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, 6 Agosto 2020

Il mondo ha un infinito bisogno di Megan Rapinoe


Un simbolo di uguaglianza.

“Quando non canto l’inno in realtà sto abbracciando la bandiera con tutto il mio corpo e fisso dritto nel cuore del simbolo supremo della libertà del nostro Paese. Perché credo che sia mia responsabilità, proprio come è di tutti, assicurare che la libertà sia garantita a chiunque, indipendentemente dal sesso, dal colore della pelle, dall'orientamento affettivo”. Lottare e ottenere la propria voce nel mondo, non sbraitando contro questo o quell'altro.

Non occorre strepitare quando hai dalla tua le capacità adatte per fronteggiare chiunque. Nel preciso istante in cui ti rendi conto di essere fondamentale per tante altre persone, per individui sensibili, inermi, che stentano ad alzare la testa, beh, è in quel momento che acquisisci la consapevolezza di dover parlare anche a loro nome.

Megan Rapinoe è orgogliosa di essere americana, tanto da festeggiare il suo primo gol ai Mondiali, nel 2011 contro la Colombia, esibendosi  in una festosa "Born in the USA", come se dietro di lei ci fosse l'E Street Band: afferra un microfono a bordocampo e canta, con tutta la naturalezza del mondo.

Megan Rapinoe esulta, come suo solito, come se volesse accogliere il mondo intero.

Ama il suo paese e allo stesso tempo non sopporta i soprusi. Nel 2016 si inginocchia, durante l'inno americano, per solidarietà nei confronti di Colin Kaepernick e della sua causa. Ancora oggi, quando le altre cantano, serra le proprie labbra, in segno di vicinanza.

Tempo dopo, ha aggiunto: «Ho scelto di inginocchiarmi perché, vicino al mio hotel a Columbus, la notte prima di una partita contro la Thailandia, un ragazzo di 13 anni di nome Tyre King è stato ucciso da un agente di polizia. Ho scelto di inginocchiarmi perché semplicemente non sopporto che il mio Paese opprima la sua stessa gente.»

Megan, durante il Mondiale del 2019, ha avuto il coraggio di mostrare i muscoli contro la massima carica americana, il presidente Donald Trump. "Non andremo alla fottuta Casa Bianca." Da persona garbata, ha chiesto scusa per l'espressione utilizzata, senza però cambiare registro. Non posso portare le mie ragazze davanti ad un individuo misogino, sessista e meschino, confrontarmi con chi sta insinuando un messaggio di esclusione sociale nei confronti della comunità LGBT. Parole dure, parole da leader e rappresentante di un ideale di uguaglianza,  libertà individuale e sociale come pochi. Un altro bellissimo discorso che il capitano degli USA ha regalato all'umanità è stato sciorinato in occasione dei festeggiamenti per il Mondiale vinto l'anno scorso.

Megan è felice, gli USA sono campioni del mondo. Balliamo come noi sappiamo fare, festeggiamo come noi vogliamo. La Coppa è nostra. Tocca a lei parlare a nome di tutte, è lei il capitano, la voce di una squadra e di una comunità intera. "Abbiamo i capelli rosa e viola, tatuaggi e dreadlocks, abbiamo ragazze bianche e nere. Abbiamo ragazze etero e ragazze gay." Non ha dimenticato lo scontro con Trump e ci tiene a puntualizzare, senza fare un passo indietro che sia uno: "Ci sono state così tante polemiche in questi giorni. Ne sono stata vittima e anche autrice, mi scuso per alcune cose dette, ma non per tutte. Questo è il tempo di portare il discorso ad un altro livello."

Aggiunge poi: "Dobbiamo collaborare tutti. Questo è il mio appello: fate quello che potete, fate quello che va fatto. Uscite dal vostro guscio." Il discorso continua, arrivano gli elogi alle compagne e l'invito a prenderle come esempio di gruppo vincente con un sorriso grande così.

Piccola riflessione: in Italia il calcio femminile sta muovendo, passo dopo passo, considerevoli migliorie, i luoghi comuni sulla mascolinità di questo sport non stanno scomparendo, ma lentamente qualcosa si muove. Ne occorrerà di tempo, questo è certo, come per tutte le rivoluzioni. Un giorno il calcio sarà patrimonio di ogni essere umano, senza barriere di sesso o qualsivoglia pretesto. Megan Rapinoe, l'eleganza, l'orgoglio dell'umanità nella sua essenza, riceverà i dovuti meriti per questo.


 

  • Classe 1996, laureato in Lettere, semina pareri e metafore su un pallone che rotola, aspettando il grande momento.

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