, 24 Settembre 2020
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Roma nun fà la stupida stasera


Chi è nato a Roma, Roma la ama, ma chi non ci è nato e l'ha incontrata, a volte, la ama ancor di più. Ragioniamo sul ruolo giocato dai calciatori simbolo della squadra giallo-rossa nel conferimento dei valori della città eterna e della sua storia; c'era una volta l'A.S. Roma.


Abstract

Il fascino, la maestosità e l'onnipotenza della città eterna sono aspetti che risalgono sin dall'antichità e sino agli albori della fondazione dell'odierna capitale italiana. L'importanza di questi valori che si vedono accostati alla città fa si che agli occhi dei visitatori Roma sia appunto un luogo ricco di storia, arte e cultura. Ciò che l'ha contraddistinta nel passato è rimasto in lungo e in largo proiettato nelle menti delle persone, il che rievoca ricordi tangibili che fanno ripensare immediatamente alla città capitolina.

Evitando di dilungarsi troppo su quelli che sono gli aspetti che hanno reso importante la civiltà e la storia dell'antica Roma, è doveroso menzionare indubbiamente come il contributo dei valori legati al capoluogo della regione Lazio, influiscano sulle persone e sul loro senso di appartenenza verso il luogo in cui sono nati e hanno mosso i loro primi passi.

Citando una frase divenuta celebre nel panorama internazionale sportivo, menzionata dal vate Josè Mourinho: "Chi sa solo di calcio, in realtà non sa nulla di calcio" è opportuno riallacciarsi per parlare di come l'importanza legata al luogo in cui si è nati, cresciuti e successivamente calcisticamente consacrati sia risultata fondamentale per poter immaginare che l'atleta, oltre che essere tale, sia a tutti gli effetti un vero e proprio personaggio da idolatrare.

Infatti è talvolta opportuno fermare il tempo e pensare per un attimo alle gesta di personaggi sportivi che, effettuando una scelta di vita, hanno deciso di sacrificare un aumento esponenziale del proprio monte ingaggi per restare saldamente legati a quelli che sono i colori della propria maglia. Come la squadra della propria città, ad esempio.

Ci sarebbe da aprire una piccola parentesi legata al fatto che questo accade principalmente con sportivi che calcisticamente sono divenuti importanti proprio giocando nella A.S. Roma (o almeno i più celebri da ricordare, la quale essendo talvolta il club della propria città in cui da bambini si sono lucidate le prime scarpette con i tacchetti, il binomio tra calciatori e tifoseria risulta essere spesso e volentieri vincente.

Ne portiamo il nome, ne portiamo i colori, ne portiamo il simbolo

  • Sul nome non c'è alcuna discussione: Roma è la città, A.S. Roma è la squadra
  • Sui colori neanche può sorgere una controversia: giallo e rosso sono i colori capitolini. Derivati dall'unico giallo che si conosceva all'epoca, quello dell'oro appunto, e il rosso che viene dal colore dei molluschi del Mediterraneo.
  • Sul simbolo anche qui vi sono pochi dubbi, visto che la lupa capitolina è il simbolo di Roma.

Per certo non sono state le vittorie sportive che hanno contribuito ad estendere il tifo per la squadra capitolina anche fuori dalla città di Roma. Diremo quindi, viste le premesse storiche, che è sostanzialmente più naturale una maggior simpatia per la Roma tra le mura cittadine; l'acquisizione del romanismo è nella stragrande maggioranza dei casi per nascita. Sarà che quando la Roma gioca contro un'altra squadra, per il tifoso è come se la città giocasse contro un'altra città; il tifoso romanista, più che volere vincere, sogna di vincere.

Sarà che alcuni giocatori sono stati simbolo di romanità, romanismo e attaccamento alla maglia. Fatto sta che la miscela di questi elementi è esplosiva e ci fa ritenere la Roma una persona di famiglia se non qualcosa di astrattamente superiore ad essa.

"La Roma è una droga, noi non ne possiamo fare a meno", si leggeva sul finire degli anni settanta sui muri della città. Forse è proprio così.

