Ha senso giocare la stagione NFL?
In un paese nel quale il numero dei contagi da Covid-19 non accenna a calare, ha senso iniziare la stagione NFL?
Dopo la conferma ufficiale dell'annullamento delle stagioni di Pac-12 e Big Ten appare sempre più probabile che l'intera stagione di College Football venga rimandata a data da destinarsi, probabilmente in primavera. La National Football League, invece, sta procedendo a testa bassa verso una stagione che si preannuncia sicuramente peculiare e nella quale il numero di certezze sembra essere iniquo rispetto a quello dei dubbi.
Per qualche strano motivo si è deciso che in questa società l'estate debba essere considerata la stagione regina, la stagione nella quale la qualità di vita aumenta esponenzialmente, la meritata ricompensa ai nove precedenti mesi di fatica, maltempo e monotonia; per un malato di NFL, invece, l'estate altro non è che l'ultimo ostacolo dinanzi al proprio oggetto dei desideri, l'inizio della regular season: è naturale, quindi, comprendere il dissonante entusiasmo con il quale ci approcciamo all'autunno, la stagione sinonimo di NFL.
Quest'anno, però, di entusiasmo - o hype, siccome siamo nel 2020 - ne ho riscontrato ben poco all'interno della community italiana, e ad essere sincero fatico a trovare ragioni valide per giustificare a me stesso qualsiasi tipo di felicità o esaltazione: ha senso giocare così? Sono state veramente adottate tutte le misure necessarie per far svolgere ai giocatori il loro lavoro nella maggior sicurezza possibile? E se durante la stagione il numero dei contagi fra giocatori schizzasse alle stelle?
Andiamo con ordine.
Non è ancora chiaro se tutti giocheranno a porte chiuse o meno, in quanto se da un lato squadre come Washington hanno già dichiarato che non sarà consentito l'accesso al pubblico per tutta la stagione, dall'altro Baltimore, Jacksonville e la maggioranza delle altre franchigie hanno dichiarato l'intenzione di riempire circa il 20% dello stadio consentendo così agli spettatori di rispettare le distanze di sicurezza: considerata la fluidità della situazione, però, tutto ciò fra due settimane potrebbe risultare falso.
Nonostante alcune squadre - vengono subito in mente i Seahawks - abbiano costruito le proprie fortune anche grazie al fattore campo, l'assenza del pubblico non renderebbe sicuramente inguardabile una partita di football americano, dopotutto non stiamo parlando del wrestling, vero e proprio spettacolo nel quale il pubblico ha un ruolo attivo determinante quasi quanto quello dei lottatori: ovviamente, però, il colpo d'occhio non sarà dei migliori, ma di questi tempi non credo che sia questa la preoccupazione principale.
La conseguenza più devastante non coinvolgerebbe nemmeno il campo, in quanto ridurre il numero - o vietare - di ingressi comporterebbe una riduzione dello spazio salariale per la prossima stagione e ciò, non devo spiegarvelo io, potrebbe completamente stravolgere i progetti di molte franchigie: non giocare, d'altro canto, complicherebbe ancor più una situazione già delicata, dunque sotto questo punto di vista giocare ha decisamente senso, soprattutto se cambiamo per un attimo prospettiva.
Il cambio di prospettiva, come facilmente prevedibile, coinvolge le televisioni i quali soldi rappresentano da anni la vera forza motrice del meccanismo NFL: secondo Fitch Ratings quasi la metà dei 15 miliardi di dollari fatturati dalla lega provengono proprio dalle televisioni che di fatto aggiungono nel bilancio di ogni squadra circa 250 milioni di dollari.
Duecentocinquanta milioni di motivi per giocare, direte voi, ed a ragione: avete presente quanto le compagnie televisive abbiano inciso nella decisione di far ripartire la Serie A?
Ecco, provate ad elevare il tutto ad un esponente che non riuscirei a specificare con certezza empirica ma che posso tranquillamente affermare sia superiore a "due": la partita media NFL, lo scorso anno, è stata guardata da 16.32 milioni di americani.
