nuova serie a
26 Marzo 2018
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Come cambia la Serie A (e come non cambierà)


C'è l'accordo sul calendario della prossima stagione, e si chiuderà prima anche il calciomercato. Non c'è però ancora l'accordo sui diritti tv, il vero tema che sta a cuore ai club di Serie A.


Quando a inizio anno uscì la notizia che la Premier League avrebbe chiuso il calciomercato prima dell’inizio della stagione, si parlò di svolta epocale. Sempre avanti, gli inglesi, maestri della pianificazione, artisti del business del football con stadi nuovi e pieni, merchandising alle stelle, introiti TV stellari e squadre sempre più ricche. Pare che la Premier League abbia anche inventato la ruota e scoperto il fuoco.

Sembra in fondo ironico e paradossale che nell’anno zero e nero del nostro calcio, la Serie A compia lo stesso passo e si allinei alla decisione della Premier. Il calciomercato chiuderà il 18 agosto 2018, e il giorno dopo comincerà la nuova Serie A.

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Una decisione che forse accontenta tutti, tifosi e addetti ai lavori, e che i sacerdoti del “fa tutto schifo” forse non si aspettavano. Non si aspettavano nemmeno il Boxing Day in versione Santo Stefano, con la Serie A in campo non solo il 23 e 29 dicembre ma anche il 26, un giorno dopo Natale. Qualche mese fa fu la Coppa Italia a giocarsi il 26: l’anno prossimo la Coppa avrà per la prima volta un fine settimana a disposizione, quello del 13 gennaio (la Serie A tornerà dalla sosta il 20).

Tutto bello, no? Certamente sì, fino a quando non si legge che Malagò ci resta male perché Mediapro organizza cene con i rappresentanti dei club di A, senza avvisare il neo commissario di Lega. O fino a quando non si legge che Mediapro non è contenta delle condizioni a cui deve sottostare per partecipare ai diritti della Serie A, e sta cercando percorsi alternativi.

Vedremo mai le seconde squadre in azione in Serie B o C?

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Sembrano quasi puzzle di due quadri diversi. Uno rivolto alla programmazione e all'organizzazione del sistema calcio, uno che dipinge caos e guerre di potere. Forse l'aspetto più affascinante è proprio questo: vedere da un lato un tentativo di riorganizzazione del mondo del pallone, dopo le implosioni di Federazione e Lega; dall'altro un'impossibilità di mollare la presa sull'unico aspetto che da sempre ha interessato il calcio italiano. I nuovi stadi? Non esattamente. I settori giovanili? Neanche, dato che alla fine le seconde squadre tanto annunciate non si faranno. I diritti TV? Bingo, considerando che l'anno scorso impattavano per una percentuale tra il 50% e il 60% per  i fatturati di Juventus, Napoli e Roma.


 

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