Il nuovo ruolo di Andrea Barzagli all’interno della Juventus
Come un ex calciatore possa riuscire ad avere un ruolo determinante nelle vittorie, anche una volta che si è svestito dei suoi panni.
Sabato 13 aprile 2019, ore 16.40 circa. Stadio Paolo Mazza, Ferrara.
Un uomo con una folta barba intorno ai 35 anni sta per lasciare il campo. E' una delle ultime fatiche di una stagione martoriata dagli infortuni. Al termine di quel pomeriggio, ufficializzerà ai microfoni il suo addio al calcio giocato a fine stagione. Accanto a lui, un ragazzo di colore gioca la sua prima partita, e finora unica, con la maglia della Juventus. Potrebbe essere suo figlio, per quanto è giovane. Il primo è Andrea Barzagli, classe 1981, il secondo è Paolo Gozzi Iweru, classe 2001. Sembra un passaggio di consegne, un testimone immaginario passato al compagno di difesa. La Juventus sta perdendo una partita che, se pareggiata, potrebbe consegnarle lo scudetto, la distanza con i principali competitor è ormai abissale. In campo è schierata una formazione a dir poco rimaneggiata. Tra i titolari ed i subentranti troveranno spazio giovani come il suddetto Gozzi, Kastanos, Nicolussi Caviglia (ora al Perugia), Mavididi e il già più esperto classe 2000 (si fa per dire) Moise Kean.
Tre giorni dopo c’è da giocare un match assai più importante, il ritorno dei quarti di finale di Champions League contro l’Ajax. Nessuno in quel momento poteva immaginare che l’uomo decisivo di quella sfida, Matthijs De Ligt, si ritroverà ad essere istruito sulla fase difensiva, soltanto pochi mesi dopo, da quell’uomo barbuto.
Oltre al gol, l'olandese disputerà una partita monumentale.
Quasi un anno dopo, Juventus Stadium deserto.
Juventus-Inter ha un sapore di finale per due motivi. Primo, perché potrebbe diventare l’ultima partita prima dello stop al campionato a causa del Coronavirus. Secondo, perché si tratta di uno scontro diretto decisivo. Al secondo gol della Juventus, l’immagine che più di tutte balza all’occhio: un Dybala festante per aver appena segnato ed un Barzagli che lo sta aspettando urlante e a braccia aperte sulla panchina della Juventus, con un giacchettone lungo che indossa ogni collaboratore tecnico. Questa reazione non sorprende, visto il rapporto padre-figlio instauratosi con l’argentino, ma come siamo arrivati fin qui?
Il Barzagli giocatore
Figlio dell’era del “calcio da parchetto” della provincia toscana, la carriera da professionista di Barzagli comincia ufficialmente nella Rondinella e prosegue nella Pistoiese, serie B. Qui incontra una persona che sarà molto importante nel prosieguo della sua carriera: si tratta di Max Allegri, che sta consumando uno dei suoi ultimi anni da calciatore nella sua Toscana. Secondo la leggenda, fu proprio lui a suggerire all’allenatore dell’epoca, Bepi Pillon, di arretrare un giovane Barzagli dalla mediana alla linea difensiva. Il suo fisico lo limita troppo, lo rende poco dinamico. L’esordio nella massima serie avviene nel 2003-2004 con il Chievo Verona di Del Neri, che faceva dell’aggressività difensiva un proprio marchio di fabbrica. I successivi quattro anni a Palermo sono quelli della maturità. Nella prima stagione conquista la qualificazione alla Coppa Uefa, in una squadra che annovera tra le sue fila i futuri campioni del mondo Zaccardo, Grosso, Barone e Toni, ma anche le bandiere Corini e Santana.
Un Barzagli d'annata, con un capello biondo fluente.
Nel 2006 fa parte dei ventitré azzurri che conquisteranno il mondiale di Germania. Sarebbe il quarto centrale difensivo della rosa: dopo l’intoccabile Cannavaro, l’altro titolare è Nesta, che però si infortuna alla terza partita del girone contro la Repubblica Ceca. Riesce comunque a ritagliarsi la sua occasione, vista l'espulsione di Materazzi contro l’Australia. Entra a partita in corso negli ottavi di finale e gioca titolare i quarti contro l’Ucraina.“Quando avevo 23-24 anni mi sono ritrovato a Palermo e vedevo le grandi squadre con grandi difensori. Era difficile affermarsi da giovani anche perché in quel periodo il campionato italiano era più importante e blasonato. Così ho preso la decisione di lasciare Palermo. Lo feci per soldi, inutile raccontare la favola del progetto”
L’ingaggio monstre di 10 milioni di euro, ben oltre il triplo di ciò che gli avrebbe offerto la Fiorentina, rende facile la scelta della Germania. Anche Lippi gli telefonò per dirgli che la sua scelta non gli era piaciuta. Nel 2008, per una cifra che ai tempi rappresentava un record (12 milioni di euro), approderà ai tedeschi del Wolfsburg dove troverà il compagno di squadra Zaccardo. Riesce subito a vincere una Bundes e per la prima volta gli verranno affidati dei ruoli di leadership. Caratteristiche che, a detta sua, non gli appartenevano. Il successo è storico, ma diventa marginale negli anni successivi. Una bella favola che è durata fin troppo poco.
In questo periodo diventa padre, incontra Felix Magath, e la sua vita cambia.
Barzagli e Zaccardo, trionfanti in Germania.
