Considerazioni sparse su "La Regina degli Scacchi"
"La Regina degli Scacchi" è un prodotto di enorme qualità.
- Netflix vince ma soprattutto (questa volta) convince con un prodotto tratto dall’omonimo romanzo del 1983 a firma di Walter Tevis. Una sceneggiatura precisa e seducente e il magnetismo della protagonista Anya Taylor-Joy (già vista in “Peaky Blinders” e “Glass” di M. Night Shyamalan) danno corpo e sostanza alla storia di una giovane donna che attraverso il gioco degli scacchi (che funge da metafora della vita) si fa largo in una società fortemente patriarcale e standardizzata nei suoi valori fondanti;
- Quello che colpisce di questo prodotto è il paragone qualitativo con un altro prodotto Netflix, “Enola Holmes”, che vede anch’esso una donna a rivestire il ruolo principale, ma non si avvicina neanche lontanamente a certe finezze. Se “Enola Holmes” infatti prende tutti gli stereotipi maschili e li trasla su uno scheletro (vuoto) femminile, sorreggendolo con una trama zoppicante e dei luoghi comuni piuttosto imbarazzanti, ne “la regina degli scacchi” tutto trova il proprio tempo e il proprio spazio con la conoscenza del gioco che si evolve e cresce al pari della protagonista. La vita non priva di dolori e miserie tempra la giovane donna e la istruisce nell’arte scacchista in un crescendo rossiniano che si palesa puntata dopo puntata e mostra magistralmente come la bravura negli scacchi sia il risultato, in una certa parte, anche della propria intelligenza emotiva;
- Su questo aspetto desideriamo soffermarci poiché questa serie non gioca con lo spettatore spingendo il piede sul binario del pietismo e della lacrima facile. Non pigia il piede su diseguaglianze di genere o recriminazioni assolutamente comprensibili, per altro. Fa una scelta in controtendenza tipica dei grandi: mostra una donna che ben presto capisce la propria strada e uno alla volta supera gli ostacoli che le si dipanano innanzi. La crescita umana della protagonista è espressa con rara maestria e un ottimo uso dei tempi e del linguaggio, spesso anche para verbale;
- Una menzione speciale la meritano anche gli attori di contorno. Si va dall’ottimo ex (anti) potteriano Harry Edward Melling che dopo tanti ruoli da cattivo (spesso in prodotti Netflix) sceglie un personaggio caratterizzato dalla forte umanità. Ottima la prova anche del veterano Bill Camp (recuperatevi “The outsider” e “The night of”). Bella anche la prova di Thomas Brodie-Sangster, interesse amoroso mortificato dalla superiorità così dolce e destabilizzante della protagonista. Ottimo casting;
- Merita un applauso anche l’ost (colonna sonora) di Carlos Rafael Rivera, davvero evocativo e ben realizzato (su YouTube potete ascoltarlo integralmente e gratuitamente). Quindi sostanzialmente "La Regina degli Scacchi" è un prodotto super consigliato e che dovrebbe rappresentare la bussola per tutti quei contenuti che vogliono parlare e valorizzare le donne. Il punto non è applicare alle donne il modello maschile ma applicare alle donne il modello femminile fatto delle proprie virtù, della propria emotività e, perché no, delle proprie fragilità. Davvero un prodotto ottimo che scorre con facilità ma lascia più di una riflessione e la voglia di riguardarlo con piacere.
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