Ed è proprio il concetto di "piazza" che in lungo e in largo molto spesso si sente ripetere e che in modo assolutamente rilevante in una città come Roma svolge un ruolo da spartiacque. Se riesci ad immedesimarti in quello che la tua gente pretende verrai immediatamente riconosciuto come un membro della loro grande famiglia, altrimenti sarà facile per loro puntarti il dito prendendoti come capro espiatorio di una possibile debacle. Per cercare di rendere unico questo concetto che contraddistingue la città romana prendo a prestito le parole scritte da un tifoso giallorosso, per descriverne la realtà:

"Disoccupati si, ma anche precari, professionisti, avvocati, ingegneri, imprenditori, impiegati, operai, autisti, panettieri e moltissimi studenti universitari. Poverissimi, piccoli borghesi, benestanti, qualcuno ha anche origini nobili. Chi non esce mai di casa, chi fa tanto sport, chi va in discoteca, chi non ha mai una donna e chi non sa più come tenerle a bada, chi legge i filosofi contemporanei e chi a malapena conosce la lingua italiana, belli come il sole o brutti come la fame, chi è sempre incazzato e chi ha una vena comica che fa invidia a Zelig, solitari e trascinatori, pacati e mansueti o violenti da non potergli guardare negli occhi". Questa è la curva, il posto in cui siamo cresciuti.

Tifosi della A.S. Roma in visibilio in curva sud

foto Alberto Fornasari - fotografo: Fornasari

Il bello di essere nati a ridosso degli anni 2000' ha permesso a tutti gli appassionati sportivi di crescere osservando le gesta di Francesco Totti, non un giocatore qualunque, se si può definire solo con lo pseudonimo di "giocatore". Un personaggio di livello internazionale che nel mondo calcistico resterà nella storia per aver totalizzato 619 presenze e aver realizzato 250 in serie A, esclusivamente nella stessa società e città che lo ha visto crescere sin da bambino, la Roma. Pensare solamente il fatto di aver totalizzato una miriade di apparizioni con la stessa maglia, quella giallo-rossa, potrebbe risultare fantascientifico per chiunque si sia avvicinato al mondo dello sport da soli pochi anni, visto la miriade di calciatori che ormai flirtano con ingaggi astronomici e che effettuano scelte legate talvolta solo ed esclusivamente all'impatto sulle proprie casse.

Ma per noi inguaribili romantici certe cose è difficile lasciarle passare inosservate, o per lo meno tendiamo ad evidenziarle per ricordare che una sorta di romanticismo ed affetto verso il proprio essere, il proprio ego e amore per la propria gente esiste per davvero, in un settore ormai sopraffatto totalmente dagli zii Paperoni. Non starei a dilungarmi su quelli che sono stati i successi sportivi e nella vita dell'uomo rappresentato in foto, il suo nome parla da se.

Celebre esultanza di Totti in un derby dell'annata 1998-1999

Prima dell'eterno capitano giallorosso è bene menzionare altri calciatori che hanno vestito la maglia della squadra capitolina. Anche loro nati nella città eterna, Bruno Conti e Francesco "Ciccio" Graziani che, come il "Pupone", hanno appreso la sensazione di appartenenza e passione che regala indossare la maglia della squadra della propria città. La finale di Champions League dell'edizione 1983-1984, a malincuore sfortunata per i protagonisti appena citati, hanno visto la Roma cedere al Liverpool solo ai calci di rigore (indelebile l'immagine del rigore di Ciccio sparato proprio tra le braccia della curva sud).

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità

Da persona esterna al contesto della città di Roma ma comunque partecipe nell'osservare gli anni d'oro di Totti, cui ha partecipato alla vittoria del terzo scudetto nell'annata di apertura del nuovo millennio (stagione 2000-2001), è facile rendersi conto di quella che possa essere la gioia di un tifoso romano. Il tutto coadiuvato dalla fortuna di poter osservare letteralmente un fenomeno giocare per la squadra della propria città, nel quale tra l'altro è cresciuto sin nei settori giovanili. Un insieme di ingredienti che unito rafforza ancor di più il senso di passione, amore e diciamocelo pure, adorazione, nel poter pensare che quel campione che ora calca il terreno dell'Olimpico sia per di più un tuo concittadino.

L'ambiente è pronto a idolatrarti ma con la stessa enfasi a scaricarti nel momento in cui le cose non prendano la piega desiderata. Succede a tanti, giocatori ed allenatori, che non hanno avuto modo di integrarsi perfettamente con ciò che la città si aspettava. Appunto, le aspettative; un attributo importante che generalmente ricade su qualunque atleta o manager trasferitosi in un grande club, sfruttando l'occasione della vita. Il primo impatto incandescente che sia, rischia di trasformarsi in uno spiacevole connubio di odio e disprezzo che non lasciano altra possibilità che un addio prematuro.

