
- di Andrea De Amicis
Quella volta in cui Francesco Toldo prese l’Italia sulle spalle
Ogni europeo o mondiale ha le sue storie e i suoi protagonisti, sono notti che rimangono impresse nella memoria di chi li vive e di chi le guarda. Le telecronache di Caressa al Mondiale 2006 le abbiamo viste tutti mille volte, tuo padre a distanza di 36 anni ti sa ancora dire a memoria la formazione che vinse in Spagna nell’82. Certi ricordi non vanno via, certe notti rimangono per sempre, come rimarrà per sempre la notte di Amsterdam del 2000: quella volta in cui Toldo portò una nazione intera nella finale di un europeo.
Esistono storie, sportive e non, che sembrano essere sceneggiature di un film, in cui tutto sembra essere già scritto, in cui sogni e realtà si fondono. Se qualcuno alla vigilia dell’europeo avesse detto a Francesco Toldo quello che sarebbe accaduto in quella notte di Amsterdam probabilmente non ci avrebbe creduto, probabilmente non avrebbe mai potuto immaginare un epilogo del genere.
In fondo, il portiere titolare non era lui, lui era il numero 12, il secondo di Buffon, non Batman, ma Robin.
Il destino di Toldo cambia ad Oslo, nell’ultima amichevole pre-europeo: Buffon si infortuna, frattura composta della mano sinistra, torna a casa e la sua avventura finisce prima ancora di iniziare.
L’Italia, però, all’Europeo ci va, e in semifinale incontra l’Olanda padrona di casa. È il 29 giugno, siamo ad Amsterdam, ci sono 51.300 spettatori che creano un’atmosfera surreale, un muro arancio pronto ad esplodere in qualsiasi momento.
La partita non si mette bene fin da subito, al 34’ Zambrotta viene espulso e lascia l’Italia in dieci per la restante ora di gioco. Se fosse stato facile, non sarebbe stato eroico, non ne staremmo parlando, non sarebbe storia.
La notte magica del portiere padovano inizia quando Nesta strattona Kluvert in area di rigore, per il tedesco Merk non ci sono dubbi, calcio di rigore. Dal dischetto ci va De Boer, tiro alla sinistra di Toldo che sceglie l’angolo giusto e para. Esulta, inizia a saltare, si arrampica al palo, ma la sua notte, è appena iniziata.
La partita finirà 0-0 con un altro rigore sbagliato da Kluvert nel secondo tempo terminato sul palo, una partita di difesa e sofferenza, come noi italiani sappiamo fare, si andrà ai calci di rigore.
“Sono momenti nei quali credo sia perfettamente inutile articolare qualsiasi commento”, così il grande Pizzul presenta i tiri dal dischetto, con la solita proverbiale eleganza, ma dalla voce tesa, i mondiali in Francia sono molto più che un ricordo, gli spettri sono ancora tutti lì. Il destino di quella notte però è già scritto, il destino di quella notte indossa una maglia grigia, ha un numero 12 sulla schiena, il destino di quella notte è Francesco Toldo.
Ne parerà altri due di rigori, il primo a De Boer (di nuovo) e l’ultimo a Bosvelt, “al termine di una gara dalle palpitanti emozioni” (per citare ancora Pizzul) il tabellino dirà: un goal subito su sei tentativi dagli undici metri.
I rigori per noi li segneranno Di Biagio, Pessotto e Totti, con il celebre cucchiaio a Van der Sar. L’Italia andrà in finale che poi perderà con la Francia per 2-1 con il golden goal (una delle tante cafonate FIFA, fortunatamente abolita) di Trezeguet al 103’. Onestamente poco importa, la rivincita con i cugini francesi (e con Trezeguet anche) ce la siamo presa dopo sei anni, quello che è successo quella notte di Amsterdam è storia.
Quando un bambino indossa i guanti sogna di vivere notti come quella, di essere decisivo, di portare la sua squadra alla vittoria, sogna di essere come Toldo. In Italia per anni abbiamo avuto grandi portieri che spesso non sono riusciti ad essere protagonisti con la maglia azzurra, per una volta però, per una notte, il protagonista non è stato Buffon, per una volta l’eroe non è stato Batman, ma Robin.
29 giugno 2000, Amsterdam, la notte in cui Toldo prese sulle spalle una nazione e la portò in finale.
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Andrea De Amicis, nasce a febbraio del '96. Laureato in Economia Aziendale frequenta un corso di laurea magistrale in "Management e sostenibilità d'impresa". Studente per professione (per ora), portiere per diletto, cresce in Puglia con una grande passione per il calcio, la F1, il basket. Tifoso del Lecce e dell'Inter, il cuore appartiene a Zanetti, Milito e Toldo così come a Chevanton, Giacomazzi e Rosati.
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