, 11 Luglio 2020
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Sessismo e Fùtbol


E’ convinzione comune che il calcio sia poco adatto alle donne e da queste giocato solo recentemente in quanto variante politicamente corretta di quello maschile.

Guido Ara, mediano e bandiera della Pro Vercelli, ma anche della Nazionale Italiana, ad inizio secolo ebbe a dire, nell’anno 1909: “Il calcio non è un gioco per signorine”; la British Football Association, nel 1921, sancì, vietandolo, che “Il calcio non è idoneo per le donne e non dovrebbe essere incoraggiato” e tale divieto è rimasto in vigore sino al 1971, il medico spagnolo Gregorio Marañón disse che lo sport femminile comportava malattia per le stesse.


Il pallone... quando urtò la reteavversaria, la sollevò come una gonna, come i migliori venti sollevano le gonne alle ragazze in fiore”

(Manuel Vazquez Montalban)

Un secolo e più dopo queste due note citazioni, fondamento della narrazione viziata e tossica, è ancora fortemente radicata l’idea, nonostante il calcio femminile sia una realtà in espansione, che il Gioco non sia adatto al “gentil sesso”.

L’utilizzo di questo virgolettato è volontario poiché, a mio modo di vedere, è proprio questa stortura a delineare i contorni del problema, ovvero la presunta mancanza di forza fisica e psicologica presuntivamente necessaria sulla cancha.

Il medesimo stereotipo, dunque, che affligge, confina e condanna un omosessuale ad essere presuntivamente inadatto o incapace, stigmatizza anche le donne.

Nel precedente scritto (https://www.sportellate.it/2020/07/02/lomosessualita-e-il-futbol/) citavo la storia di Megan Rapinoe. La donna, lesbica, più titolata al mondo, molto più anche della maggior parte di meglio pagati e più esposti mediaticamente colleghi maschili, che sta conducendo una cruenta lotta per far annullare il salary-gap esistente tra calciatori donne e uomini ma che, attualmente, vede la Suprema Corte Federale USA non riconoscere validi motivi per la parificazione contrattuale e, conseguentemente, salariale.

Alcuni dati possono essere significativi: secondo l’UNESCO, il 4% della copertura mediatica sportiva è dedicata allo sport al femminile.

Stando allo Sporting Intelligence 2017 salary survey, il contratto da 43,9 milioni di dollari di Neymar per la stagione 2017-2018 con il Paris Saint-Germain equivaleva a quello che in un anno guadagnano 1.693 calciatrici dei maggiori campionati femminili al mondo.

La strada che, però, ha portato a poterci farci ammirare la Rapinoe inizia nel 1894 in Inghilterra (e dove se no) e, più precisamente, a Preston, Lancashire.

Parliamo delle Dick Kerr’s Ladies Football Club, squadra le cui giocatrici erano prevalentemente operaie della omonima fabbrica di vagoni e locomotive, dinamica natale che ebbero quasi tutte le squadre maschili (si pensi al Man Utd, ad esempio).

Stando alla storiografia ufficiale Alfred Frankland, un amministratore di ufficio, che poi ne diverrà tecnico, propose a Grace Sibbert, un'operaia che emergeva come riferimento per le ragazze che giocavano a pallone, di formare una squadra per giocare partite di beneficenza in occasione del Natale 1917 (Dick, Kerr's Ladies, su spartacus.schoolnet.co.uk).

Il match venne organizzato tra, appunto, le Dick, Kerr's Ladies, capitanate da Alice Kell, e la squadra della Arundel Courthard Foundry al Deepdale di Preston davanti a circa 10.000 spettatori e finì 4-0 per le Dick Kerr’s Ladies (Suzanne Wrack, Dick, Kerr Ladies decorate Deepdale with the resplendent tribute they deserve).

L’incasso fu di circa 600 sterline,circa 50.000 sterline rapportate ad oggi.