Sebbene non esposto sempre sotto i riflettori, il ruolo di questi campioni è proprio quello di rafforzare l'ambiente, mantenere saldo lo spogliatoio per non lasciare trasparire all'esterno alcun minimo segnale di sgretolamento. Questo, per proteggere i nuovi arrivati dall'impatto mediatico di una piazza come quella di Roma, abituata ad amare ma allo stesso modo a non perdonare una serie di ingiustificati fallimenti o cadute di stile.

La figura di cui si sta parlando è raffigurata agli occhi dei nuovi arrivi come all'interno di una bolla (e non quella di Orlando dove attualmente si stanno svolgendo i playoff NBA), inscalfibile dalle voci esterne che in ogni momento pervengono al centro sportivo.

Spalla a spalla con "capitan futuro"

L'avvento del nuovo millennio porta con se repentini cambiamenti che impattano anche sull'importante rilevanza date alle notizie circolanti sui media e sui quotidiani sportivi. La "guerra" mediatica cui ogni giorno si imbattono le testate giornalistiche possono portare ripercussioni in qualsiasi società. L'entrata nel vivo della stagione porta indiscutibilmente la squadra ad estraniarsi dai rumors esterni, per rimanere focalizzati sull'obiettivo. Detto ciò, può esistere una ben che minima scintilla che possa scalfire un ambiente in cui invece che un guerriero, ne disponga di due?

L'acronimo di "capitan futuro" lo ha accompagnato per tutta la carriera; stiamo parlando ovviamente di Daniele De Rossi, altro gladiatore ed emblema della squadra capitolina che nei recenti anni si è diviso con Francesco Totti lo scettro di uomo simbolo della squadra. Fino a pochi anni fa era difficile soltanto pensare che ci potesse essere una Roma senza queste due colonne portanti; il popolo romano diffidava a credere che anche per loro la carta d'identità avesse un valore, d'altronde essendo esclusivamente delle cifre, avranno mai potuto incidere sulla loro permanenza nel rettangolo da gioco? Eppure quel giorno per entrambi sarebbe dovuto arrivare.

Ma solo il fatto di poter contare all'interno del proprio roster su due figure di questo calibro che, aldilà dei successi sportivi, hanno avuto modo di incarnare sin da piccoli i valori della città, del significato di essere romani e che più di ogni altro conoscevano che cosa fosse giusto, o che cosa fosse sbagliato per farsi o non farsi rispettare dalla città. Si può quanto meno immaginare quale sia l'impatto di queste presenze per chiunque abbia a che fare con lo spogliatoio?

Forse no, dovremo aspettare ancora, attendendo un documentario o un'intervista approfondita con i protagonisti al centro dell'attenzione. Anche se forse l'attesa sarà essa stessa il piacere, poiché dal 19 al 21 ottobre uscirà nelle sale cinematografiche proprio un documentario sul Pupone.

Il calcio è di chi lo ama

Questo breve, ma presumibilmente intenso excursus sulla Roma di qualche stagione addietro, non deve sviare da quella che è l'attuale situazione. Le ultime annate hanno visto partecipare il popolo romano ai tremendi addii dei due giocatori simbolo dell'ultima era giallo-rossa; la piazza continuamente scossa dai tumulti e dalle vicende che hanno coinvolto la gestione societaria non hanno aiutato sicuramente a rendere l'ambiente più disteso. Anzi, l'annuncio dello scorso 17 agosto che ha visto "The Friedkin Group" acquisire il pacchetto maggioritario delle azioni societarie, coadiuvate da un avvio della nuova stagione ricco di incertezze e voci di mercato che, hanno visto al centro dei rumors l'attaccante "Edin Dzeko" fino a pochi giorni fa. Ancor più del clamoroso ha infine la sconfitta a tavolino per 3-0 contro l'Hellas Verona, imposta dal giudice sportivo per non aver inserito Amadou Diawara tra gli "over 22", invece che negli "under".

