In parziale difesa di Antonio Conte
La maggior parte delle statistiche dell'Inter evidenziano il grande lavoro svolto da Antonio Conte, i risultati meno. I problemi ci sono e sono evidenti, ma per risolverli il tecnico leccese dovrebbe snaturarsi. Sarà disposto a farlo?
Una decina di giorni fa, qui su sportellate abbiamo analizzato le statistiche di squadra relative alle prime giornate di questa Serie A e... Volete sapere cosa ci hanno detto? Perchè è “agghiacciandeee” quello che ci hanno detto. Sempre che i dati siano stati raccolti correttamente dai portali, l'Inter si sarebbe posizionata:
- al primo posto nella classifica degli “expected goals” calcolati da Fbref, e al secondo posto in quella stilata da Understat (per chi non lo sapesse, gli “expected goals” sono le reti attese dai modelli statistici, in relazione alle opportunità da gol che un club ha effettivamente creato sul campo);
- sempre al primo posto nella classifica concernente il PPDA (Passes Allowed per Defensive Action), il numero medio dei passaggi che la squadra difendente concede a quella avversaria prima di tentare un'azione di disturbo (l'Inter, in media, cerca di interrompere le azioni avversarie ogni 7 passaggi: nessuno fa meglio);
- al sesto posto nella classifica delle pressioni effettuate con successo, ma sul più alto numero di tentativi portati;
- al primo posto nella classifica concernente l'OPPDA, il numero medio di passaggi che la squadra in possesso del pallone riesce a compiere prima di subire la pressione avversaria;
- di nuovo al primo posto nella classifica riguardante il numero di passaggi effettuati nell'ultimo terzo di campo, quello occupato dalla squadra difendente;
- e, infine, al secondo posto, dietro l'Atalanta, nella classifica dei fraseggi effettuati nell'area di rigore avversaria.
Dunque, l'Inter macina gioco ad alta intensità, crea tante occasioni da gol e impone la propria supremazia territoriale sugli avversari?
Ni, perchè la realtà non conferma del tutto questi dati.
Al momento, i nerazzurri occupano solamente il quinto posto in classifica e, dopo la sconfitta interna contro il Real Madrid, sono vicinissimi alla prematura eliminazione dalla Champions League. Per questa ragione, i tifosi chiedono a gran voce la testa di Conte, o, quantomeno, il suo parrucchino. Non li si può di certo biasimare, ma prima di prendere in considerazione i loro motivi, spezziamo una lancia in difesa del bell'Antonio, dalla chioma artificiale, folta e lucida.
Vincendo le ultime due partite l'Inter può ancora qualificarsi, ma ora non è più padrona del suo destino.
Innanzitutto, è bene mettere subito in chiaro una cosa: la squadra nerazzurra non è affatto la corazzata che tutti pensano che sia.
Sebbene la rosa sia davvero lunga e completa dal punto di vista numerico (a voler essere pignoli, mancherebbero giusto un difensore centrale e la riserva di Lukaku), non lo è altrettanto dal punto di vista qualitativo. Semplificando, ci sono un po' di giocatori molto forti (De Vrij, Barella, Lukaku e Lautaro Martinez), tanti comprimari (D'Ambrosio, Darmian, Brozovic, Skriniar, Vecino e Sensi), qualche giovane di belle speranze (Bastoni, Hakimi e Pinamonti), qualche ragazzo inadeguato (Ranocchia e Gagliardini) e una nutrita pattuglia di calciatori esperti, che hanno ormai superato il loro periodo di forma migliore e che, in alcuni casi, neanche rientravano nei piani tecnici e societari (fanno parte del primo gruppo Handanovic, Vidal, Sanchez, Kolarov e Ashley Young; appartengono invece al secondo, Ivan Perisic e Radja Nainggolan).
