Considerazioni sparse post Torino-Atalanta (2-4)
Anche quest’anno, annoiarsi durante una partita dell’Atalanta sarà praticamente impossibile.
- L’Atalanta riprende in tutto e per tutto da dove aveva lasciato ad agosto. Intensità, grinta, tecnica, precisione. Voglia di portare a casa il risultato. Nessun timore reverenziale anche sotto di un gol già dopo dieci minuti. Squadra magica, che sembra non sentire la fatica e attacca per novanta minuti. Il risultato, ormai, è solo contorno;
- Di fronte un Torino per cui vale più o meno il discorso opposto: la mano di Giampaolo non si vede, anzi. Squadra con poca identità, poca concretezza, poco lavoro di squadra. Belotti c’è sempre, ma i suoi compagni sembrano non riuscire a stargli dietro;
- Menzione d’onore per Papu Gomez, il migliore in campo. In estate ha rifiutato un’offerta assurda proveniente dall’Arabia Saudita, sposando a vita il progetto Atalanta, la squadra di cui oggi è leader tecnico e spirituale. Quel giocatore a cui non puoi mai rinunciare, anche se ha trentadue anni;
- Si è alzato anche il tasso tecnico dell’Atalanta, lo dimostrano i cento passaggi completati in più del Torino, con una comunque maggior percentuale di precisione rispetto ai granata. Pochi errori = tante occasioni, lo dicono i numeri, a dimostrazione di quanto quella di Gasperini sia una squadra sempre più completa;
- A fare la differenza, inoltre, la continua voglia di migliorarsi: sempre e comunque. Quella sensazione di non essere mai abbastanza: “Chi sta fermo, alla fine torna indietro”, ripete Gasperini fino all’ossessione. Accontentarsi mai, certo. Vietato pensare di poter avere dei limiti.
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