17 Agosto 2020
3 minuti

Sospesa tra Hitchcock, H.H. e Mourinho


L'Alieno Mourinho, scritto da Sandro Modeo, è un capolavoro della letteratura sportiva che tutti dovrebbero conoscere. Gli rendiamo omaggio perchè, mai come oggi, risulta d'attualità la tematica legata all'allenatore ideale per l'Inter, spaziando da Herrera fino a Mourinho, passando per due capolavori di Alfred Hitchcock e arrivando al presente. 


Sappiamo bene quanto l'Inter sia stata dolcemente capricciosa e altalenante nella propria storia.

Tra partite spasmodiche, campioni e presunti tali, gli aneddoti si sprecano.

La Beneamata possiede un cammino lastricato di momenti di grigiore totale, interrotti da vittorie indimenticabili, poi di nuovo giù, come se fosse tutto normale.

Come se  fosse posseduta da una forza che la opprima e che le impedisca la risalita.

Un demone, in realtà, si insidia nell'animo interista e no, non sto parlando del Milan, bensì della nostalgia.

Il passato come credo inscalfibile ed irripetibile, nulla sarà più come quando c'era lui, il Mago Helenio Herrera e l'Inter portava a casa una Coppa dietro l'altra.

Per troppi anni, in casa nerazzurra, è stato questo lo slogan, celato, custodito gelosamente agli occhi del mondo, una psicosi da nuovo che avanza accompagnata da un senso di inadeguatezza cronica nei confronti della realtà, il futuro come divieto da non valicare per nessuna ragione al mondo. 

Gli alieni

Sandro Modeo, nel suo L'Alieno Mourinho, tratta razionalmente la storia nerazzurra, rispolverando l'aneddoto di Alfred Hitchcock presente nella tribuna d'onore del Prater di Vienna, in occasione della finale contro il Real Madrid.

Accostare Hitchcock alla storia del club meneghino, a partire da quel 27 maggio 1964, non è un lavoro intellettuale scontato: il lavoro di Modeo non è basato tanto  sulle partite da squadra nevrotica, quanto per la vicinanza a due pellicole del celebre regista, Rebecca- La prima moglie Vertigo.

Brevemente, in Rebecca abbiamo, come fulcro della vicenda, un secondo matrimonio che  non riesce ad ardere di passione propria a causa del ricordo ossessivo e maniacale della prima consorte di lui, appunto, Rebecca.

Non vi fa pensare a qualcosa in particolare?

Il ricordo degli anni sessanta ha come ibernato l'ambiente, i dirigenti, ma soprattutto due generazioni di giornalisti (va da sè, breriani), eretti a custodi-cerberi di un passato da non violare e non offendere.

Sandro Modeo, L'Alieno Mourinho

E non vale forse lo stesso concetto con un altro grande allenatore interista, Josè Mourinho, il cui ricordo non si è ancora affievolito, causa analogie con il passato herreriano?

La storia si ripete.

Spiegazioni razionali

Da H.H. a Josè sono passati tanti allenatori, da Invernizzi a Bersellini, da Trapattoni a Simoni, da Cuper a Mancini, senza tralasciare i Bagnoli, i Lippi: ognuno di loro doveva scontare il fatto di non essere Rebecca, di non portare a casa la Coppa dalle grandi orecchie, di non avere la dose adatta di carisma oppure di averne così tanto da soffocare l'ambiente.

Il ciclo berlusconiano ha fatto poi il resto perchè pensare di poter vincere e allo stesso tempo essere insinuati dal dubbio di non poter trionfare più, ti uccide mentalmente, ti inibisce, ti rende inadeguato. 


In Vertigo, Modeo analizza un'altra peculiarità insita nell'anima interista.

Nella pellicola, Hitchcock mette in scena la storia di un poliziotto, Scottie, incaricato, da un ex compagno di scuola, di controllare la moglie, Madeleine, la quale soffre di manie suicide.

Scottie si innamora di lei, ma non riesce ad evitarne il suicidio, ma in realtà si tratta di una simulazione con lo scopo di coprire il vero omicidio dell'autentica moglie dell'amico.

Quando Scottie, un giorno, vede Madeleine sotto altre vesti, percepisce di aver assistito alla resurrezione della donna, la quale, alla fine, muore per davvero.

Materializzare il passato sotto spoglie altrui.

Sempre la dinastia Moratti, sempre un uomo diverso dagli standard italiani a sovvertire l'ordine, due grandi comunicatori, Herrera e Mourinho, personaggi forti, accattivanti, riconosciuti maestri di dialettica, ma Mourinho, a detta dei componenti della Grande Inter degli anni Sessanta, è tatticamente diverse spanne al di sopra di Herrera, reo di non saper allenare la domenica, parola di Mario Corso.

Ripercorrendo l'ultimo decennio, il più nero in termini di trofei, considerando le stagioni dal 2010-2011 in poi, l'Inter ha attraversato un buon momento con Leonardo, si è illusa con Stramaccioni e la vittoria allo Stadium che subito aveva acceso gli accostamenti con lo Special One, salvo poi essere considerato il più brocco dei brocchi.

Spalletti ha fatto il possibile e ha avviato un nuovo ciclo, Antonio Conte potrebbe essere il profilo giusto, ha un carattere forte, ma non è altrettanto preparato sotto il profilo comunicativo.

Eppure, è l'unico allenatore accostabile a Mourinho nel lotto di questa decade e siccome l'Inter è decisamente ripetitiva nella propria isteria, sono due le strade percorribili: diventare, come il Trap, a piccoli passi, l'uomo giusto, oppure fare come Lippi e chiudersi in una bolla di scelte difficili da comprendere, con risultati altalenanti.

Le motivazioni per la scelta di questi nomi? Sia Giovanni da Cusano Milanino, sia Marcello da Viareggio, hanno riposto la Juventus in un anfratto privilegiato del proprio cuore, proprio come Conte.


 

Autore

  • Classe 1996, laureato in Lettere, semina pareri e metafore su un pallone che rotola, aspettando il grande momento.

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