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quinto di centrocampo
, 10 Dicembre 2020

Il tipico "quinto" di centrocampo


Anatomia di un ruolo che ha conquistato la Serie A.

L'evoluzione del linguaggio utilizzato ci tocca quotidianamente in tutto e per tutto. In un ecosistema che con facilità trova spesso nuovi stimoli nelle varianti di gioco espresse, il "quinto di centrocampo" è diventato un'espressione che più che mai caratterizza la Serie A.

Alcune parole si sono sovrapposte ad altre: ora le fasce sono corsie e l'attaccante atipico è il falso nueve. Per certo, arrivare quinto che sia un mondiale di Formula 1 o una classifica a punti di un torneo di freccette sul lungomare di Rimini, nelle menti dei partecipanti evoca l'eco della sconfitta. In questo caso, si riscopre invece essere un'arma a vantaggio di chi ne riesce ad intravedere le inespresse potenzialità.

Per gli appassionati di calcio la parola "quinto", negli ultimi anni non può che far nascere stupore nella riscoperta di un ruolo che per larghi tratti è stato assopito dallo stereotipo di "difensore laterale". Ora, questo invece è assimilabile ad un valore aggiunto per quei club che lo amalgamano nei propri schemi di gioco; l'importanza che il calciatore riveste risulta cruciale nell'allacciare la transizione dell'azione dalla fase difensiva a quella offensiva. Nell'allargarsi sulle corsie libera spazio ai centrali di difesa per iniziare l'azione dal basso, sfruttandone l'ampiezza datagli dalla posizione delle mezz'ali di centrocampo e dai quinti corrispondenti, nella tempestiva ricerca di traccianti in grado di innescare le punte e la profondità della manovra.

Il mantra delle squadre che adottano il "quinto" nel proprio sistema di gioco è proprio quello di sfruttare l'ampiezza, nei cambi di gioco e negli inserimenti di quest'ultimi alle spalle dei terzini avversari; soluzioni in grado di arrecare più uomini possibili in area per concluderne con veemenza la sortita. Più di tutte, la caratteristica che infatti accomuna l'identikit di questa tipologia di calciatore è l'irruenza agonistica, la decisione con cui egli debba interpretare le situazioni di gioco prepostogli, risultando determinante.

Che si tratti di un'azione offensiva o difensiva, l'interprete in campo deve essere consapevole della centralità del ruolo rivestita; l'equilibrio dei moduli che collimano a questa soluzione è dettata dai perfetti tempi d'inserimento e da quelli di ripiegamento nella transizione tra le due fasi della manovra, sia in copertura ai difensori centrali che in marcatura preventiva sulle sortite degli esterni offensivi. Inutile credere che la modalità "risparmio energetico" sia contemplata; i manager che credono fortemente in questa ideologia calcistica tendono a non prevedere una possibile situazione di gioco in cui le vesti del "quinto" non siano presenti nella trama del film. Forza fisica ed esplosività racchiusa in un tipico "quinto", ora tramutatosi in esterno offensivo: Adama Traoré del Wolverhampton.

Adama Traoré in campo contro il West Ham.

Si può benissimo pensare che la cosiddetta giornata no di questi calciatori condizioni indubbiamente le prestazioni dei restanti componenti. I primari esponenti di questo calcio, vedono nel 3-5-2 il vestito su misura per far esprimere al meglio gli interpreti in campo.

L'imperativo intesosi, è quello di avere un calciatore ibrido che sappia perfettamente calarsi nel contesto organizzativo richiesto; la propensione all'utilizzo della difesa a tre di molti tecnici, costringe inevitabilmente il nostro protagonista ad una maggiore copertura delle porzioni di campo per la salvaguardia degli equilibri tattici della squadra.  L'inserimento del "quinto" nello scacchiere di gioco, non deve snaturarne le caratteristiche offensive nel propendere all'interpretazione del ruolo: velocità, rapidità, forza e dribbling sono attributi che gli allenatori richiedono a questi esterni per poter catalizzare le sortite avanzate.