Non si può di certo dire che con i due personaggi in copertina vi fosse una sorta di immunità dal contesto esterno, ma sicuramente a livello di carisma e personalità sarà stato sicuramente un piacere averli al proprio fianco durante le mille battaglie stagionali. E dire che proprio gli ultimi anni della loro carriera hanno visto sbocciare un altro talentuoso prospetto calcistico, anch'esso romano, un certo Alessandro Florenzi. Giocatore duttile, tutto campo, uno che il proprio allenatore vorrebbe sempre avere in squadra. Mandato in prestito in serie B dove calcisticamente si mette in evidenza, prontamente viene richiamato alla corte della città capitolina. Anche per lui valgono le stesse regole del gioco dei personaggi citati in precedenza; cambiano gli anni, i giocatori, le mode e le tendenze, ma i "romani de Roma" sono sempre i soliti gladiatori pronti a dare tutto per i propri colori all'interno dell'arena.

Sposa perfettamente gli attributi specificati in precedenza per Totti e De Rossi, ha l'animo giallo-rosso, sa che cosa significa il sacrificio per essere arrivati dove ci si trova ora, ripagando gli sforzi dei suoi cari dimostrandolo emblematicamente quando dopo un gol fa una corsa tutto campo per andare ad abbracciare la nonna seduta in tribuna. Che cosa aggiungere di più?

Ma la gestione dell'attuale allenatore della Roma di Alessandro è differente. Paulo Fonseca ed il suo calcio frizzante amante dei terzini in posizione avanzata, alte percentuali di possesso palla e difesa a tre impostata per una partenza dell'azione palla a terra dalle retrovie. Sembra quasi incredibile da dirsi, ma un giocatore come Florenzi in grado di ricoprire tutti i ruoli sulla fascia, giocando talvolta anche da interno di centrocampo o da esterno alto in attacco, non si sposa con la filosofia dell'allenatore portoghese. In prestito l'anno passato a Valencia, quest'anno con la stessa formula andato al Paris Saint-Germain. Florenzi si sta lentamente discostando da quelle che sono state le orme dei suoi compagni precedenti.

Consapevole di quel pizzico di amarezza che in cuor suo sicuramente avverte, anche noi non addetti ai lavori non riusciamo a capacitarci nel vedere il talento romano lontano dalla città eterna e dal calcio italiano. Forse talmente abituati bene dai suoi predecessori a vederli sempre militare nello stesso club, nolente o dolente è un aspetto che si presta a riflessioni.

In una situazione non semplice attualmente quella che sta vedendo la società agli albori della nuova stagione, con già i bookmakers che vogliono vedere proprio Fonseca non arrivare al panettone, una figura come quella del pendolino romano farebbe sicuramente comodo alla causa. Per tutte le motivazioni citate in precedenza, la conoscenza dell'ambiente, il saper conoscere la gente e le loro esigenze pone in risalto la necessità di una figura che sposi la causa romana, in tutto e per tutto. Lo spogliatoio della Roma ha bisogno di una figura che abbracci i valori della capitale, l'Olimpico merita il suo Massimo Decimo Meridio, caratterialmente predisposto ad essere un'immagine di riferimento per i propri compagni. In più, sarebbe potuto essere un'ottima spalla al fianco al momento dell'unico superstite romano pronto quest'anno definitivamente a consacrarsi, Lorenzo Pellegrini.

In foto Alessandro Florenzi, in lacrime di gioia nel vedere il calore della propria gente dopo l'uscita dalla Champions League per mano del Liverpool, in semifinale, il 2 maggio 2018.

L'augurio sarà in un futuro prossimo rivedere insieme questa coppia, simbolicamente ricalcante le orme del più ben blasonato tandem Totti - De Rossi. Riuscirà la città eterna a contare nuovamente su uomini che sappiano unificare saldamente la squadra ai propri valori cardine?

Oppure sarà proprio Roma, la città stessa, che per mostrare tutto il suo amore verso i propri beniamini, debba assolutamente necessitare di figure che all'interno dello spogliatoio incarnino lo spirito giallo-rosso?

Grazie Roma. 

Antonello Venditti in "Grazie Roma"


 

Autore

  • Nato a Rimini il 5 luglio 1996. Laurea magistrale in Management all’Università di Trento ma di cose realmente gestite finora riporta la “mise en place” di alcuni ristoranti in riviera e la sistemazione dei lettini in spiaggia. Terzinaccio generoso dotato di un sinistro considerevole, più deciso che mai a saziare la sua insanabile voglia di sport parlandone. Sogna di vedere suo padre festeggiare la vittoria della Champions League della Juventus e, personalmente, di assistere ad una partita all’American Airlines Center di Dallas gridando “Luka Doncic step back” con in sottofondo un “mamma butta la pasta” del mitico Dan Peterson.

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