Anche se la rottura con il club tedesco è ormai insanabile, da quel giorno comincia ad allenarsi ai suoi massimi livelli. Per l’irrisoria cifra di 300.000 euro, sbarca a Torino nel gennaio 2011, e da qui, almeno fino ad adesso, non se n’è più andato, sportivamente parlando. Ritrova Del Neri, negli ultimi sei sgangherati mesi sulla panchina della Juventus, poi tre anni di Conte e cinque di Allegri.
In questi anni, Barzagli va a formare una linea difensiva di livello mondiale. Un blocco formato unicamente da italiani che, dopotutto, di questa fase sono stati i maestri. Assieme a Bonucci e Chiellini va a formare, salvo brevi parentesi, l'ormai celebre BBC. Il rapporto che si crea in campo è cementificato dall’amicizia che si crea al di fuori dello spogliatoio, fondamentale per creare un’intesa ed un legame indissolubile. Questo legame che si crea, mischiato con la grande esperienza, fa da base ad una cementificazione all’interno del gruppo di lavoro. La controprova storica, ahinoi, è il pianto nell’intervista dopo l’eliminazione con la Germania nei quarti di finale degli Europei del 2016. “C’era voglia di stare insieme”, ripeterà più volte.
Quello che Barzagli ha rappresentato per la Juventus non è assolutamente semplice da spiegare. Dal punto di vista strettamente tecnico, ha saputo interpretare ogni ruolo con intelligenza e sagacia. E’ stato centrale di destra nella prima filosofia contiana nello schieramento a tre (e in un primo momento anche con Allegri), classico centrale in una difesa a quattro e si è spinto alcune volte anche a fare il terzino destro destro, ovviamente bloccato. Non “alla Dani Alves”, per intenderci. Questi suoi adattamenti camaleontici non sono piovuti dal cielo, ma sono figli di una preparazione, di una serietà e di un lavoro in allenamento che sono cambiati dopo la parentesi tedesca e l’incontro con Magath.
Negli anni bianconeri, Barzagli ha saputo dar sfoggio delle sue migliori caratteristiche: la sua naturale predisposizione all’uno contro uno, aiutato da una possente forza fisica ed un’impressionante velocità sia palla al piede che non (nonostante la vigoria fisica), il colpo di testa, una tecnica di base sottovalutata grazie alla quale spesso ci si affidava per far ripartire l’azione dalla difesa. In questo fondamentale, è stato probabilmente avvantaggiato, avendo giocato in passato da centrocampista. In alcune giornate era imprendibile anche nella corsa, con un allungo sui venti metri degno di un ragazzino.
Da ricordare questa sua corsa con assist per Giovinco in una sfida contro la Roma (vedi min. 2.52).
“Quando fai l’uno contro uno, hai una bassissima percentuale di prendere la palla, devi avere un po’ di astuzia: devi fermare l’avversario con le mani, con tutto. Sono due secondi, ma in quei due secondi devi tenere botta.”
Ed oggi, che cosa rappresenta Barzagli nello staff bianconero?
Durante il suo breve esilio dal calcio, ha voluto dedicarsi alla sua famiglia ed alla sua attività vinicola. Già alla fine di settembre, era però ufficiale il suo ingresso nello staff di Maurizio Sarri, in qualità di collaboratore tecnico. Questo intervento della società racchiude un significato strategicamente importante: l’acquisto di un campione del genere è servito nel momento in cui la Juventus era più vulnerabile vista l’assenza forzata di un maestro dell’arte difensiva come Chiellini.
I suoi interventi alla fase difensiva sono stati principalmente focalizzati nel far abituare giocatori non abituati a difendere in modo alto e aggressivo, come De Ligt e Demiral. Ma il segreto non è soltanto questo: in una squadra che necessitava di un leader vista l’assenza prolungata dagli spogliatoi del capitano juventino, Barzagli è andato pure ad occupare quella leadership caratteriale, essendosi appena staccato dal cordone ombelicale del campo e sentendosi quindi più vicino ai suoi compagni di difesa, piuttosto che agli altri collaboratori tecnici.
Inoltre, il suo ingaggio, voluto fortemente da Sarri, fa capire come l’ex centrale fiorentino non sia solo universalmente riconosciuto come un grande difensore, ma apprezzato da tutti gli allenatori che lo hanno fronteggiato in carriera. Pensandoci bene, Barzagli era “un uomo di Allegri”, diventato negli ultimi anni di carriera suo scudiero ideale da inserire all’80esimo minuto al posto di un attaccante per difendere un risultato in bilico. L’apprezzamento riconosciutogli da Sarri evidenzia come l’uomo Barzagli abbia dei pregi addirittura migliori del calciatore. Sarà la stessa provenienza geografica, ma sia per il livornese che per il valdarnese, è stato così.
“La prima cosa è l’umiltà, che non vuol dire non credere in se stessi. In questi anni ho visto grandi giocatori, ma che si sono creduti già arrivati. Poi, è fondamentale la voglia di lavorare, perché o sei un grande talento, e puoi lavorare un po’ meno, altrimenti devi sudare. Ci sono alcuni che sono diventati grandi con il sacrificio, anche se tra i grandi non mi ci metto: ma da giocatore medio sono diventato un giocatore da Juve.”
E’ stato esattamente lo spirito di sacrificio, la voglia di lavorare, che hanno reso un giocatore che sembrava destinato ad una carriera da mestierante nelle serie minori, a trasformarlo in un difensore che ha fatto scuola.
E adesso, la sua storia può solo insegnarla.