La storia dell'Europa Club Esportiu
Alla ricerca della vera e ancora pura anima catalana, la nostra intervista al responsabile della comunicazione dell'Europa Club Esportiu.
Dopo una prima fermata negli Stati Uniti d'America, questa seconda tappa vuol essere un omaggio alla terra di Pepe Carvalho, della sua Charo, di Biscuter. Barcellona è storicamente centro di grandissimo fervore politico e culturale.
La sua storia, così come quella della Catalunya, è intrisa di resistenza, sacrificio e profondo orgoglio d'appartenenza che ogni anno viene celebrato l'11 Settembre, la Diada Nacional de Catalunya (che ricorda la caduta in quel giorno del 1714 della città nelle mani delle truppe borboniche).
Questo spirito ha pervaso - e non poteva essere diversamente - anche il campo da calcio facendo di Barcellona un centro innovatore del modo di concepire il Gioco: da Cruijff a Romario, passando per Maradona e finendo a Guardiola, Messi, Iniesta, Xavi etc.
Al centro di questo moto perpetuo c'è un cuore pulsante di catalanità: Gracìa. Col culo sui colli e il seno rivolto al mare, volendo parafrasare Guccini, Gracìa è l'anima di una città che, per quanto aperta al mondo, è ancora lo scrigno dei ricordi di un intero popolo e della sua millenaria storia e che custodisce gelosamente, lontano dalle mani fameliche del dominatore castigliano.
Nel cuore di questo barrio c'è la sua anima calcistica: l'Europa Club Esportiu, che forse più del Barca, che rimane essere sempre l'esercito disarmato della Catalogna, come lo definì Manuel Vazquez Montalban, mantiene intatta la natura popolare del calcio catalano.
E' uno dei club storici del calcio spagnolo, tra i fondatori della Prima Divisione spagnola (ora Liga), categoria in cui ha giocato per i primi tre anni. Il primo grande traguardo nel calcio fu quello di essere proclamato campione del Campionato di Catalogna battendo l'FC Barcelona per 1 a 0. Era la stagione 1922/23. Ciò permise all'Europa di giocare la Coppa del Re.
L'Europa sorprese tutti arrivando in finale contro L'Athelic Bilbao. I tifosi del Barcellona, feriti dalla sconfitta nel campionato catalano, assistettero alla partita per tifare l'Athletic, che significò l'inizio della rivalità dell'epoca tra le due entità. Forse il mondo del calcio non ha vissuto una finale più ingiusta di quella ... l'Europa ha colpito ben 10 volte il palo della porta difesa dai baschi e l'Athletic, in contropiede, ha segnato l'unico gol della partita vincendo la Coppa (0 -1).
Dopo decenni di alti bassi, tra promozioni e retrocessioni, non sempre maturate sul campo, sul finire degli anni '90 l'Europa ha raggiunto due volte la finale di Copa Catalunya. La squadra, allora in terza divisione, è riuscita a eliminare due volte l'RCD Espanyol in semifinale e l'FC Barcelona in due finali (la prima per 3 a 1 a L'Hospitalet e la seconda ai rigori nel campo 'neutro' del Miniestadi).
La "MATAGEGANTS" compì un'impresa senza precedenti, degna delle migliori favole di FA Cup: un club di Terza Divisione che vince due titoli di fila a una squadra di Prima Divisione. Uomini come Soitchkov, Xavi, De la Peña, Hesp, Blanc, Óscar, Pizzi, Andersson, Giovanni o Amor non sono stati in grado di battere Serafín, Badia, Arturo, Fernando, Amorós, Raúl Verdú, Pacha o Endrino.
Ma il Club non è solo Calcio. Essa è anche una grandissima polisportiva che annovera le sezioni di pallacanestro (ha avuto l'onore di giocare la prima partita ufficiale di basket nella storia della Spagna), boxe, atletica leggera etc.
Ecco la nostra intervista ad Angel Garreta, Cap de Premsa e comunicazione della squadra, con cui cercheremo di rivelare cosa sia veramente il Club Esportiu Europa per Gracia e la sua popolazione.
Buongiorno Angel, intanto grazie mille per la disponibilità. Toglici subito una prima curiosità: da dove deriva il nome Europa Club Esportiu?
Nel 1907, due squadre di calcio del quartiere di Gràcia si fusero: il club provenzale e il club di Madrid a Barcellona. Per non pagare gli alti costi di registrazione federativa, hanno preso in carico il fascicolo federativo e i debiti di quota pendenti dell'estinta Europa FC e sono stati fondati, cambiando l'acronimo, come CD Europa (a quel tempo in spagnolo, Club Deportivo Europa).