Immaginatevi quanto possa aumentare questo numero durante una pandemia con abbonati costretti a casa e, si spera, non adunati in bar o luoghi pubblici vari. Pure in questo caso è facile comprendere la determinazione della lega nel portare a termine la stagione.
Finora, però, abbiamo solamente parlato di questioni extra-sportive, o meglio, solamente di soldi: ed i giocatori? Le squadre? Gli allenatori?
Dal punto di vista economico una stagione NFL è un no brainer per il quale non sarebbe nemmeno servito dilungarsi in inutili spiegazioni, ciò che più mi perplime riguarda piuttosto il football giocato: permettetemi di rifarmi alla versione 2019 dei poveri Philadelphia Eagles, indiscutibilmente la squadra più perseguitata dalla sfortuna o, in termini più tecnici, infortuni.
Philadelphia lo scorso anno è stata costretta a rinunciare ad un numero impressionante di titolari, fra cui Carson Wentz ai playoff, e ciò nonostante sono riusciti a centrare una miracolosa qualificazione ai playoff. Proviamo per un attimo ad inserire nell'equazione il Covid-19. Quanto può compromettere la stagione una positività in un ruolo chiave nel momento sbagliato dell'anno? Mettiamo caso che a Wentz, vera e propria ancora di salvezza durante la regular season, fosse stato diagnosticato il Covid-19 ad inizio dicembre, prima delle quattro vittorie consecutive che son valsi loro i playoff: si sarebbero qualificati lo stesso alla postseason?
Tale discorso si può estendere a qualsiasi altro giocatore di qualsiasi altra squadra, Wentz e gli Eagles sono stati presi esclusivamente a titolo di esempio: immaginiamoci il contagio di Mahomes per i Chiefs, di Jackson per i Ravens, di Wilson per i Seahawks o di... devo andare avanti?
Pensiamo anche alle squadre più giovani, squadre i cui rookie non hanno avuto l'opportunità di scendere in campo fino alla scorsa settimana, pensiamo ai New England Patriots, squadra in procinto di affrontare il primo anno dopo-Brady ed che ora si vede costretta a rinunciare a otto giocatori fra cui titolari chiave come Hightower, Chung e Cannon.
Vincere una partita in NFL è già tremendamente complicato senza una pandemia, figuriamoci in queste situazioni.
Proviamo per un attimo ad immaginare che la nostra squadra del cuore abbia raggiunto la qualificazione ai playoff e che una volta lì qualche giocatore importante sia costretto ad allontanarsi dai compagni in quanto positivo asintomatico: brutta situazione, eh? Comprenderei la vostra decisione di spegnere televisore - o computer che sia - e non riaccenderlo più fino al kickoff della stagione seguente. "Fortunatamente" tali preoccupazioni riguardano tutte e trentadue le franchigie, pertanto possiamo puntare il dito verso la cruenta democraticità del virus come ennesimo fattore di equilibrio in una lega che negli anni ha fatto di tutto per garantirne quanto più possibile.
Intendiamoci, sono sollevato al pensiero che dopo questi mesi di nulla - studio e nulla - torni la NFL ad alleviare le pene dell'essere vivo, ma nonostante tutti i miei sforzi non riesco ad essere entusiasta come lo sarei solitamente a questo punto dell'anno ogni singolo anno: ho paura di un incremento dei contagi in stile MLB, ho paura che la stagione venga interrotta a metà - quasi impossibile -, ho paura che Jackson venga contagiato a ridosso dei playoff.
NFL bubble? Non scherziamo, replicare quanto fatto dalla NBA è logisticamente impossibile.
Manca veramente poco all'inizio della festività pagana più remunerativa del mondo ed a questo punto fra gli svariati interrogativi possiamo scorgere una sola, timida, certezza: la stagione 2020 è già entrata nella storia ben prima del kickoff.
La magia del 2020.
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