Poi c'è Christian Eriksen, il fantasista danese diventato, agli occhi dei sostenitori, il simbolo per eccellenza della cattiva gestione contiana. Il tecnico viene rimproverato di essere insensibile al talento e di prendere in considerazione solo i giocatori più servizievoli, dediti al compitino ed inclini al sacrificio, che può vantare a disposizione: i famosi “soldatini”. Queste critiche non sono portate a torto, ma se da un lato si può accusare Antonio Conte di eccessiva rigidità ed intransigenza, dall'altro non si possono dimenticare le tante scialbe prestazioni offerte dall'ex giocatore del Tottenham da gennaio a questa parte.
Si dice che un buon tecnico sia quello che riesce a trovare un sistema di gioco che massimizzi le qualità dei propri singoli, ma guardandola da un punto di vista diverso, si potrebbe anche affermare che un vero campione emerge in qualsiasi contesto, a prescindere dal fatto che gli venga richiesto di aggredire l'avversario o meno. Eriksen, nel corso della sua carriera, ha sempre avuto un approccio “molle” alle partite e, se è finito ai margini della squadra, in buona parte è anche colpa sua, dato che spesso ha scelto di non sacrificarsi in difesa, come, invece, hanno fatto tanti suoi compagni.
Però che peccato rinunciare quasi aprioristicamente a così tanto talento.
In ogni caso, il problema dell'Inter non è rappresentato né da Christian Eriksen, né dall'eccessiva prevedibilità delle proprie azioni di gioco, come tanti credono. Verticalizzare in direzione di Lukaku, sul lato destro del campo, per sfruttare le abilità nel gioco di sponda del colosso belga e premiare gli inserimenti dei compagni alle sue spalle, sta pagando, e anche piuttosto bene: se c'è una cosa che ci dicono le statistiche sopra riportate, è proprio che i nerazzurri non hanno problemi dal punto di vista offensivo, semmai ne hanno da quello difensivo.
È nella fase di non possesso che risiede il vero tallone d'achille di questa Inter. I gol subiti sono arrivati a grappoli e non solo per via di errori individuali, manca equilibrio e la distanza tra i reparti è troppo ampia.
Conte ha sbagliato, pur in una situazione di emergenza difensiva, ad impiegare Kolarov e D'Ambrosio al di fuori dei loro ruoli naturali, ma il punto è che il centrocampo non fa filtro. Le statistiche dicono che l'intensità nel pressing c'è, eppure, nonostante tutto, l'Inter concede poche, ma clamorose occasioni da gol all'avversario. Perché? Perché quasi tutta la pressione grava sulle spalle di Barella e Vidal. I due centrocampisti, nel ripiegare, non possono farsi carico anche dei compiti difensivi di Perisic, Brozovic, Eriksen e compagnia bella, ed è pertanto comprensibile che qualche volta aggrediscano a vuoto, lasciando la difesa sguarnita, o che commettano gravi errori nel tentativo di recuperare.
Da questa prospettiva, non si può criticare il lavoro di Conte, perché gli indici dimostrano che sta spremendo la squadra come pochi altri potrebbero riuscirci, forse nessun'altro, ma si possono criticare le premesse sui cui ha basato le proprie convinzioni. Memore delle vincenti esperienze passate, il tecnico si è ostinato nel piegare la squadra ai suoi dogmi, al suo 1-3-5-2, quando, considerate le caratteristiche di alcuni dei giocatori a sua disposizione, avrebbe fatto meglio ad implementare una strategia difensiva meno frenetica e più attendista. In questo modo, si sarebbero evitate le tante reti incassate nel tentativo, vano, di aggredire immediatamente alti gli avversari.
Ora, per la qualificazione agli ottavi di Champions League è forse troppo tardi, ma, per raddrizzare le sorti dei nerazzurri in campionato, l'allenatore leccese sarebbe ancora in tempo.
Solo che, conoscendo la sua testardaggine e l'incrollabile fiducia che ripone nelle proprie idee, è poco probabile che decida di invertire la rotta, cambiando registro.
È molto più probabile che continui a spremere l'arancia, laddove la polpa si è già bella che esaurita.
Ed in questo modo di agire, risiede il vero demerito di Antonio Conte.
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