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, 25 Settembre 2020
4 minuti

The Fighter


The Fighter, la storia di due fratelli, la boxe, la vita che vuole e sta per distruggerli, senza riuscirci. Tra epica e realtà, le vicende di Micky Ward e Dicky Ekclund riescono a spiegarci quanto gli americani siano avanti nel modo di raccontare lo sport.


"Sei come me, eh?

Sei buono a vincere solo contro Sugar Ray?

Io non ce l'ho fatta a vincere, tu devi fare di più: devi vincere un titolo. Per te, per me, per Lowell.

Questo è il tuo momento, va bene? Prenditelo! Io l'ho avuto e l'ho bruciato. Non devi fare lo stesso, chiaro? Ora vai al centro, prendi tutta la merda che hai ingoiato, tutta la merda che ci siamo beccati in questi anni del cazzo e scaricala su quel ring. Adesso. 

Quel ring è tuo, è tutto tuo, cazzo!"

E stai lontano dalle corde, fratello. Resisti, incassa, lascialo sfogare, poi colpisci come sai, come ti ho spiegato in una serie infinita di allenamenti. Testa, corpo. Testa, corpo e, vedrai, sarai campione del mondo.

Tra arte e realtà, la vita

Christian Bale e Mark Wahlberg hanno consegnato alla storia prove attoriali di livello decisamente alto. Questo è il cinema, signore e signori, la settima arte è qualcosa di meraviglioso, quando abbiamo una bella storia da raccontare e gli interpreti sono quelli giusti. Bale, soprattutto, è stato magnifico nel calarsi nell'anima di Dicky Ekclund, pugile conosciuto come The Pride of Lowell, L'Orgoglio di Lowell, il luogo in cui è nato e cresciuto, insieme a Micky Ward, interpretato da Wahlberg, suo fratellastro e protagonista delle vicende trattate nella pellicola di David O. Russell, The Fighter.

Un film utile a capire cosa distingui e caratterizzi la concezione che gli americani hanno della narrazione sportiva. In tal caso, spero mi possa perdonare, prendo in prestito le parole di Federico Buffa:

"Gli americani, non avendo un'epica e, quella che hanno non è particolarmente divertente da ricordare perché è uno dei peggiori genocidi della storia, hanno sostituito la carenza di epica storica con le narrazioni della loro contemporaneità [...] Loro hanno prodotto tantissimi film, in cui lo sport ha un ruolo fondamentale, seguendo la stessa linea, ovvero la seconda chance."

The Fighter è un buonissimo film per due ragioni su tutte, andando oltre le interpretazioni dei singoli attori: la grande forza di volontà, il coraggio, la caparbietà, il lavoro di Micky Ward per diventare un pugile di primo livello e, non meno importante, la seconda possibilità concessa a Dicky Eklund, ex tossicodipendente, incarcerato, protagonista di un documentario spiattellato in prima visione in tv sulla sua passione per il crack, intitolato High on Crack Street: Lost Lives in Lowell, il quale intende ricominciare e aiutare suo fratello nella scalata alla boxe mondiale, allenandolo, spronandolo, dandogli consigli utili, ma senza utilizzare la morale tipicamente strappalacrime, banale e  densa di luoghi comuni o facili parole di conforto.

No.

La vita ci sfregia, dentro e fuori. Noi possiamo solo provare a combattere, magari con qualcuno a fianco, con il pensiero che chiunque possa sbagliare, anche noi. Quella storia della televisione aveva lasciato un solco profondo in Dicky, per questo era carico più che mai nell'aiutare il fratello. Il senso del rimorso è un cliente pesante da sostenere, specie quando non viene supportato da chi dovrebbe aiutarti a liberartene. Fortunatamente, questo non accadde.

Il film finisce con il match, valido per il titolo WBU dei pesi welter leggeri, anno 2000, contro Shea Neary, con quel meraviglioso monologo con cui abbiamo introdotto questo articolo che scivola come una mannaia sul nostro cuore di appassionati di sport e cinema.

Dicky urla al fratello di allontanarsi dalle corde, Micky resiste, prende colpi potenti sull'addome, sul volto, aspetta che arrivi il suo momento.

"Via dalle corde! Via dalle corde!"

"Alle volte per vincere, bisogna essere quello che non sei." Le parole escono dalla bocca di un telecronista e sembrano provocare un senso di frustrazione e abbattimento emotivo peggiori dei pugni di Neavy. Un'infinità di colpi possono non abbattere un uomo, ma una frase si.

Non è questo il caso.

Micky adesso sciorina la sua boxe. Neary è a terra, K.O.

Nella trasposizione cinematografica, il match scorre drammaticamente come se Ward stesse solo incassando, per poi assestare i colpi decisivi solo dopo aver fatto sfogare l'avversario, invece il ring di Londra, quello vero, racconta di un buon inizio di Neary, poi sopraffatto da Irish e mandato al tappeto ad 11 secondi dalla fine dell'ottavo round.

Gli ultimi sei secondi sono agonici per Shea, già andato a terra, rialzatosi in evidente stato di offuscamento. Micky lo costringe a chiudersi, appoggiandolo alle corde. Sofferente, Neary riesce ad uscire dalla morsa, viene colpito una, due, tre volte, indietreggia a passo veloce, Irish manda a segno un ultimo, terrificante, gancio sinistro. Shea Neary cade, esattamente come nel film.

Micky Irish Ward è campione del mondo.

Non è forse questo un episodio lampante di quanto ha proferito l'Avvocato? Noi europei abbiamo la concezione di dover paragonare il passato al presente, sminuendo quest'ultimo in nome dei vecchi tempi, ma non è semplice nostalgia di quando eravamo giovani e aitanti. No, è qualcosa che possediamo da quando cominciamo a capire un minimo cosa i nostri genitori ci stiano dicendo mentre mangiamo allegri il nostro piatto di pasta, possiamo percepirlo nei discorsi che ascoltiamo dagli estranei o dagli amici. Noi europei, specialmente qui in Italia, viviamo nel continuo confronto con il passato, nell'eterno paragone tra prima e dopo. Abbiamo ereditato una concezione vecchia, seconda la quale gli antichi fasti non verranno mai replicati.

The Fighter è l'emblema dell'epica sportiva portata un filo oltre la realtà storica e, forse proprio per questo, più interessante. Gli americani, che vi piaccia o no, riescono a rendere epico il proprio presente. 


 

  • Classe 1996, laureato in Lettere, semina pareri e metafore su un pallone che rotola, aspettando il grande momento.

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