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Marco Cecchinato
, 9 Marzo 2019

Ecco a voi, Marco Cecchinato



In data 25 Febbraio 2019, l'usuale aggiornamento del lunedì del Ranking ATP portava in dote una novità assoluta. Scorrendo la classifica, partendo dall'alto, il primo nome nostrano non era più quello di Fabio Fognini. Il tennista ligure era al diciassettesimo posto. Una posizione sopra, al sedici, c'era Marco Cecchinato.

Prima del 2018 non era semplice sapere chi fosse Marco Cecchinato. Oltre che appassionati di tennis bisognava essere interessati al tennis nostrano (che non è sempre stato su livelli esaltanti, ammettiamolo), e bisognava seguire i tornei Challenger (il livello sotto gli ATP 250). Possiamo tranquillamente ammetterlo: Marco non era certo una celebrità.

Intendiamoci bene, se sei in classifica ATP sei già fenomenale, ma lì essere forti è lo standard. Quelli che spiccano sono più che fenomenali, sono unici. Sto parlando dei vari Federer, Nadal e co... Ma torniamo a noi. Il giovane Marco Cecchinato esordisce nel circuito ATP il 20 Maggio 2013, a Nizza. Perde in tre contro il connazionale Fognini. Prima di quel giorno si barcamena fra Challenger (vincendone uno  poco più tardi) e più modesti tornei Futures. La sua carriera, seppur lui sia ancora giovane, fatica a decollare. Fra il 2013 e il 2017 vince 4 Challenger e riesce ad entrare a pelo nella top 100 della classifica mondiale per un paio di volte (al massimo al n° 97).

Il primo trofeo ATP non si scorda mai

La svolta della carriera arriva nel 2018. Il classe 1992 fino a quel momento ha raccolto poche e sporadiche vittorie nei tornei ATP. L'inizio dell'anno in realtà non si discosta molto dai precedenti. Una serie di sconfitte all'esordio, qualificazione agli Australian Open abbondantemente mancata. La musica cambia radicalmente con la stagione sulla terra. Un paio di tornei ATP sudamericani ancora sottotono, ma è solo per carburare. Vince il suo primo match a livello Master 1000 al primo turno di Montecarlo, ma il grosso exploit è a Budapest, dove vince, partendo da Lucky Loser, il primo titolo a livello ATP 250.

Il capolavoro avviene al Roland Garros. Marco non ha mai vinto un match nel main draw di un torneo del Grande Slam. L'inizio non è incoraggiante. Sotto di due set a zero, riesce ad avere ragione del rumeno Copil solo per 10-8 al quinto set. Supera, in un crescendo di difficoltà, Trungelliti, Carreno-Busta e Goffin. Nei quarti lo aspetta una sfida da sogno contro Novak Djokovic. Il serbo è ancora in ripresa dopo un lungo stop. Rimane però un pluricampione slam che ha già vinto qui. Stiamo davanti a un fenomeno.

Marco è eccezionale nei primi due set. Li vince col punteggio di 6-3 e 7-6. Cade nel terzo 6-1, e in molti si spaventano. Il sogno è infranto? Niente affatto, recupera lo svantaggio nel quarto set e lo vince con un gran match point in rovescio. Quarant'anni dopo Barazzutti, un altro italiano è in semifinale di un Slam. Purtroppo qui la sua avventura termina davvero. L'austriaco Dominic Thiem è troppo in forma e troppo forte su questa superficie. Cecchinato cederà in tre set.

A fine torneo è al numero ventisette della classifica ATP. Non male per uno che non ha mai vinto un match ATP su di una superficie diversa dalla terra battuta.

Sarà infatti l'amata terra a regalargli un altro successo in un torneo, l'ATP 250 di Umago, in Croazia. Il resto della stagione sarà però inevitabilmente condizionato dalla scarsa attitudine al veloce, con le sole eccezioni del torneo di Eastbourne, dove, su erba, raggiunge la semifinale, e di Shanghai, dove raggiunge gli ottavi di finale, per la prima volta in un Masters 1000.