A cosa fanno riferimento i vostri colori sociali?
Erano i colori originali, all'epoca a righe verticali, per poi cambiare per una maglietta bianca con una "V" a forma di scapolare blu. Il blu è il colore della bandiera di Gràcia e il bianco è il fiore della bandiera, il giglio.
Quali istanze portano con sé?
Sono colori radicati nel territorio e utilizzati anche da molte realtà sportive.
Siete tra i fondatori della Primera Division (attuale Liga) ed una delle squadre più antiche del calcio iberico. Quali padri fondatori come vi pare sia cambiato il calcio? Ma soprattutto, credete in questo modello di calcio?
Nonostante abbiano fondato il primo campionato di calcio professionistico, molti dei club di quel lontano 1928 erano semi-professionisti. Negli anni, soprattutto dagli anni '90 agli attuali, la distanza tra calcio professionistico e amatoriale è netta, praticamente impossibile da colmare. Quel calcio "primitivo" era puro, ora è molto commerciale, un prodotto, con le sue stelle lontane dal mondo reale e dai loro tifosi. Per fortuna quest'ultimo è ancora conservato nel mondo amatoriale.
Siete nel cuore di Barcelona, nello splendido quartiere di Gracia: che rapporto avete con esso?
Siamo il club sportivo di riferimento a Gràcia. Il club negli ultimi anni si è aperto molto al quartiere e il quartiere al club. Il nostro stadio, con 2 diverse ristrutturazioni, è nello stesso posto da 80 anni, in sintonia con il quartiere.
Vi sentite una squadra popolare?
Sí, in tutto e per tutto.
Quanto incide il calcio nella società catalana?
Questo è lo "sport praticato nel tempo libero", si potrebbe dire. Lo sport migliore in termini di partecipazione.
Quali sono, invece, le criticità?
La mancanza di senso di appartenenza. I tifosi di calcio in Catalogna sono fondamentalmente concentrati su Barcellona ed Espanyol e pochissimi abitanti di altre città al di fuori di Barcellona non supportano le squadre della loro città, ma il Barcellona o l'Espanyol. Questo in Inghilterra, ad esempio, non accade. La tua prima squadra è la tua squadra di casa.
L’essere tornati a giocare al Nou Sardynia dopo anni di “esilio” vi ha fatto ritornare alle origini?
Sono state solo 3 stagioni per i lavori. Le radici non sono andate perse e si è giocato nelle vicinanze, nei quartieri Guinardó y Horta. I fan non dovevano andare molto oltre.
Alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni in Catalunya (penso al Referendum ed alla successiva repressione da parte del governo di Madrid) quanto vi sentite coinvolti nelle istanze indipendentiste?
Il carattere catalano del tifoso dell'Europa, così come quello degli abitanti di Gràcia, è di un grado molto alto di catalanità. Lo è così in effetti da secoli.
Cosa significa essere catalani oggi?
Buona domanda. Immagino che dipenderà dai sentimenti di ogni persona. Quel che è certo è che questi non sono tempi tranquilli, né nel bene né nel male.
Avete un azionariato diffuso e una forte base popolare: vi sentite in qualche modo responsabili verso il quartiere e la città, specie in questo periodo storico di crisi?
Il club non ha azionisti, ma membri (non è un SAD, ma un club dei suoi membri, non esistono proprietari individuali e privati). Negli ultimi anni abbiamo fatto molte azioni sociali a favore dei più bisognosi. Un club radicato nel suo ambiente è molto più di una squadra di calcio. O almeno dovrebbe esserlo.
Come può il calcio essere coinvolto nelle istanze sociali?
Allo stesso modo di una persona privata o di qualsiasi altra entità privata o sociale. Coinvolgimento territoriale, solidarietà di quartiere, promozione dei più deboli. Da noi ad esempio nel circolo ci sono borse di studio per bambini provenienti da famiglie non strutturate o senza risorse perché possano anche fare sport e gareggiare senza pagare una quota.
La odierna pandemia può disegnare un nuovo modo di intendere il calcio e riportarlo alla sua natura popolare?
Purtroppo non sembra che stia andando così. Si parla addirittura di una 'Super League' tra le 20 più grandi del continente. In effetti, con ogni anno che passa la distanza tra il professionista e il popolare è maggiore e nulla indica che cambierà.
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