimo.
Una cosa è certa: questo continuo confronto con stuzzicamenti di vario genere è ancora lontano da finire.
(p.s. l’11 gennaio Capello in un intervento in radio avrebbe dichiarato che Conte sarebbe “incontentabile” perché non ci sarebbe nessun motivo di chiedere rinforzi per una squadra che non avrà le coppe fino a fine stagione. Conte, per il momento, non ha risposto.)