Il 2018 si conclude quindi con risultati comprensibilmente altalenanti ma comunque al ventesimo posto della classifica mondiale. Le premesse per un buon 2019 ci sono tutte. E infatti i progressi si vedono subito: semifinale a Doha, sul cemento. Dopo alcune sfortunate eliminazioni, su tutte quella al primo turno dell'Australian Open, dopo aver lasciato per strada un match point, il successo torna all'ATP 250 di Buenos Aires, dove, con una serie di ottime prestazioni, raggiunge la finale e la vince contro l'idolo di casa, l'eccellente terraiolo Diego Schwartzman.

Il sorpasso su Fognini in classifica arriva poi la settimana successiva, dopo l'eliminazione di entrambi al primo turno del torneo di Rio De Janeiro, in cui Fabio difendeva un maggior numero di punti.

Marco Cecchinato è il più classico dei giocatori italiani. Eccellente su terra battuta, meno naturale sui campi veloci. Ha costruito la sua classifica grazie a una stagione eccellente. Se lo chiedete al sottoscritto è lui la sorpresa del 2018, nonché il giocatore "più migliorato",  meritevole del Most Improved Award il premio consegnato al giocatore che più è migliorato nel giro di un anno. Lo scorso anno Marco non lo vinse perché fu valutata come più impressionante la stagione del greco Tsitsipas. Se la giuria avesse considerato non solo il miglioramento in se, ma anche le aspettative (Tsitsipas è considerato all'unanimità uno dei talenti più cristallini fra i giovani tennisti), probabilmente il nostro Ceck l'avrebbe potuto vincere.

Tornando più sul tecnico, nonostante la sua impostazione da terraiolo, ci sono margini per migliorare anche su superfici più veloci. Destrorso, gioca il rovescio a una mano (guardate e riguardate il match point contro Djokovic al Roland Garros). Nel suo repertorio c'è un ottimo dritto e un potente servizio, a cui aggiunge una grande abilità con la palla corta. Una tattica, quest'ultima, particolarmente utile sulla sua superficie preferita.

La parte più bella della storia di Marco Cecchinato non è però legata strettamente al discorso tattico-tecnico, che, come abbiamo appena detto, non si discosta si molto da quella di un giocatore da terra che cerca anche di adattarsi a superfici più veloci. La storia di Marco passa anche da un grande lavoro di testa, di mente. Un tennista che ha creduto in se stesso più di quanto noi tutti non abbiamo fatto. Spesso si sente parlare di mental coach, di guru spirituali e di altre cose simili. La cosa migliore da fare è ricordarci che "Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". Potete prendere anche Buddha come psicologo di fiducia, ma bisogna volerlo. E non è cosa rara che anche i professionisti perdano la convinzione e la voglia di seguire quella miriade di comportamenti e di tenere quelle infinite attenzioni che un professionista deve seguire e tenere (per informazioni chiedere a Novak Djokovic versione 2017). Sì, perché la partita è solo il riassunto e la conseguenza di quello che viene preparato meticolosamente negli allenamenti e nei comportamenti.

La voglia e la dedizione è ciò che Ceck non ha perso, e che per ora lo sta tenendo lassù, nell'elìte del tennis mondiale. Per uno che fino a 24 anni non aveva mai vinto un match in un torneo del Grande Slam, direi che non è male. Io adoro i tennisti con un talento naturale, quelli che fanno sembrare tutto semplice e che giocano dei colpi che possono essere definiti solo con la parola "magia". Ma c'è anche un gran numero di tennisti che lotta, suda e si impegna. Non sono necessariamente meno dotati, ma per far maturare il loro talento devono impegnarsi di più: è meno "naturale", ma non è meno "talentuoso". Talvolta mi trovo a stimare di più un gran lavoratore con dei limiti, piuttosto di tutti quei fenomeni che non hanno voglia di mettersi sotto con il duro lavoro (c'è un elenco infinito: vedi Tomic, Gulbis, Kyrgios...). Chiaro che nell'olimpo del tennis ricordiamo Federer, McEnroe, Edberg, ma sulla terra dei comuni mortali i giocatori come Marco Cecchinato sono dei veri eroi.


  • Nato a Monza il 22/01/1992. Segue lo sport fin da bambino, soprattutto il calcio. Si innamora del tennis negli anni delle scuole medie, anche e soprattutto grazie all'immenso Re Roger Federer, di cui è fan sfegatato. Tifoso del Milan fin da piccolo. Laureato in Matematica. Segue anche lo sci durante la stagione invernale.

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