Fu solo l’inizio, visto che il 21 dicembre dell’anno successivo la squadra disputò una nuova partita, venendo sconfitta dalle Lancaster Ladies per 2-0.

Alfred Frankland convinse tre calciatrici delle Lancaster Ladies ad unirsi alle Kerr's Ladies, che il 25 Dicembre 1918 sfidarono le Bolton Ladies.

All'inizio del 1919 le Kerr's Ladies sconfissero per 6-1 le St. Helens Ladies: si narra che Alfred Frankland rimase impressionato dalla bravura di Alice Woods e della quattordicenne Lily Parr. Al termine della partite chiese loro di unirsi alle Kerr's Ladies, offrendo loro un pagamento di 10 scellini per ogni gara disputata e pagando loro le spese di trasporto.

La loro fama cresceva sia nel Regno Unito che in tutto il continente tanto che Frankland si accordò con Alice Milliat, fondatrice della Fédération des Sociétés Feminines Sportives de France, perché mandasse una selezione francese a disputare una serie di partite contro le Kerr's Ladies che avrebbero rappresentato l'Inghilterra. La prima partita venne giocata al Deepdaledi Prestondavanti a ben 25.000 spettatori. Questo è storicamente noto come il primo incontro internazionale femminile disputato.

Le Kerr’s Ladies andarono, poi in Francia, dove disputarono altre 4 partite vincendone 3 e pareggiandone una.

Ma il clou lo raggiunsero il Boxing Day di quello stesso anno quando le Kerr’s Ladies Football Club e le St Helen’s Ladies si sfidarono al Goodison Park (stadio delle Toffees, i blues di Liverpool) davanti a 53mila persone (si pensi che lo stesso Everton gioca davanti a un pubblico di 40mila spettatori circa).

La squadra è rimasta attiva dal 1917 al 1965, disputando un totale di 833 partite, conseguendo 759 vittorie, 46 pareggi e 28 sconfitte.

Forte di quelle esperienze inglesi messe nel proprio bagaglio, Paco Bru, giocatore spagnolo di Barcelona e Espanol, nel 1914 decise di divenire allenatore de Las Spanish Girl’s Club.

Sino a quel momento in Spagna il movimento calcistico femminile era legato esclusivamente alle classi operaie e veniva praticato per lo più per strada e prevalentemente in maniera del tutto organizzata.

Bru, accettando l’incarico, volle che vestissero tutte la stessa camiseta, che si facessero la doccia nel medesimo spogliatoio e che si dovessero confrontare con l’opinione pubblica, quindi che giocassero con pubblico e stampa.

Tali scelte immediatamente scatenarono le ire di mariti e padri che non volevano che mogli e figlie si confrontassero in uno sport de machos.

Nonostante ciò e nonostante nessun’altra squadra fu disposta a giocare conto le SGC, il 9 Giugno del 1914, divise in due squadre, scesero in campo Emilia Paños, Concha Ferrer, Dolores, Dorotea Alonos, Juanita Paño, Emilia Calvo, Josefa López, Emilia González, Rosita Just, Pilar Carratala y Presentación, Montserrat. Mercedes Azul, Palermo, Esperanza, Mercedes Queralt, Narcisa Colomer, Natividad Miguel, María, Leocadia y Clotilde Rodríguez, Giralda.

Ci fu una discreta affluenza di pubblico e di stampa. Brau fu molto preoccupato specialmente di questi ultimi più che della tattica o delle eventuali lesioni perché se avessero stroncato quella partita probabilmente avrebbero stroncato interamente il calcio femminile in Spagna.

Un giornalista de El Diluvio scrisse: “las footbolistas demostraron en general haber aprovechado las lecciones del entrenador, teniendo en cuenta los pocos días que han empleado, hicieron mucho más de lo que era de esperar”...La impresión general producida por el partido es que el sexo femenino no permite las características rápidas que exige el juego” (Le giocatrici dimostrano di aver ben imparato le lezioni dell’allenatore, tenendo conto del poco tempo impiegato, facendo molto più di quanto ci si aspettava...l’impressione generale della partita è che il sesso femminile non permette la rapidità che esige il gioco).

