Dribblando la disabilità
Negli ultimi anni si parla spesso di come il calcio debba essere uno sport volto all’integrazione, senza nessun tipo di discriminazione. Le scritte “respect” si leggono sulle maglie dei calciatori e quest’anno la UEFA ha investito molto nella campagna “#equalgame”. E' su questo filone che si è sviluppato il progetto di cui vogliamo parlare oggi.
Un progetto che scaturisce dalla mente di Paolo D’Urso, uno studente di educazione socio-culturale dell’Università del Salento, e prende il nome di “Dribblando la disabilità". L’obiettivo principale è quello di utilizzare il calcio come strumento per il miglioramento delle attività motorie e psicologiche dei partecipanti affetti da disabilità.
L’idea è forse uno dei primi esempi di integrazione reale tra calcio e disabilità, un progetto che è alla ricerca di una realtà disponibile e attrezzata per farla diventare concreta. Si punta oltre a, come già citato, migliorare le capacità motorie e psicologiche degli interessati, anche a far conoscere le regole di base del gioco. Insomma, uno spot al calcio, un modo per accomunare e far innamorare di questo sport ancora più persone.
Il progetto prevede, inoltre, il monitoraggio da parte di psicologi e di educatori, per far si che tutto sia assicurato da professionisti del mestiere.
“Il calcio è di chi lo ama”, era lo slogan della Serie A pochi anni fa, purtroppo però non sempre è data a tutti la possibilità di amarlo. Per questo bisogna “dribblare” la disabilità, per far si che non sia un ostacolo.
Non è un caso, che idee di questo tipo vengano da studenti, da chi ha passione per il calcio, amore per quello che studia e ha voglia di fare qualcosa di concreto per conciliare le due cose. Infondere i valori buoni di questo sport può essere una risposta ai fin troppo frequenti comportamenti di chi con il calcio, quello che a noi piace, ha poco a che fare.
È ancora comunque un’idea agli albori, in fase sperimentale, ma può e deve essere valorizzata. Che il movimento del calcio si stia orientando verso una filosofia di integrazione è, come abbiamo detto indubbio, come è altrettanto indubbio però che per passare dalle parole ai fatti la strada da percorrere è ancora lunga.
Questo è dunque un inizio, un progetto fresco, giovane, da parte di chi prova davvero a cambiare il sistema, e sogna in grande.
La speranza è che ci siano altri gesti come questo, altri ragazzi come Paolo che provino a cambiare le cose concretamente usando il calcio per farlo, lo sport di cui tutti siamo innamorati, e di cui vogliamo far innamorare tutti, senza escludere nessuno.
“La pratica dell’educazione fisica e dello sport è un diritto fondamentale per tutti. Ogni essere umano ha il diritto fondamentale di accedere all’educazione fisica e allo sport, che sono indispensabili allo sviluppo della sua personalità”. Art. 1, Carta Internazionale per l’Educazione e lo Sport, UNESCO 22/11/1979.
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