Oltre a queste, la capacità che se ne pretende nella lettura dei momenti di gioco è paragonabile all'importanza che il play basso esercita nel rendere fluida la circolazione del pallone tra i reparti. I movimenti senza palla volti ad occupare gli spazi liberi lasciati, creando superiorità numerica in zone nevralgiche del campo, permettono di sviluppare situazioni altamente favorevoli come un cross o un di 2 vs 1 sulle corsie, che possano portare il gruppo ad abbracciarsi dopo un gol alla bandierina, rendendo ininfluente il tentativo avversario di fermarne l'avanzata.

Stereotipi comuni

Il progressivo abbandono al "classicismo" che ha visto nascere diversi stereotipi sul calcio italiano, da sempre considerato come prettamente difensivista, lascia ormai il tempo che trova alla comparsa di un gioco adeguatosi alla più recenti e propositive attitudini; tendenza ormai decisamente incline alla stragrande maggioranza delle squadre del nostro campionato. Nel contesto attuale, si innesta perfettamente la propensione all'utilizzo della difesa a tre come una soluzione dominante nel portare la fase di pressing alla squadra avversaria, in modo tale da essere subito presenti nell'accompagnare con i restanti membri la transizione descritta e potendo così recuperare palla in una posizione avanzata di campo. Nella contrapposta fase, la ricerca invece di una maggiore copertura difensiva che veda il "quinto" come collante tra i reparti, trova negli spazi stretti e nell'omogeneità delle zone di terreno copertosi, la possibilità di ricercare soluzioni esplorabili che permettano alle corsie esterne di apportarne un valore aggiunto.

La linea di demarcazione trattata sembra incline ad affermare che il tipico sistema di gioco che preveda la presenza in campo di un qualsivoglia quinto, riesca a portare notevoli benefici in termini di bilanciamento ed equilibrio alla squadra. Ma tutti i cicli che come tali si affermano, possono trovarne lungo il proprio cammino difficoltà cui a gran voce richiamano il proprio manager a tornare sui propri passi nel ricercare soluzioni alternative a quelle sinora citate. Ad ogni modo difficilmente riuscirà a privarsene, ne quanto meno a decidersi ad arretrarlo nella fatidica linea di difesa a quattro, non sia mai.

Il più delle volte (come tuttora sta esplorando questo sistema la squadra nell'esempio di seguito riportato), l'allenatore in questione prevede una variante nel suo tipico sistema di gioco, in cui la beneamata mezz'ala del tipico 3-5-2, sia in grado di avanzare tra le linee delle trequarti ed imprimere una soluzione tattica in cui il "quinto" sia costretto ad entrare più spesso in mezzo al campo ed essere maggiormente coinvolto in soluzioni di gioco che lo richiamano a legare di più con i propri compagni di reparto.

La variante di cui si parla vede nel 3-4-1-2 la soluzione prediletta; la sostanziale circostanza che si discosta dal consueto 3-5-2, vede nell'uno in questione raffigurare quel jolly che letteralmente interpreta il ruolo senza un copione alla mano e che consapevole delle proprie caratteristiche tecniche reca supporto alla costruzione della manovra offensiva venendo a ricercare palla sulla linea dei centrocampisti, riproponendo per un attimo il tipico 3-5-2. D'altro canto, in una manovra che arrivi a svilupparsi nei pressi dell'area avversaria "lui" può convogliare le proprie doti (tecnicamente superiori rispetto alla classica mezz'ala del 3-5-2) per imbucare un filtrante decisivo per la conclusione della sortita, sia per l'esterno,  che per la punta, o per lo stesso centrocampista che dalle retrovie tenta l'inserimento alle spalle dei difensori avversari.

L'allenatore che nel corso del suo ciclo riesce a sviluppare metodologie alternative come questa, riuscirà ad inserire una valida alternativa volta a mischiare le soluzioni proposte per imbrigliare le trappole che con il tempo è normale aspettarsi dai propri diretti rivali.