Qualche giorno dopo giocarono nuovamente a Las Palmas, a Valencia, a Terragona e finanche durante San Firmin a Iruna (Pamplona stando la topografia castigliana).

La stampa andò, mano mano, magnificando le gesta di queste ragazze e del fenomeno in generale che aveva preso piede tra gli appassionati e appassionate salvo essere bruscamente interrotto dalla Guerra e poi per mano del Franchismo.

L’anno successivo al Partido del Siglo tra Italia e Germania e la successiva vittoria del Brasile di Pelè contro l’Italia, lo stadio Azteca vide consumarsi un altro storico evento: era il 1971 e il Messico ospitò quello che si può definire il primo mondiale femminile.

Occorre, però, ricordare che questo grande evento venne preceduto dalla Coppa Martini&Rossi giocata in Italia nel 1970, primo vero mondiale femminile, benchè non riconosciuto dalla Federazione come tale, al quale parteciparono le selezioni di Repubblica Ceca, Germania Ovest, Austria, Svizzera, Inghilterra, Danimarca, Italia e Messico.

Al Comunale di Torino assistettero alla finale 40.000 persone.

Dopo, però, il 1971 nulla più accadde sino al 1991 quando si giocò, nuovamente, il mondiale femminile.

Il calcio femminile, nonostante sia stato sempre osteggiato culturalmente e non solo, è un movimento ben radicato nella storia del Gioco. Possiede, come visto, un retaggio storico di per certo paragonabile a quello maschile.

Ciò che, però, lo continua a relegare ad un rango inferiore a livello di copertura mediatica, di compensi e di sponsorizzazioni è, come ampiamente detto nell’incipit di questo viaggio, il pensiero unico di stampo prettamente patriarcale che ancora nel 2020 continua ad emarginare la donna ritagliandole unicamente il ruolo di puerpera e di custode del focolaio domestico.

Nonostante le battaglie ed i risultati raggiunti dai movimenti femministi sin dagli anni ‘60, specie nelle aree meridionali e mediterranee del mondo, il machismo continua a voler tenere sotto traccia le istanze di uguaglianza, di libertà e di autodeterminazione usando, spesso, armi non convenzionali.

Ciò, com’è di evidenza, affligge, di riflesso, anche il calcio. A rirpova di quanto si sta dicendo c'è stata la decisione della FIGC che ha decretato la chiusura dei Campionati poichè, molto presumibilmente, non produttivi di plusvalore come quelli maschili e, sostanzialmente, poco impattanti. Tutto ciò nel silenzio tombale di media e società.

Voglio chiudere con due grandissime donne poiché qualunque mia considerazione sullo stato dell’arte sarebbe l’ennesimo, inutile e dannoso episodio di mansplaining.

La prima è, ovviamente, Megan Rapinoe che, nell’ambito della premiazione a Milano per il “The Best FIFA Football Award” disse: “Una delle cose che mi ha ispirato di più è la giovane iraniana a cui non è stato possibile partecipare ad una partita [e che si è data fuoco]. Ma anche tutte le donne che ogni giorno devono lottare per combattere l'omofobiae per fare il loro sport femminile. ... Ma se vogliamo veramente cambiare le cose, tutti dovete arrabbiarvi contro la mancanza di investimenti sulle donne”.

L’altra è Angela Davis: “Il femminismo va ben oltre la parità di genere, implica molto più dell'aspetto sessuale della vita. Il femminismo deve portare alla consapevolezza di ciò che il capitalismo è”.

Autore

  • Impuro, bordellatore insaziabile, beffeggiatore, crapulone, lesto de lengua e di spada, facile al gozzoviglio. Fuggo la verità e inseguo il vizio. Ma anche difensore centrale.

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