Le evoluzioni tattiche, sono processi discontinui che talvolta possono trovare difficoltà nel manifestarsi nel breve periodo; si rende quasi necessario il profilarsi di progetti volti a lungo termine che concedano il tempo necessario ai manager di infondere le proprie idee, per farle così assimilare. Numeri alla mano una squadra che in questi anni merita di essere menzionata è l'Atalanta, che agli occhi di tutti gli appassionati sportivi ha fatto brezza in milioni di telespettatori. Progetti iniziati non col giusto piglio che, ad un passo dal baratro, sono stati ripagati con la conforme dose di lavoro, fiducia e sacrificio prostrato nel lungo periodo. In questo Gasperini è stato maniacale.

Negli ultimi anni, la necessità di minimizzare gli sforzi economici non disperdendo risorse inutili per calciatori non funzionali al progetto tecnico, sono stati i capisaldi dei manager amanti del "quinto". Spesso, egli è quel classico interprete che trova i giusti riferimenti esclusivamente nel modulo di gioco prepostogli. Se ne parla fin troppo spesso bene quando risulta essere un valore aggiunto, ma se adattato fatica talvolta a ritrovare la giusta alchimia. Non per questo anche qui l'Atalanta può essere un valido esempio: giocatori inizialmente sconosciuti come Gosens ed Hateboer, che tanto bene hanno fatto per la Dea, riuscirebbero a riproporre le prestazioni mostrate accasandosi in altre realtà?

Hateboer e Gosens esultano dopo un gol in Champions League con l'Atalanta.
Hateboer e Gosens, in questo senso sono l'epitome dei quinti di centrocampo.

Timothy Castagne ad esempio, per larghi tratti dodicesimo uomo di lusso, ha dimostrato andando al Leicester in estate di saper arrivare al gol anche giocando da difensore basso, e non solo da "quinto". Gli atalantini potrebbero così rimpiangere le sue buone sortite che anche in questa stagione sarebbero state fondamentali per il cammino sui tre fronti, nel momento in cui le alternative proposte, vedi i vari Mojica e Depaoli, non sembrano essere assolutamente pronti per mantenere gli standard qualitativi forniti dal belga.

Un calciatore come Hakimi, oggetto del desiderio di molti club, deve trovare in Antonio Conte uno sposo perfetto. La storica frase di Caressa: "secondo voi Cancelo vale 30 milioni in più di Lazzari della SPAL? Secondo me no", anche se totalmente fuori dai denti, ne esprime come ormai dell'importanza di questi calciatori tutta fascia e tutta gamba, se ne parli con la giusta dose di piacere ed ammirazione, per la consacrazione del ruolo avutasi in questi anni. Chi l'avrebbe mai detto.

Il gioco vale veramente la candela? Piace pensare di si. Un allenatore con tale indole, non può prescindere dall'importanza dei suoi quinti sulle corsie esterne, offrendo loro un progetto tecnico in grado di condurre in cassa l'ingente investimento apportato per coccolarseli. La soddisfazione che porta vederli ad arrivare sul fondo (spesso in situazioni di superiorità numerica) per disegnare perfetti traccianti, magari per il quinto opposto che ne chiude l'azione, è la massima espressione di gioia racchiusa in settimane e settimane di memorandum calcistici. Abbiamo scelto alcuni dei nostri gol da-quinto-a-quinto preferiti.

Cross di Gosens, tap in di Hateboer dal lato opposto del campo

Hateboer che ricambia il favore

All'esordio dello Juventus Stadium


  • Nato a Rimini il 5 luglio 1996. Laurea magistrale in Management all’Università di Trento ma di cose realmente gestite finora riporta la “mise en place” di alcuni ristoranti in riviera e la sistemazione dei lettini in spiaggia. Terzinaccio generoso dotato di un sinistro considerevole, più deciso che mai a saziare la sua insanabile voglia di sport parlandone. Sogna di vedere suo padre festeggiare la vittoria della Champions League della Juventus e, personalmente, di assistere ad una partita all’American Airlines Center di Dallas gridando “Luka Doncic step back” con in sottofondo un “mamma butta la pasta” del mitico Dan Peterson.

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